Corriere della Sera, 1 maggio 2022
Intervista ad Antonio Capuano
Il maestro e Paolo. Trent’anni di differenza. Sorrentino e il suo mentore, Antonio Capuano, il regista trasformato in uno dei personaggi di È stata la mano di Dio. Alle 16 candidature ai David di Donatello, il 3 maggio, si aggiunge il David speciale a Capuano, 82 anni. È stato uno dei simboli del risveglio culturale di Napoli, due generazioni prima di Martone. Non ha mai lasciato la sua città, uomo di una sincerità crudele. Sorrentino ha detto di non sapere se lui avesse visto il film.
E poi?
«Poi l’ho visto, Paolo mi ha fatto arrogante e un po’ volgare, forse mi vede così. Ma io lo difendo, è il suo sguardo e ognuno è libero di mostrarlo, senno’ fa una copia. Anche se nel mio quartiere, a Posillipo, la gente che mi conosce da una vita mi ha detto: ma come t’ha fatto Paolo?».
Nel film le fa dire due frasi iconiche: non ti disunire, e ce l’hai una cosa da dire?
«Chissà quante volte ce lo siamo detti nelle nostre lunghe passeggiate in cui parlavamo del Napoli, di noi, delle femmene. Non ti disunire era riferito alle partitelle di calcio. Paolo era un ragazzo timido, schivo ma luminoso. Mi manca molto, non so io a lui, non è molto esplicito. Ci siamo persi. L’ultima volta ero alla Mostra di Venezia e lui era già volato negli Usa. Lo sogno spesso. Una volta mi è apparso così: aveva un bambino nel marsupio, non mi guardava, andava oltre la folla e sparì. Gliel’ho descritto al cellulare il mio sogno, non mi ha risposto e non ho fatto nessuna analisi. Paolo è un borghese, io un proletario, questo ci divide. Ma c’è una tenerezza che ci lega. Il suo produttore mi fece leggere una sua sceneggiatura, gli chiesi di aiutarmi a scrivere Polvere di Napoli. Ci siamo conosciuti così. Il suo film che preferisco? Il divo».
Sorrentino nel film si è sentito in debito con Troisi.
«Io ho troppi debiti di riconoscenza, Pasolini è tra i miei maestri, mi influenzano tutti, pure il cinema di m… Fondamentalmente guardo la vita, la gente che cammina, nei bus, in metro…».
Sorrentino dice di amarla e odiarla allo stesso tempo.
«Ognuno è vittima del suo carattere, spesso mi sono detto quante volte vorrei cambiare, prendere una vacanza da me. Sono andato a vedere a teatro Il tartufo, un Molière così brillante in un’ambientazione proletaria, in una cucina, negli anni 60. Mi tormentavo sulla sedia. Sono andato via».
Nell’ambiente conformista del cinema, lei…
«Si, c’entro poco, dovrei essere più furbo, diplomatico. Non ci riesco».
Come ha cominciato?
«Mio padre era tranviere, mia madre casalinga, cinque figli. Ero scenografo, una specie di mosca bianca. Dovevo aiutare in casa. L’estate facevo il bagnino, i lavori del mare. C’era una ragazza olandese bellissima che adocchiavano tutti. Io attirai la sua attenzione con dei tuffi. Uscendo dall’acqua la salutai, lei mi sorrise. È mia moglie. È un tasto che mi commuove».
Come considera il David?
«Una toppa. Ma non andrò lì a fare discorsi polemici, sarebbe troppo facile. Ringrazierò. È il mio primo David, meno male che è speciale. Da piccolo feci la comparsa in Ieri, oggi, domani di quel genio di De Sica. Quando mi diedero il premio De Sica, Rondi che lo presiedeva mi disse: Capuano, mi perdoni di tutte le cose che non ho fatto per lei e avrei potuto fare».
Sorrentino dice che lei cre de nella necessità del conflitto.
«È indispensabile, per imparare a stare al mondo e fare cinema. Senza conflitto cosa puoi raccontare? Ho girato Il buco in testa e il giornalista Mario Calabresi, un incanto come persona, mi ha detto parole molto belle».
I produttori dicevano…
«Che ho talento ma i miei film non incassavano. Ognuno ha il pubblico che si merita. Nel ’96 ero a Venezia con Pianese Nunzio, 14 anni a maggio, in cui un prete ama un bambino con scene di sesso abbastanza esplicito; implora Gesù di concedergli la possibilità di amare. Monsignor Tonini scrisse: su questo film dovrebbe scendere il silenzio. Miriam Mafai mi difese, era in giuria, mi disse che Roman Polanski da presidente si era messo contro».
Rimpianti?
«Nessuno, nemmeno per i soldi. Eduardo dice ad Amalia in Napoli milionaria: li vedo ma non mi batte il cuore».
Cosa consiglia a un giovane regista?
«Cerca la libertà, e guarda la vita».