Corriere della Sera, 30 aprile 2022
La band ucraina Kalush favorita all’Eurovision
«La nostra missione all’Esc è quella di essere la voce del popolo ucraino e raccontare i dolori e le sofferenze causati dall’invasione russa». Gli echi di guerra arrivano anche all’Eurovision Song Contest. A questa edizione, che si tiene a Torino dal 9 al 14 maggio, non ci sarà la Russia, esclusa perché l’ente che riunisce i broadcaster continentali ha ritenuto inopportune la partecipazione di Mosca, e l’Ucraina è data per favorita dai bookmaker che la piazzano solidamente al primo posto davanti a Mahmood e Blanco. A rappresentarla c’è Kalush Orchestra, progetto di Oleh Psiuk in cui convivono rap e folklore (nei suoni ma anche nell’uso dei keptar, abiti della tradizione Hutsul). Nel 2019 Oleh conosce, grazie ad un annuncio su Facebook, Igor Didenchuk e MC CarpetMan, e la formazione si completa lo scorso anno con Tymofii Muzychuk e Vitaliy Duzhyk.
Oleh, «Stefania», la canzone in gara, è dedicata a sua madre. Lei come l’ha presa?
«Era da tempo che le volevo dedicare una canzone. Lei vive a Kalush, la mia città natale. Forse la nostra relazione non è mai stata così profonda, ma questa è la cosa più bella che ho fatto per lei. Durante le selezioni nazionali per l’Esc, gli organizzatori l’hanno invitata e lei ha sentito così il brano per la prima volta. Ci siamo abbracciati ed è stata un’emozione».
La guerra ha modificato il senso del testo?
«Dopo l’invasione russa in molti hanno cercato nuovi significati. C’è chi la ascolta quando è triste perché non può vedere sua madre, qualcuno ci legge un riferimento a tutte le mamme che si prendono cura dei loro figli per proteggerli dalle piaghe della guerra. Da una canzone sulla mamma è diventata una canzone sulla madrepatria».
Voi eravate parte della resistenza: lei Oleh con un’associazione di volontariato, Ihor preparava molotov. L’Esc vi ha quasi trasformati in ambasciatori: vi dà fastidio che si parli di voi più per questo che per la musica?
«Ognuno deve offrire il proprio aiuto per quanto è capace e i nostri strumenti sono la musica e la capacità di promuovere raccolte fondi. Sentiamo una grande responsabilità, ma crediamo anche che quello che stiamo facendo sia la cosa più utile per il nostro Paese. Abbiamo avuto un permesso speciale attraverso Suspilne, la tv pubblica, per poter venire a Torino e fare eventi promozionali in Europa. Sentiamo un sostegno forte dalle persone che incontriamo. Fan dell’Eurovision, gente normale e giornalisti si avvicinano a noi anche solo per condividere il loro pensiero sulla guerra. Ci dicono che sono colpiti dal coraggio e dal valore del nostro popolo, ci raccontano quanto sia doloroso assistere ai fatti, ci chiedono come poter dare aiuto».
La tragedia e gli orrori della guerra sono già filtrati nel vostro lavoro artistico?
«Pensavamo che il 24 febbraio sarebbe stato il giorno peggiore della nostra vita, ma più la guerra continua più terribili diventano i giorni, riempiti da sofferenza, sangue, morte e distruzione. Ogni giorno c’è una storia felice quando sentiamo la voce di familiari e amici e una storia triste quando guardi fuori dalla finestra o leggi di attacchi aerei, arrivo di carrarmati nemici, fucilazioni di civili in coda per il pane. Pensavamo che guerre e genocidi contro la nazione ucraina fossero solo nei libri di storia e mai avremmo immaginato che sarebbero tornati. Abbiamo canzoni in arrivo in cui si sentiranno emozioni e sofferenze. La musica aiuterà a far crescere lo spirito combattente di ogni ucraino».
Com’è stato improvvisare dei brani dal vivo in una piazza della Irpin liberata?
«Fa male pensare a quello che hanno passato e in quale condizione siano oggi. Ci ha spezzato il cuore vedere come Irpin fosse distrutta e vedere il dolore negli occhi di persone che hanno vissuto quegli orrori».
Il vostro progetto mischia rap e folklore ucraino. Come è nata l’idea e quale è il punto di equilibrio fra due mondi musicali così lontani?
«Da ragazzino ascoltavo rap, sognavo di essere come Eminem. L’idea di Kalush Orchestra mi è venuta un anno fa, mentre cercavo un flautista. Una volta in studio ho capito che il mondo doveva sentire questa musica. Abbiamo riportato alla luce il vecchio folklore ucraino dimenticato da generazioni e abbiamo aggiunto elementi moderni, una combinazione di quello che avevano i nostri antenati e quello che piace ai ragazzi di oggi».