Il Messaggero, 1 maggio 2022
Biografia di Paola Minaccioni raccontata da lei stessa
Domani è in cartellone all’Auditorium Conciliazione di Roma con il suo show Dal vivo sono molto meglio, ieri e l’altroieri era a Castelfiorentino (Firenze) con L’attesa di Remo Binosi - testo sulla maternità, il male e la morte - che la vede in scena con Anna Foglietta (la regia è di Michela Cescon), tutte le mattine è su Rai Radio2 nel Ruggito del coniglio di Marco Presta e Antonello Dose. Insomma, Paola Minaccioni, romana, 50 anni, come attrice comica - e drammatica - va che è una bellezza.
Ho visto un suo video su Instagram, in cui ballava da sola, con questo testo: Più passa il tempo, più trovo il coraggio di fare solo quello che voglio, solo quello che mi pare. Lo consiglio, fa star bene. Cos’è il coraggio per lei?
«Riuscire ad avere fiducia. Avere un’idea e portarla avanti».
E nel portare avanti le sue è stata più coraggiosa o incosciente?
«Il mio entusiasmo è stato spinto soprattutto dall’incoscienza».
Com’è finita a fare questo lavoro? Cosa sognava da giovane nella sua cameretta?
«La mia famiglia non faceva parte del mondo dello spettacolo (il padre Roberto per 30 anni è stato il massaggiatore della As Roma, ndr), ma era fatta da veri personaggi. Quindi è come se fossi cresciuta in teatro».
Si spieghi meglio.
«Comincio dalla cameretta: una mia non ce l’ho mai avuta. La dividevo con mia sorella e mia nonna. Le tapparelle e le porte non c’erano perché i miei dicevano che dovevamo avere sempre il sole in faccia. Nonna non ci vedeva ma si rendeva conto di tutto, ascoltava la radio a livelli pazzeschi e faceva sempre battute. Anche di notte. Mia madre era due donne in una: impegnata, anticonformista, sempre proiettata nel futuro, faceva le battaglie per gli omosessuali e fumava gli spinelli davanti a me, e poi da iperprotettiva qual era voleva tenermi chiusa in casa, cercando in ogni modo di sistemarmi con un uomo».
Quando ha capito che questa era la sua strada?
«Non volendo sistemarmi come voleva mamma, il palco è diventato subito una necessità. E al liceo, facendo le imitazioni dei professori, vedevo che succedeva qualcosa. È proprio lì che diventare un’altra è diventato il mio modo di comunicare».
La sua famiglia come la prese?
«Due pazzi, i miei. Mi hanno sempre lasciato fare».
Con la collega Federica Cifola quando vi siete incontrate?
«Alla scuola Mario Riva per il corso di recitazione della Regione Lazio. Ci siamo conosciute lì e abbiamo subito capito di avere un amore in comune: Anna Marchesini, il nostro punto di riferimento. Siamo diventate amiche e dopo un po’ ci siamo trasformate io in Paprica e lei in Curry, due sciroccatissime pornotelefoniste di una hot line sbrindellata. Prima in radio a Rtl 102.5, poi in tv con la Gialappa’s a Mai dire gol. Era il 2006».
Perché vi siete divise quando cominciavate ad avere i primi riscontri?
«Io avevo voglia di esplorare mondi comici ma anche drammatici. Ero inquieta e non mi sentivo realizzata in un duo, avevamo altri ritmi ed esigenze. E poi lei rimase incinta. Siamo ancora amiche, però».
Oltre alla Marchesini ha avuto altri modelli?
«Franca Valeri, Monica Vitti, Anna Magnani e Piera Degli Esposti. E poi Serena Dandini, che mi ha anche formato mentalmente. Ho frequentato parte del suo laboratorio ed è lì che ho iniziato a scrivere».
L’attrice comica che vuole fare altro la paga cara?
«Certo. Ma io sono un’attrice. Punto. Il lavoro resta lo stesso sia se faccio ridere sia se faccio piangere. E io voglio fare l’uno e l’altro. Far ridere è un dono naturale che ho ricevuto a cui non voglio rinunciare».
Lei con chi ride?
«Ricky Gervais. E poi Corrado Guzzanti, Maurizio Crozza e Checco Zalone».
È soddisfatta di quello che ha raccolto finora?
«Diciamo che il meglio deve ancora arrivare. Ho avuto tempi di maturazione lenti ma ora sono più a fuoco. Mi rispetto di più».
Quando non si è rispettata?
«A volte si fanno cose che pensi possano servirti, e invece... La nostra carriera è frutto di passi giusti, passi sbagliati».
Faccia un esempio.
«Nel 2015 per la serata finale del Premio Strega, a Roma, accettai di andare a fare la spalla comica a Concita De Gregorio. Ero completamente fuori contesto. Fu un’esperienza traumatica».
Il suo limite maggiore qual è?
«L’insicurezza. E l’autostima. Però sto migliorando».
Oggi cosa deve dimostrare a se stessa e agli altri?
«Far capire meglio la mia identità multiforme e poi che so scrivere una commedia per un film».
Scrivere per raccontare che cosa?
«La noia che si vive in certi ambienti di Roma nord. Mi interessano i riti sociali stanchi dell’alta borghesia: le feste, le cene, gli incontri di ogni tipo».
È un sogno o un progetto?
«Ci sto lavorando. È una storia comica e romana».
Su Twitter ha scritto che quando recita non ha paura di niente: cosa le fa paura quando non è in scena?
«Sbagliare ancora a scegliere le persone con cui dividere la vita. Per fortuna adesso non ho più paura di stare da sola».
E lo è?
«No, però vado piano piano».
Favorevole o contraria all’amore fra colleghi?
«Contraria. Noi attori siamo insicuri, incostanti e pesanti. In casa ne basta uno».
È stata con il collega Riccardo Rossi?
«No, sì, ma... Figurati».
Mai stata vicina al matrimonio?
«Un paio di volte. Il primo mi aveva abbandonato per sette mesi, dopo avermi tradita, e quando è tornato mi ha chiesto di sposarlo. Troppo tardi. Io gli dissi: rimettiti in piedi, trova il tuo equilibrio e poi torna. Lo sto ancora aspettando».
Era un attore?
«Un regista. L’altro lavorava nel cinema ma non recitava».
I loro conti li ha fatti pagare a qualcun altro?
«Ho scritto una poesia, Il principe azzurro, per la persona con cui sto adesso. Fa così: Tu sei il mio principe azzurro, l’uomo che ho sempre cercato. Prima di te quanti rapporti sbagliati, amori finiti in tragedia. Quante ferite cicatrizzate sul cuore ma adesso ci sei tu. E adesso la paghi per tutti... (ride, ndr)».
Ha scelto di non avere figli e ha dichiarato di non sopportare il cliché Una donna senza figli non è mai veramente realizzata: l’ha mai subito?
«È quasi inevitabile. Però voglio anche dire che sul tema non mi piacciono gli slogan. Il punto è semplice: ogni donna deve essere libera di fare quello che vuole».
È vero che è ossessionata dalla palestra?
«Non lo so. Di sicuro mi alleno quasi tutti i giorni da una vita, forse perché fino a 22-23 anni ero un po’ cicciona».
Cosa l’ha guidata in questi anni?
«La voglia di fare grandi ruoli ed essere amata e riconosciuta».
Tutto e subito cosa vorrebbe?
«Fare un film con Meryl Streep, recitare in teatro Bertold Brecht, una tragedia greca. Se devo sognare, mi allargo».
Ha detto che una buona carriera si costruisce con talento ma anche tanta scaltrezza: è dotata?
«Spero di sì. Per fare le scelte giuste ci vuole anche quella».