il Fatto Quotidiano, 30 aprile 2022
Il Quarto Stato si è spostato a Firenze
Per questo 1º maggio 2022, il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, dipinto simbolo delle lotte sociali del primo Novecento, non si troverà al Museo del Novecento di Milano, la città che nel 1920 decise di acquistarlo attraverso una sottoscrizione popolare senza precedenti, ma a Firenze, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio. Il dipinto ha lasciato la sua collocazione la sera del 26 aprile per mettersi in viaggio per la Toscana, in vista dell’inaugurazione prevista per la Festa del Lavoro. Non un giorno qualunque per aprire al pubblico l’esposizione, della durata di due mesi.
La notizia, frutto di un accordo tra le amministrazioni di Milano e Firenze annunciato alla fine di marzo – di cui non sono stati chiariti i termini, ma che prevede scambi reciproci di opere d’arte –, era passata in sordina, tanto che anche i lavoratori esternalizzati operativi al museo sono stati informati dello spostamento e della chiusura delle sale la mattina stessa. Uno spostamento repentino, a soli quattro giorni dall’inaugurazione e nel momento dell’anno in cui più visitatori scelgono di programmare una visita per ammirare l’opera di Pellizza da Volpedo (anche il ministero della Cultura su Instagram l’ha scelta come “testimonial” della Domenica gratuita al Museo del 1º maggio, indicando come collocazione quella milanese).
Si tratta infatti di un trasferimento del tutto straordinario, il primo dal 2008 per un’opera delicata, di 2,93 x 5,45 metri, coperta dal 2010 da una teca protettiva: si parla di un’assicurazione da 30 milioni di euro. Un’opera parte delle collezioni civiche milanesi da cent’anni, che definire identitaria per il museo è poco: lo stesso percorso del Museo del Novecento, dove l’opera si trova dal 2010, è stato progettato appositamente per ospitare l’enorme dipinto, il più celebre della collezione, uno dei simboli dell’arte proletaria dell’inizio del secolo scorso (lo stesso Pellizza da Volpedo, di origine contadina, la dipinse in un momento di forte repressione dei moti sociali). Seppur lo spostamento dovrebbe, nelle intenzioni dell’assessorato, consentire anche una nuova collocazione dell’opera – poco valorizzata in quella attuale, a detta di larga parte di utenti e critici – non è difficile prevedere la delusione dei visitatori che troveranno il museo privo del dipinto, delusione che già serpeggia sui social: “Utilissimo prenotare gli ingressi in anticipo e pagare le visite guidate” scrive chi ha programmato una gita scolastica senza essere stato avvisato dell’assenza.
La spiazzante operazione rompe diverse prassi nel prestito di opere d’arte, tanto che il direttore di Finestre sull’Arte Federico Giannini ne parla come di “un’ostensione (a pagamento beninteso, a parte il 1° maggio quando l’opera sarà mostrata gratuitamente a fiorentini e turisti)” più che di un’operazione culturale. Di norma, infatti, i musei evitano di spostare opere che sono identitarie per la collezione; evitano prestiti brevi, dati i rischi nello spostamento; e prediligono spostamenti legati a un solido progetto scientifico. Progetto che nel caso in questione non pare esistere: neppure il Museo del Novecento ne parla, limitandosi a citare la felicità di “condividere il messaggio di forza e speranza che sprigiona la marcia silenziosa e compatta rappresentata nel Quarto Stato”.
Il trasferimento è inserito in un’operazione dal sapore economico-politico, un annunciato sistema di scambi di opere reciproci tra i capoluoghi toscani e lombardi, voluto dall’assessore alla cultura Sacchi, ora a Milano e in precedenza a Firenze (dove la delega ora è al sindaco stesso). Il contenuto degli scambi, ad oggi, non è noto. Ma certo, nelle intenzioni dell’assessore, un sistema in grado di produrre una serie di esposizioni straordinarie con relativi introiti per i gestori della biglietteria.
Nel caso del quadro in questione, però, non pare ci sia solo questo, perché auspicabilmente l’operazione può garantire un incasso politico, in un momento in cui entrambe le amministrazioni stanno registrando problemi con i lavoratori esternalizzati del sistema culturale cittadino: due gli scioperi registrati a Firenze dall’inizio dell’anno, mentre a Milano 200 lavoratori, in stato di agitazione dalla fine di marzo, faticano a trovare un’intesa con l’amministrazione. Non a caso, in modo quasi grottesco, il 30 aprile, appena svelato il dipinto, a Firenze è previsto un dibattito coi sindaci delle due città e il Ministro del Lavoro Orlando, con il “Quarto Stato” come scenografia: una cosa mai vista, in questi termini. E se si comincia a utilizzare gli spostamenti di opere d’arte come mezzo di propaganda politica, o peggio a parlare del dolore dei lavoratori del passato per non parlare di quelli del presente, si può prendere una china terribilmente rischiosa.