La Stampa, 3 maggio 2022
La fila, le mine e una rondine. Diario da Kiev
S to in piedi tra la folla aspettando che il supermercato apra. È molto tempo che ho l’abitudine di ascoltare le conversazioni tra la gente nei luoghi pubblici. Le considero un tesoro inestimabile: io, un abitante del XXI secolo, sarei felice di leggere il chiacchiericcio degli spettatori nell’ippodromo di Costantinopoli alla vigilia della peste di Giustiniano. Una donna con un impermeabile blu, davanti a me, si lamenta; voleva andare a trovare i suoi genitori ma adesso non potrà, perché i russi preparano un nuovo attacco. Dice che i suoi familiari sono rimasti sotto occupazione per un mese ma non sono scappati («Credevano che sarebbe durata poco»). Qualcuno dice che l’esercito ucraino sta deliberatamente lasciando avvicinare gli occupanti per contrattaccare. La donna con l’impermeabile ha solo parole di approvazione: «Ben fatto, sono intelligenti i nostri ragazzi»; è pronta a perdonare all’esercito ucraino qualsiasi manovra tattica.
«Mamma, mamma guarda, una rondine!», esclama il bambino accanto a lei tirandola per la manica e puntando il dito verso il cielo.
Tanti guardano speranzosi in su per vedere la prima rondine dell’anno.
Le rondini tornano da sud più tardi degli altri uccelli e la loro comparsa segna l’inizio dell’estate. Sopra di noi si stagliano palazzoni con i nastri sulle finestre, a volte nella forma della classica croce ortodossa, come se potesse proteggere dall’onda d’urto. La battuta che circola a Kiev in questo momento è che la russofobia di adesso non è niente, che l’odio vero per i russi esploderà quando gli ucraini dovranno strappare tutto quel nastro adesivo dalle finestre e lavare via dai vetri le tracce collose che lasceranno. Il supermercato finalmente apre e la donna con l’impermeabile invita l’uomo accanto a lei a entrare per primo.
«Hai visto mai ci fosse una mina?», scherza la donna, ma continua ad aspettare mentre l’uomo entra dentro. Tutti gli altri lo seguono.