ItaliaOggi, 3 maggio 2022
È la fine del pacifismo tedesco
Die Olivgrünen, «i verde oliva». Sull’ultima copertina di Der Spiegel, tre leader dei Verdi in tenuta di guerra, con Annalena Baerbock in primo piano, la ministra degli esteri indossa un giubbotto antiproiettile, ma tiene in mano un girasole. Gli ecologisti hanno abbandonato la difesa del clima per andare alla guerra a fianco dell’Ucraina.
La Germania abbandona dopo quasi ottant’anni il pacifismo, una svolta storica. Per tre generazioni, dalla fine del III Reich, i tedeschi sono stati educati a non dimenticare il passato, schiacciati dalla colpa ereditata da padri e nonni. La rivolta del ’68, prima che a Parigi, iniziò a Monaco e a Berlino. I giovani chiedevano ai padri come si fossero comportati sotto il nazismo, e si battevano per il disarmo.
Una svolta traumatica, e non facile. Il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz è sempre il più tiepido nella sfida a Putin, e l’ultimo a cedere, sotto la pressione dell’opinione pubblica, nel consegnare a Kiev armi pesanti. Il primo maggio è stato contestato a Düsseldorf, ma non si è piegato: sono bellicoso abbastanza, ha risposto. Berlino ha annunciato la consegna di 200 Panzer Gepard agli ucraini, ma sono ferri vecchi, dismessi da anni dall’esercito, ci vorranno settimane per revisionarli. Forse si spera che nel frattempo il conflitto sia finito. Contro di lui sono gli alleati al governo, liberali e verdi, e compatti i mass media.
Anche la rivista di Amburgo lo critica ed è dalla parte dei Grünen. Nel ’62 Rudolf Augstein, il direttore e fondatore della rivista di Amburgo, andò in carcere con buona parte della redazione per aver denunciato i piani di riarmo del ministro della difesa, Franz Josef Strauss.
Il 67% dei tedeschi, secondo un sondaggio sarebbe favorevole alla consegna di armi pesanti. Scholz è contrario anche allo stop al gas russo: domani, ha spiegato, avremmo tre milioni di disoccupati, e decine di industrie chiuderebbero per sempre. Il 62% dei socialdemocratici, il 73% dei verdi, tuttavia sono pronti al sacrificio. La femminista Alice Schwarzer, il filosofo Habermas, lo scrittore Martin Walser, gli hanno inviato una lettera di solidarietà. Ma non basta.
L’Spd è sotto accusa a causa di Gerhard Schröder, l’ex cancelliere troppo amico di Putin (e sul foglio paga della Gazprom). Almeno è coerente, negli Anni Ottanta, leader degli Jusos, i giovani socialisti, fino ai 35 anni, manifestò contro gli euromissili. Dieci anni prima vidi sfilare a Berlino Est, i soldati della Ddr, con margherite nelle canne dei kalashnikov a tracolla. Anche loro figli dei fiori? Ho sempre avuto il dubbio che in caso di conflitto i tedeschi dell’una e dall’altra parte si sarebbero sparati addosso. Una mia idea molto personale.
Sempre Schröder disse nein a Bush figlio per la guerra contro Saddam, insieme con il presidente francese Chirac. Tedeschi sempre traditori, si sdegnarono a Washington. Anche Helmut Kohl non volle partecipare al primo attacco all’Iraq di Bush padre. Si limitò a mandare un assegno di un miliardo di marchi, come contributo spese. Ed è sotto accusa Angela Merkel per aver tenuto aperto il dialogo con Putin. E si è tenuta fuori dalla Libia, dalla Siria. Da quel che è accaduto dopo forse non aveva torto. Per gli ucraini, Frau Angela sarebbe corresponsabile per i crimini russi a Mairupol e a Bucha. Lei, come è nel suo stile, finora non ha risposto.
Schröder si è difeso in un’intervista al New York Times. Solo nel ’99, partecipò all’attacco della Nato alla Serbia di Milosevic. Ma all’epoca, i verdi suoi alleati al governo, erano radicalmente pacifisti. Andai al loro congresso a Bielefeld. Il ministro degli esteri, Joschka Fischer, si batté solo contro quattromila delegati. Un giovane lo colpì con un sacchetto di vernice rossa, e gli lese un timpano. Ma Joschka li convinse.
Viene dimenticato Willy Brandt. Nel ’69 iniziò la sua Ostpolitik per aprire nuovi rapporti con i vicini dell’Est, invasi dai nazisti. Nel dicembre del ’70 si inginocchiò nel ghetto di Varsavia. E aprì un nuovo dialogo con il Cremlino. Le divisioni dell’Armata Rossa erano a 30 chilometri da Amburgo. Fu il primo passo per la caduta del Muro vent’anni dopo, e l’Unione Sovietica andò in pezzi.