La Stampa, 3 maggio 2022
Intervista a Giuseppe Conte
«Vogliono il braccio di ferro e vogliono umiliarci, ma sulla questione ambientale non possiamo permetterci passi indietro». Giuseppe Conte è al telefono con un ministro che lo avvisa di quel che avviene a Palazzo Chigi: il governo ha inserito nel decreto aiuti una norma sull’inceneritore di Roma. «Non c’entra nulla, non ha a che fare con i fondi stanziati contro il caro bollette e il caro vita» – hanno ripetuto per ore i 5 stelle – ma le proteste non hanno convinto Mario Draghi. È stata tolta la norma che avrebbe finanziato nuovi inceneritori nel resto d’Italia, non quella sulla capitale. «E non è stata accettata la proposta del M5S che chiedeva che i nuovi impianti fossero ecosostenibili».
Il cellulare esausto del presidente del Movimento – appena uscito dagli studi di Metropolis, il podcast del gruppo Gedi – è attaccato a una presa elettrica, nella redazione romana della Stampa. Conte fa una pausa brevissima. Guarda i suoi collaboratori. Poi dice: «A questo punto non possiamo che astenerci. Si sta consumando un ricatto bell’e buono. Abbiamo chiesto di riformulare la norma, di stralciarla e inserirla in un decreto a parte. Niente da fare, non vogliono sentire ragioni, ci vogliono costringere ad accettare gli inceneritori».
Presidente, l’emergenza rifiuti a Roma, lei la conosce perché ci vive, si protrae da molti anni. Come affrontarla se non con un termovalorizzatore?
«Non solo i cittadini romani, ma quelli italiani e i turisti hanno diritto a una Roma pulita che risolva una volta per tutte questo problema in modo strutturale. Per questo siamo favorevoli a dare poteri straordinari al sindaco, ma non possiamo riconoscergli una cambiale in bianco per la creazione di impianti a tecnologia obsoleta come gli inceneritori».
Quelli di nuova generazione sono considerati “puliti” e vengono usati da moltissime città in tutto il mondo.
(Conte fa un cenno di disapprovazione).
Non è così?
«Noi siamo disponibili a concedere pieni poteri per autorizzare nuovi impianti in base alle nuove tecnologie ecosostenibili, non a rimettere indietro le lancette della storia. Qui si vuole fare come per l’energia: ci sono 200 gigawatt di richieste di autorizzazioni per impianti a fonti rinnovabili prigioniere nei cassetti della burocrazia. Equivalgono a più di tre volte la potenza delle centrali a gas e a carbone attualmente operative in Italia. È su questo che dobbiamo puntare, non sulla riaccensione delle centrali a carbone».
Non tutti sono convinti come lei che si possa fare a meno del gas in questa fase di transizione, ma veniamo al resto del decreto aiuti: è cresciuto arrivando a 14 miliardi. Le misure adottate dal governo sono quelle giuste?
«Vorrei precisare: il gas per la transizione possiamo accettarlo, gli inceneritori no. È poi positivo che sia aumentata la tassazione sugli extraprofitti per le aziende energetiche: una misura che abbiamo richiesto a gran voce e che sta generando le risorse per affrontare questa difficile congiuntura. Ritengo possibile estenderla anche agli operatori farmaceutici e agli operatori assicurativi che hanno accumulato profitti straordinari avvantaggiandosi di speculazioni di mercato».
Crede ancora sia necessario uno scostamento di bilancio?
«Bisogna continuare a sostenere le imprese e le famiglie per contrastare la perdita di potere d’acquisto e il caro bollette e prevenire il rischio di recessione, acuito dal conflitto bellico. Di conseguenza non escludo affatto l’opportunità di uno scostamento».
Non la preoccupa la montagna di debito che grava sulle spalle delle nuove generazioni?
«Se non avessimo fatto cinque scostamenti durante la pandemia, oltre a misure straordinarie come il blocco dei licenziamenti, oggi ci ritroveremmo con un tessuto produttivo distrutto e ci saremmo sognati il +6,6 per cento di pil dello scorso anno. Le politiche espansive vanno perseguite soprattutto quando il ciclo economico è avverso e in particolare quando si realizzano shock come quello pandemico o quello attuale».
Il Movimento – la cito – è contrario all’«invio di armi sempre più pesanti all’Ucraina», ma cosa pensa dell’embargo del gas russo?
«Credo sia assolutamente necessario intensificare gli sforzi diplomatici per costruire, insieme alla comunità internazionale, una soluzione politica. Questo dev’essere l’obiettivo condiviso che l’Italia deve portare ai tavoli internazionali, accompagnato dalla linea della fermezza sulle sanzioni. Sicuramente anche l’embargo è un obiettivo da perseguire perché rientra nel quadro della nostra sicurezza energetica, ma va accompagnato dall’Energy recovery fund».
In molti in Occidente dicono che serve più dialogo, come se a non voler parlare fosse il fronte che si oppone alla Russia. Ma quando il segretario generale dell’Onu è andato prima a Mosca poi a Kiev, sul tentativo di dialogo sono piovuti missili. Non stiamo sovrastimando le nostre possibilità di indurre Putin a trattare?
«Nessuno pensa che la Russia sia disponibile ad accettare domani mattina il ritiro delle truppe e a fare un’ammissione di colpa. Ma se il nostro obiettivo è raggiungere un accordo negoziale attraverso la forza del dialogo politico non possiamo arrenderci di fronte a quel che sta accadendo».
Zelensky dovrebbe cedere il Donbass per metter fine alla guerra?
«I termini e le condizioni del negoziato vanno concordati con Zelensky nel quadro dell’Unione europea e dell’alleanza euroatlantica. È certo che in un negoziato un accordo presuppone un compromesso i cui contenuti non spetta a me stabilire».
Se ci fosse un voto, il Movimento si metterà contro un terzo decreto per inviare armi in Ucraina?
«Ho già detto che siamo contrari ad armi sempre più pesanti e letali e in particolare all’invio di carri armati. L’Italia, in linea con la sua vocazione tradizionale, dovrebbe piuttosto essere in prima linea per mettere a servizio della comunità internazionale tutta la sua capacità di dialogo».
Quindi potreste opporvi?
«L’ho detto. Faremo pesare la nostra forza politica».
Mettere il segreto di Stato sulle armi non è una questione di sicurezza?
«Non è questo il punto, serve un confronto in Parlamento sull’indirizzo politico che l’Italia farà valere anche negli incontri a Washington e a Kiev».
Quindi Draghi prima di partire deve riferire alle Camere. Ha detto che pretende si esprima contro l’escalation.
«Servono regole di ingaggio e a darle non devono essere i generali o i ministri della Difesa, ma la politica e quindi il governo attraverso il confronto con il Parlamento».
Sul 2% per le armi si è scontrato col ministro della Difesa Guerini. Questa storia rischia di scavare un solco nell’alleanza Pd-M5S?
«Un solco direi di no perché dopo la nostra presa di posizione anche il Pd ha convenuto che rispettare entro il 2024 la regola del 2% non era sostenibile».
Sostengono si sia parlato dall’inizio di un avvicinamento graduale. Gli equilibri del governo sono minati da posizioni così diverse?
«Posso rispondere per il Movimento. Non abbiamo nessun interesse a mettere in difficoltà il governo o creare una crisi».
Lei ha condannato senza appello il senatore M5S Vito Petrocelli per la Z che inneggiava a Putin nel giorno della liberazione. La posizione di Beppe Grillo, che il M5S paga 300mila euro per il suo aiuto nella comunicazione, rischia di danneggiare la sua linea? Il fondatore del Movimento non ha mai condannato l’aggressione in Ucraina e ospita sul blog da molto tempo interventi filorussi e filocinesi.
«Grillo si è reso disponibile a ideare campagne di promozione della nostra azione politica e anche di divulgazione sulle innovazioni in materia di transizione ecologica e digitale. Questo non mette in discussione la linea politica che definiamo attraverso i nostri organi, in particolare il consiglio nazionale».
Ha sentito il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov dire a Rete 4 che anche Hitler era ebreo, vecchia storia falsa e antisemita? La tv italiana sta diventando cassa di risonanza della propaganda russa?
«Alcune affermazioni di Lavrov andavano tenacemente contrastate. Serviva un puntuale contraddittorio, che non c’è stato».
Abbiamo un problema a gestire la propaganda del Cremlino?
«Il nostro Paese si differenzia dai sistemi autarchici per il riconoscimento della libertà di stampa, ma in una situazione di conflitto come quella che stiamo vivendo vanno attuate delle cautele».
Ha detto che alcuni esponenti pd l’hanno offesa peggio di quanto non abbia mai fatto la destra. L’alleanza traballa e per questo serve il proporzionale?
«Al di là del dibattito e delle contingenze, credo che il proporzionale sia la legge elettorale più efficace per affrontare la nuova legislatura, anche in conseguenza della riduzione del numero dei parlamentari. Garantisce a tutti maggiore rappresentatività». —