La Stampa, Corriere della Sera, 3 maggio 2022
Oleg Y. Tinkov, il banchiere che s’è messo contro Putin (con un’intervista)
Anton Troianovski e Ivan Nechepurenko per la Repubblica
A novembre Oleg Y. Tinkov aveva un patrimonio di oltre 9 miliardi di dollari ed era noto come uno dei pochi magnati russi ad essersi costruito in proprio una fortuna al di fuori del settore energetico e minerario, terreno della cleptocrazia russa.
Il mese scorso Tinkov, fondatore nel 2006 di Tinkoff, una delle maggiori banche russe, ha pubblicato su Instagram un post critico nei confronti della guerra in Ucraina. Il giorno dopo, racconta, l’amministrazione del presidente Vladimir Putin ha contattato i vertici della banca minacciando di nazionalizzarla se non troncava i legami con il suo fondatore. La settimana scorsa Tinkov ha ceduto la sua quota del 35 per cento a un miliardario del settore minerario russo in quella che definisce «una svendita disperata», impostagli dal Cremlino. «Non ho potuto discutere il prezzo» dice Tinkov. «Ero come in ostaggio – ho dovuto accettare quello che mi veniva offerto, senza possibilità di negoziare».
Tinkov, 54 anni, ha tenuto con il New York Times domenica una intervista telefonica, la prima da quando Putin ha invaso l’Ucraina, parlando da una località che ha voluto mantenere segreta. Ha detto di aver assunto delle guardie del corpo dopo aver saputo da amici in contatto con i servizi segreti russi di dover temere per la propria vita. Ha poi ironizzato sul fatto che dopo essere sopravvissuto alla leucemia forse «sarà il Cremlino a uccidermi». Tinkov sostiene che molti dei suoi contatti dell’élite imprenditoriale e governativa si sono detti in privato d’accordo con lui «ma hanno tutti paura».
Nell’intervista si è espresso contro la guerra con più energia di qualunque altro grande imprenditore russo. «Mi sono reso conto che la Russia, come paese, non esiste più», ha dichiarato.
La banca Tinkoff ha negato che gli eventi si siano svolti come affermato da Tinkov e ha preso le distanze dal proprio fondatore.
Il banchiere, in passato, è finito nei guai anche in Occidente. Lo scorso anno ha accettato di pagare 507 milioni di dollari per risolvere un contenzioso per evasione fiscale negli Usa. In marzo la Gran Bretagna lo ha incluso in una lista di sanzioni contro l’élite imprenditoriale russa.
A differenza degli industriali russi che anni fa hanno rotto con Putin e ora vivono in esilio, come Mikhail B. Khodorkovsky ex magnate del petrolio, o l’imprenditore tech Pavel Durov, Tinkov aveva trovato il sistema di convivere con il Cremlino, incassando milioni. Almeno fino al 19 aprile, giorno in cui Tinkov ha pubblicato su Instagram un appassionato post contro la guerra definendo «folle» l’invasione e deridendo le forze armate russe: «Perché mai dovremmo avere un buon esercito» si chiedeva, se tutto il resto nel paese è disastrato «e impantanato nel nepotismo, nel servilismo e nella subordinazione».
I russi favorevoli alla guerra hanno postato sui social media le foto dei loro bancomat di Tinkoff fatti a pezzi.
Un giorno dopo la pubblicazione del post, ha detto Tinkov domenica, il Cremlino ha contattato I vertici della banca avvertendo che qualunque legame con il fondatore costituiva ormai un grosso problema.
«Hanno detto: “L’affermazione del vostro azionista non è gradita e nazionalizzeremo la vostra banca se lui non la venderà e non cambierà proprietario e denominazione”», ha detto Tinkov citando fonti della banca che non ha voluto identificare.
Ha poi detto che stava comunque considerando di cedere la sua quota, perché «finché Putin è vivo, dubito che cambierà qualcosa».
Il magnate nega di essersi schierato nella speranza che gli fossero revocate le sanzioni imposte dal Regno Unito, anche se ha dichiarato la speranza che il governo britannico alla fine «corregga questo errore». Tinkov sostiene di non essere mai stato contattato direttamente dal Cremlino, ma che al di là delle pressioni esercitate sulla sua società, ha saputo da amici in contatto con i servizi di sicurezza che la sua incolumità potrebbe essere a rischio.
— Traduzione di Emilia Benghi
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Marco Gasperetti per il Corriere della Sera
D i coraggio ne ha da vendere, Oleg Tinkov, 54 anni, tra i quindici uomini più ricchi della Russia con un patrimonio di 9 miliardi di dollari. Combatte da anni contro la leucemia e oggi anche contro Putin. Le sue critiche al Cremlino, nelle interviste (l’ultima al New York Times) e sui social gli sono già costate carissime. Negli affari e nella vita privata.
La scorsa settimana è stato costretto a vendere la sua quota della banca che aveva fondato perché il Cremlino aveva minacciato, in caso contrario, di nazionalizzarla. Sul piano personale teme per la sua incolumità e soprattutto per quella della sua famiglia, moglie e figli. Da anni vive in Toscana e si muove tra l’Italia e la Svizzera. La nostra intervista inizia da qui.
Mister Tinkov, dopo le critiche rivolte al Cremlino si dice che i servizi segreti russi si stiano interessando alla sua persona. Non ha paura?
«Non ho paura per la mia persona. Della vita che potrei perdere sono relativamente preoccupato dopo l’esperienza che ho avuto con la malattia perché adesso vedo le cose in maniera diversa. Ma temo molto per la mia famiglia, però non potevo fare a meno di esprimermi nei confronti del governo del mio Paese».
Negli ultimi tre mesi sono morti in circostanze drammatiche sei uomini di affari russi. Crede che dietro ci sia l’ombra di Putin?
«Non sono informato e dunque non posso muovere accuse, sarebbe soltanto speculazione. Dico però che è molto importante proteggersi».
Lei lo sta facendo?
«Confido molto nei servizi segreti italiani. So che sono molto bravi, lavorano bene, e sono sicuro che garantiranno la mia sicurezza e quella della mia famiglia».
Ma lei non ha anche un apparato di sicurezza privato?
«Non lo avevo mai avuto in vita mia e non mi ero mai posto il problema. Ma oggi le cose sono cambiate e in questi giorni sto selezionando delle persone che mi proteggano perché ho capito che adesso è indispensabile averle, purtroppo».
Lei vive in Toscana da tempo e si cura anche negli ospedali toscani. Ha mai avuto problemi dopo ciò che è successo in Ucraina in quanto cittadino russo? Ha percepito di essere considerato quasi un nemico?
«No, mai. Non ho mai avuto problemi in Toscana. Anche oggi trovo gente splendida, molto amichevole, molto disponibile. E non solo coloro che mi conoscono ma anche persone che non avevo mai visto prima. Non esiste una fobia russa. Tutti parlano di pace e io quando sento questa parola sono molto contento».
E con le banche ha avuto problemi?
«Sì, qui i problemi ci sono stati, non per me ma per mia moglie che per quindici giorni si è vista bloccare i conti correnti».
Perché sua moglie?
«Perché è un’imprenditrice ha una società a Forte dei Marmi, un albergo importante e non ha potuto pagare fornitori e dipendenti. Neppure il general manager che, ironia della sorte, è un cittadino ucraino. Noi stiamo accogliendo i rifugiati ucraini ma il fratello del manager non può arrivare in Italia perché il manager non ha potuto ricevere la paga».
Sua moglie è russa?
«No è lettone, con passaporto russo. Si è sempre dichiarata contro la guerra. Credo che non ci sia alcun motivo che un’imprenditrice, con una società italiana che lavora e dà lavoro a tante persone, abbia i conti bancari bloccati. La società di mia moglie ha fatto anche una donazione di 50 mila dollari per l’accoglienza dei rifugiati. E in cambio non le fanno pagare gli stipendi ai dipendenti, anche ucraini».
E dopo i 15 giorni di blocco il problema si è risolto?
«Su alcune banche sì. Un istituto di credito ha invece fatto chiudere il conto alla società e noi non abbiamo capito il motivo. Non esiste spiegazione plausibile».
Lei ha dichiarato di sentirsi ostaggio in Russia. Perché?
«Perché sono un uomo d’affari e sono abituato a negoziare. E invece sono stato obbligato (dopo le critiche al Cremlino, ndr) a vendere la banca che ho fondato e uscire totalmente dall’azionariato per non danneggiare l’istituto di credito e i suoi dipendenti».
Che cosa pensa di questa guerra?
«Non c’è una risposta a questa domanda. Non sono mai stato un politico, non mi azzardo a dire che cosa bisogna fare».
In realtà la risposta a questa domanda l’ha già data, sui social. Ha scritto di non vedere nessun beneficiario in questa folle guerra nella quale muoiono persone innocenti e criticato pesantemente il potere del Cremlino.