il Giornale, 30 aprile 2022
Raoul Bova parla del suo ingresso in “Don Matteo”
a benedizione di Don Matteo ha funzionato alla grande. Raoul Bova al posto di Terence Hill nell’amata fiction è riuscito a convincere il pubblico, tanto da fare il boom di ascolti: 6.486.000 spettatori pari al 31 per cento di share, un risultato più alto della scorsa settimana quando era andato in scena l’addio di Don Matteo e addirittura il più alto della stagione. Insomma, il temuto (ed epocale) passaggio di testimone dell’attore che ha indossato i panni del parroco-investigatore per 13 stagioni non è stato così traumatico. Merito di Bova che si è calato con coraggio e rispetto nei panni di Don Massimo. Ma anche della strategia di comunicazione che ha creato grande suspence sul destino del parroco di Spoleto, svelato solo alla fine della puntata di giovedì: non morto come si temeva, ma in missione in Africa per liberare un ostaggio.
Dunque, Raoul Bova, lei non è e non sarà mai Don Matteo, come le ha ripetuto il maresciallo Cecchini (Nino Frassica), però non l’ha fatto rimpiangere.
«E ringrazio gli spettatori nuovi ma anche i fan scettici che hanno voluto giudicare in maniera sana e normale. Comunque questi risultati dimostrano la forza di una fiction che è corale, con molti attori bravi come Frassica e Maria Chiara Giannetta e con tanti ingredienti diversi, dal giallo alla commedia».
Ha funzionato la scelta di creare una figura diversa?
«Il mio è stato un approccio di grande delicatezza nei confronti del progetto, della storia e di Terence. Non dimentichiamo che, nella trama, è Don Matteo che sceglie Don Massimo per sostituirlo. Ed è in questa parrocchia, la prima del suo sacerdozio, che scopre l’importanza della tonaca, la concretezza del bene, l’esempio da seguire e da dare».
Sostituire Don Matteo è stata la sfida più difficile della sua carriera?
«Non ho ragionato in questo modo. Ho scelto di farlo con l’istinto. Senza pormi troppe domande. Un atto d’amore verso me stesso e il mio lavoro: questo personaggio mi ha regalato motivi di riflessione e di crescita in un periodo difficile come la pandemia».
Ha sentito Terence Hill, le ha fatto i complimenti?
«Terence è in America e non usa il telefonino. Ma mi basta aver avuto la sua benedizione quando l’ho incontrato prima di accettare la parte. Mi ha consigliato di creare il mio parroco, diverso dal suo. E per arrivare a interpretare Don Massimo ho fatto un lungo lavoro di ricerca, perché volevo che ogni singola sua parola fosse di grande intensità, anche di esempio».
Come è riuscito a mantenere il segreto sul motivo dell’addio di Don Matteo, non l’ha rivelato neanche alla sua compagna Rocio?
«A nessuno. Segreto confessionale...»
La piccola Ester nella fiction le dice che lei è troppo bello per essere prete... Le hanno fatto spesso pesare il suo aspetto?
«Ci sono tanti preti belli. Non mi sono mai sentito fuori ruolo. La spiritualità non ha un corpo. E poi ho già interpretato San Francesco...»
Don Matteo tornerà mai in parrocchia per un vero scambio di consegne?
«Devo opporre di nuovo il segreto confessionale...»
Terence avrebbe voluto continuare per poche puntate a stagione, ma le esigenze di produzione non lo permettevano.
«Ho capito il suo punto di vista: è molto faticoso restare sul set per lunghi mesi. Ma non era giusto chiudere una serie così importante. Però non è detto che gli sceneggiatori non trovino soluzioni alternative che vadano bene a Terence. Io ne sono all’oscuro, ma la speranza è alla base della fede...»
A cosa sta lavorando?
«Sto doppiando Cip in Cip e Ciop, agenti speciali della Disney e poi tornerò sul set di Buongiorno, mamma!».