La Stampa, 30 aprile 2022
Il discorso di Giorgia Meloni alla convention di Fdi
C’è da fare il «grande partito dei conservatori italiani» e serve una scena adeguata: Milano, i grattacieli, i maxi schermi all’americana. Giorgia Meloni arriva nella Milano di Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, con un messaggio: «Ci faremo trovare pronti». «Pronti» per governare, si intende. E per dimostrare che i sondaggi non sono frutto della volatilità dei nostri tempi, Fratelli d’Italia ha deciso di fare le cose in grande: una conferenza programmatica di tre giorni, «Italia, energia da liberare», con quasi cinquemila delegati, in uno spazio enorme, il MiCo di Milano, in mezzo ai grattacieli modernissimi e i cantieri di quelli che verranno. La metafora è chiara, qui si costruisce la nuova destra, «che trasformerà questa epoca infame in un nuovo Risorgimento», dice con enfasi Meloni in una scenografia che ricorda le convention dei partiti americani, luci basse, bandiere tricolori, niente palco frontale. Anche qui c’è un segnale: «La destra italiana non ha dubbi sulle alleanze internazionali». Meloni racconta le sue proposte in un discorso lunghissimo, un’ora e dieci, sul quale stava lavorando da molte settimane, sempre in bilico tra impronta governista e quella identitaria. Una relazione nella quale evita ogni riferimento agli alleati, per volare più in alto rispetto alle tante polemiche di questi mesi, arrivate alle porte della sala, ma lasciate fuori, almeno per qualche ora. Il centrodestra per come lo abbiamo conosciuto è solo un ricordo e infatti non viene mai menzionato, come fosse un vecchio arnese o persino parte di quelle «macerie sulle quali dobbiamo ricostruire le nazioni». Salvini e Berlusconi non sono stati nominati e nemmeno invitati, in platea c’è posto solo per i capigruppo, ma il leader leghista con un gesto poco gradito da queste parti, ha deciso di non mandare i suoi, per poi provare a proporsi: «Passo per un saluto, non politico, ma affettuoso». Un auto-invito giudicato «un controsenso» dal colonnello di FdI Ignazio La Russa.
Ma appena si varca la soglia del centro congressi le beghe per chi comanda a destra sembrano superate: il progetto esibito da Fratelli d’Italia è di passare dall’opposizione a una creatura nuova: «Abbiamo rinunciato qualche anno fa alle posizioni di potere per ridare una casa alla destra italiana e costruire il grande partito dei conservatori italiani».
Meloni vuole governare, i tempi sono quelli che sono e allora non può che partire dalla politica estera, ribadendo quella scelta atlantica e quelle europeista che «solo osservatori che non osservano bene possono definire una svolta»: «In Ucraina si decide anche il nostro futuro, ed è importante che si capisca, per come incide sui nostri equilibri, in primo luogo in Europa». Quindi «nessun dubbio da che parte stare», ma questo non impedisce un attacco a Joe Biden con toni molto forti, «non faremo i muli da soma dell’Occidente. La grande sfida per il futuro è tornare padroni del nostro destino». Poi tocca ai temi etici con la battaglia contro la maternità surrogata e la cosiddetta ideologia gender, «il cui vero obiettivo è la scomparsa della donna in quanto madre». Con il Covid invece «è stato fatto un esperimento sociale, un’occasione per costringere le persone a piegarsi», dice tra gli applausi.
In mattinata, aveva ricordato insieme al sindaco Sala, Sergio Ramelli, il militante di destra ucciso nel 1975. «Il valore della mia presenza qui è ricordare e fare memoria, impedire le violenze politiche», dice ai cronisti prendendo poi le distanze nette dalla manifestazione dell’estrema destra della sera e dai saluti romani del funerale di Donna Assunta: «Sono gesti antistorici» dice Meloni, con il fastidio di chi viene interrogata sul passato, quando qui a Milano si vuole immaginare un futuro di governo: «L’unica ragione per cui vogliamo arrivare in vetta è che da lì possiamo guardare più lontano». Il cantiere è aperto, ma non per Salvini.