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 2022  maggio 03 Martedì calendario

Intervista ad Alessandro Borghi


«Il segreto del mio lavoro? È in questa piazza: due artisti, due matti, due ottantenni che fanno la pasta e fagioli». Eccola, la formula alchemica di Alessandro Borghi, quella che gli permette di essere credibile come giovane lupo della finanza in Diavoli su Sky, barbetta hipster e completi di Savile Row sotto cui batte il killer instinct. E parimenti credibile come borgataro di Non essere cattivo o Suburra, tatuaggi e capelli rasati, la vulnerabilità nascosta negli occhi chiari. Un carisma naturale, grazie a cui tiene testa a una vecchia volpe della serialità come Patrick Dempsey. E a un coetaneo istrionico come Luca Marinelli, con cui tornerà a fare coppia in Le 8 montagne in concorso al Festival di Cannes. «Sono fiero delle mie origini popolari, della mia normalità: mi hanno permesso di vedere molta vita, che ora metto al servizio dei personaggi».
In Africa si dice che per educare un bambino serve un intero villaggio... per fare un attore ci vuole una piazza?
«Sicuramente per me. Guardi, con la mia fidanzata Irene stiamo cercando casa: potevamo andare in un palazzo borghese, in un attico del centro, e invece abbiamo scelto una piazza in un quartiere normale, come la Roma della mia infanzia e adolescenza. Non la definirei “semplice”, questo no, ma genuina, con un’assenza di sovrastrutture. Questa è la vita che mi interessa: normale»
Oggi l’attenzione è spostata sullla diversità più che sulla normalità, non le pare?
«Io preferisco pensare a molte diverse normalità.Cerco l’empatia, detesto la compassione. L’empatia è mettersi nei panni di chi è diverso da noi, la compassione è dire: “Poveraccio come sta messo, per fortuna non è toccata a me”. Non possiamo sempre aspettarci che sia la politica a risolvere i pregiudizi, dobbiamo farlo in prima persona».
I social hanno aumentato l’aggressività?
«Il geniale fumettista Gipi ha detto una cosa bellissima a proposito della tribalità: è il problema della nostra società, siamo divisi in tribù e i social ci incoraggiano a confrontarci solo con quelli della nostra tribù, è molto difficile fare ragionamenti autonomi.Credi di pensare con la tua testa, invece ripeti solo quello che dice il gruppo».
Almeno i social hanno il merito di dare la parola a tutti, no?
«Non credo che sia giusto che tutti dicano la loro su tutto. Penso che su certe cose – la crisi economica, la guerra tra Russia e Ucraina, la pandemia – debba parlare solo chi le consoce bene. Per esempio adoro sentire parlare di economia Guido Maria Brera autore dei Diavoli, perchè lui riesce a spiegare concetti difficilissimi anche a un bambino di tre anni»
Come vive il giudizio altrui?
«Pesa, inutile negarlo: una volta ci soffrivo moltissimo, ho fatto un lungo percorso per arrivare a capire che non si possono compiacere tutti e che perdiamo di vista noi stessi cercando di assecondare gli altri».
Qual è il giudizio che l’ha fatta più soffrire?
«Beh, a inizio carriera dicevano che ero solo in grado di recitare in romanesco e dire che ce l’ho messa tutta a studiare. Niente da fare, mi avevano incasellato un un cliché. Poi ho capito che se volevo migliorare dovevo farlo per me stesso».
E ora in Diavoli recita in inglese. Una sfida vinta?
«Sì, ho anche avuto molta fortuna. Il successo è 30 % talento e 70 % fortuna. Poi il successo non è che sia necessario: sei felice di quello che fai? Allora hai vinto tu».
Mai pensato di andare via dall’Italia?
«Sto bene in Italia, qui ci sono i miei genitori e le mie radici. Ma avrei voluto trasferirmi all’estero a 18 anni, ci sono paesi con una visione più libera dell’essere umano. L’Italia in realtà è razzista e classista»
La sua piazza la potrebbe lasciare per cosa?
«Per la montagna. Me l’ha fatta amare Irene, è bellissimo camminare in quei silenzi, sotto quel cielo, nella natura. Le 8 montagne di Cognetti me l’haregalato lei, è il nostro libro».
E adesso va al Festival d Cannes proprio con Le 8 montagne di Felix van Groeningen, di nuovo con Luca Marinelli. Emozionato?
«Sì, evidentemente Le 8 montagne sono nel mio destino. Con il personaggio di Bruno ho in comune il fatto di sentirmi spesso non all’altezza, la Croisette è indubbiamente fuori dall a mia confort zone».
Le 8 montagne è anche la storia di un’amicizia, così come Diavoli, o Non essere cattivo. Un caso?
«Credo moltissimo nell’amicizia, sul set e nella vita.In questo momento c’è un estremo bisogno di fare squadra. L’amicizia è incondizionata, si può non sentire una persona per anni e restare amici. L’amore è meraviglioso ma è più difficile, bisogna sempre averne cura, meritarselo».
Ma se sta mettendo su casa è sulla buona strada, no?
«Irene è la donna che amo più di ogni altra cosa al mondo, lei lavorava a Londra, era a casa mia il giorno in cui è scattato il primo lockdown e viviamo insieme da allora: nel futuro ci vedo con una ventina di figli»
Che rapporto ha con la sua bellezza?
«Intanto non è merito mio ma di mamma e papà. È ovvio che sono contento di avere un bell’aspetto e mi fanno piacere i complimenti. Ma io non mi vedo bello, anzi succede una cosa strana: soffro della sindrome di Tourette e ho notato che i tic scattano proprio quando mi guardo allo specchio. Mai quando recito».
E quale tic le scatta?
«Cammino all’indietro, mi allontano dallo specchio, senza volerlo: come tic, non è poi così difficile da interpretare». —