il Fatto Quotidiano, 4 maggio 2022
I cinghiali ancora padroni di Roma
Dunque a Roma i cinghiali ci sono ancora. Eccome, se ci sono: più di prima imperversano nelle strade periferiche del quadrante nord, tra aree verdi, campi sportivi e professionisti in scooter. Più di prima razzolano tra l’immondizia, tendono agguati, terrorizzano pedoni, causano incidenti. Notizie bestiali riempiono le pagine delle cronache locali. Su quelle del Messaggero c’è il racconto drammatico della signora Marta Santangelo, poco più che quarantenne, scaraventata a terra da un aggressivo branco di otto ungulati, ma per fortuna salvata dal sollecito intervento del suo cagnone, il molosso Ettore, che con una zampata ha allontanato i cinghiali molesti. Su Repubblica Roma si testimonia invece del panico dei cittadini, che avrebbero deciso di barricarsi in casa al calare delle tenebre: i residenti di Balduina, Trionfale, Monte Mario, Ottavia, Camilluccia e di altri quartieri limitrofi si sarebbero “imposti il coprifuoco” alle 22. Troppo pericoloso girare al buio, in mezzo alle bestie selvatiche. E ancora, l’allarmante bollettino dai territori: nel quartiere del Labaro un ragazzo si è dovuto chiudere per alcuni lunghissimi minuti in un’area cani per evitare le attenzioni non benevole di una ventina di cinghiali; a Formello una signora è stata aggredita con le buste della spesa in mano, nel parcheggio del supermarket; in viale Cortina d’Ampezzo un residente è stato inseguito per oltre 100 metri ed è scappato con la furia agonistica di un Jacobs; ai Castelli Romani un bambino di 11 anni è stato morso dall’ennesimo suide spudorato. Coldiretti Lazio piange “10 milioni di danni” causati al settore agricolo regionale dalle scorribande dei cinghiali durante il periodo di pandemia e Fratelli d’Italia annuncia esposti in Procura.
Insomma, il tema è caldissimo, anche se non buca più la cortina della cronaca locale. La questione cinghiali è stata per tanti anni un topos – scusate la confusione – del giornalismo politico nazionale. Un archetipo, un meme, una sentenza ironica ma definitiva sulla stagione di Virginia Raggi al Campidoglio e in fondo sull’intera genia grillina. Non era materia di contorno: ne scrivevano i grandi giornali, nelle pagine nazionali. Si scomodavano i corsivisti. Come la penna meravigliosa di Filippo Ceccarelli su Repubblica: “Da che mondo è mondo, e da che immaginario è immaginario, l’apparizione di animali selvatici indica qualcosa che sta dietro e sopra, ma anche sotto la crosta della realtà sociale”. Il cinghiale aveva sostituito la lupa capitolina. Massimo Giannini l’aveva eletto a metro di giudizio elettorale: “Tutti alle urne col cinghiale in corridoio”. Mario Ajello sul Messaggero, ironizzava sui “cinghiali che raccolgono la spazzatura al posto dell’Ama”. Persino il sobrio e impeccabile Avvenire ci giocava su: “Hic sunt apros. A Roma corrono i cinghiali”. Nell’archivio della Camera dei deputati si possono sfogliare 347 articoli di giornale con le parole “cinghiali” e “Raggi” negli ultimi cinque anni. Ora la sindaca non c’è più, i cinghiali ci sono ancora, ma le notizie portano un po’ di colore nelle pagine di cronaca cittadina.