La fotografia di un’Italia povera che si rimboccava le maniche, firmava cambiali, sognava. Nel quarantesimo anniversario dalla vittoria al festival di Sanremo con Storie di tutti i giorni, esce la nuova versione, arrangiata da Mauro Ottolini. Il ragazzo di Pontedera diventato popstar, ex operaio alla Piaggio, ricorda la famiglia e la musica, dagli Slenders ai Pooh. Vietato dimenticare.
Ha preso il diploma di ragioniere a 60 anni solo per sua madre Meri.
«Un gesto d’amore. Pur avendo l’Alzheimer — mentre credeva di sferruzzare ma non aveva niente in mano — mi guardò come se fosse lucidissima e si ricordò del nostro vicino di casa, il ragionier Rossi, “che lavorava in banca e sapeva tutto”.
Quando arrivavano le lettere del patronato dell’Inps, offerte di un pacco regalo o una domenica al mare con l’autobus del Pci, non capiva cosa ci fosse scritto, tutto un fiorire di “la signoria vostra”. Mamma sbatteva due uova con un po’ di marsala e gliele portava, per scusarsi e dargli qualcosa in cambio della spiegazione. Mi disse: “Mi sarebbe garbato tanto farti diventare ragioniere”».
Invece andò a fare l’operaio.
«Sì, come mio padre e mio fratello Luciano. Mamma non aveva potuto far studiare lui, e non le sembrava giusto che studiassi io. Ma come dice Mauro Corona “dopo che hai letto un camion di libri qualcosa devi aver imparato”, e ho imparato. La lettura e la scrittura sono la mia passione».
Perché ha voluto raccontarsi?
«Perché dopo la morte di mio fratello non ho più un riferimento, quando cercavo di ricordare in quale stanzetta alloggiavamo in un certo periodo lo chiedevo a lui. Ho pensato che dovevo scrivere, se no avrei perso le radici della mia vita».
Nel 1982 trionfava a Sanremo con “Storie di tutti i giorni”. Cosa ha significato quel Festival?
«Uscito dai Pooh nel 1973 non avevo più gli amici con i quali condividere felicità e tormenti. Ero — e mi sento ancora — un predestinato metalmeccanico, bravo a riparare le gomme. Ma sono stato un ragazzo fortunato. In quel periodo vincere il festival significava andare dai nostri emigrati nel mondo».
Che rapporto ha con l’età? Le donne la inseguivano...
«In quegli anni là non sentivo di essere fico, le ragazze urlavano, ma non è che succedessero cose. Oggi non sono vanitoso, non tengo i capelli impomatati, non metto la lacca o il gel. Dipende dal vento, sono diradati, prima di fare un selfie cerco la luce giusta. Ma nessuno ci crede quando dico la mia età, ho fatto la maratona di New York. La vecchiaia... Devo durare per mia figlia Michelle, ha nove anni, è l’amore della mia vita».
Ha anche un figlio grande, Alessandro di 29 anni. Che padre è?
«Mio figlio è un ragazzo bravissimo, siamo legati, l’ho svezzato con i panini dell’autostrada. La piccolina è incredibile. Usciamo dal dentista che le aveva preso l’impronta per l’apparecchio e mi fa: “Hai scritto una canzone che cantavi con lo zio Roby (Facchinetti), Il ritorno delle rondini dedicata a mamma, poi La tenerezza 93 per Dado. “Quando scrivi una canzoncina per me?”. Così è nata Gli angeli hanno i denti bianchi ».
La carriera inizia con gli Slenders.
«Mio fratello raccontava in giro che cantavo e suonavo il basso, così sono entrato nel gruppo di Piombino.
Eravamo fichi, belli e strani. Un po’ come i Måneskin, 57 anni prima.
Basso, chitarra, dietro le batteria, anche Damiano e i ragazzi attaccano il jack e cominciano. Dagli anni 70 e oltre funzionava così, per questo sono fan dei Måneskin da sempre».
Era un capellone felice?
«Un ragazzetto timidino, anche a scuola. Lottiamo contro le differenze, predichiamo che siamo tutti uguali ma non è vero. A scuola la maestra girava tra i banchi e mi annusava.
Ricordo che mamma mi dava una spruzzatina di dopobarba di papà e controllava che avessi le orecchie pulite. La differenza di classe esisteva e c’è. Con gli Slenders eravamo capelloni metalmeccanici, finiti i permessi si tornava in fabbrica».
Gli anni dei Pooh? Li chiama affettuosamente “fratelli”.
«Perché è così, ci lega un grande affetto. Quando ci siamo lasciati ho pensato che non mi volessero più bene. Erano entrati a gamba tesa in una mia storia d’amore».
Scrive: “E spero di non essere ricordato solo perché sono uscito dai Pooh per scappare con Patty Pravo, come si legge qua e là da quarant’anni”. La infastidisce?
«Ho fatto tante cose ma tutti, dopo avermi chiesto della chitarra, vogliono sentire la storia. Eravamo giovani, Patty era bellissima».
Si diverte ancora in tour?
«Vivo in tour, amo l’estate con le feste popolari a ingresso gratuito. Tutti cantano con me».
Tornerebbe a Sanremo?
«Con una canzone bella, importante, per fare la mia figura, anche domani».
Tre anni fa a “L’isola dei famosi”, è finito nel tritacarne.
«Sognavo da anni di andare all’Isola, nella mia follia l’ho trovata meravigliosa. Vado d’accordo con tutti, amo il mare, sono appassionato di pesca. Quando Fabrizio Corona ha fatto quelle affermazioni sul tradimento di Karin, mia moglie, ero preoccupato per la mia bambina. Mia moglie ha fatto tre cause che un giorno arriveranno a giudizio, tutti hanno chiesto scusa».