Corriere della Sera, 30 aprile 2022
Giovanni Floris difende i talk
Giovanni Floris, è giusto dare voce in tv ieri ai No Vax, oggi ai Pro Putin?
«In linea di principio, sì. Ogni voce va ascoltata. I talk esistono proprio per questo: mettere a confronto idee diverse».
Ha notato che a volte sono le stesse persone?
«Certo; e la cosa non deve stupire. Il no ai vaccini e il tifo spesso inconfessato per Putin sono il frutto del medesimo fenomeno culturale e politico: l’opposizione al sistema. E come chiudere gli occhi di fronte a questo fenomeno? Come si fa a non raccontarlo?».
Non trova insopportabile il narcisismo da talk?
«Non confonda l’effetto con la causa. Quelli che lei chiama narcisi sono il prodotto della trasformazione del Paese; non l’origine».
Alcuni sono assurti al rango di personaggi di culto.
«Ci sono due filoni. Gli antisistema, che alla razionalità e alla sua banale semplicità oppongono l’idea del complotto. E allora c’è il complotto della scienza, che vuole imporci il vaccino; e c’è il complotto dell’Occidente, che vuole alimentare la guerra».
E l’altro filone?
«Mi pare ancora più interessante, anche perché finora se n’è parlato poco. È il filone iper-realista, o della convenienza».
Mi faccia un esempio dello spirito di convenienza applicato al vaccino.
«A me, che sono giovane, vaccinarmi non conviene, perché il Covid non mi fa nulla. L’idea che serva alla società, agli altri, non viene scartata; non viene proprio presa in considerazione».
E applicato alla guerra?
«Gli ucraini devono difendere o no il proprio Paese? Non gli conviene. Meglio far entrare Putin. Perderebbero la libertà? Pazienza; resterebbero vivi: è più conveniente. Non sto parlando di strategie per la pace, non voglio dire se sia giusto o sbagliato armare gli ucraini...».
Me lo dica invece: è giusto?
«Certo che è giusto armare i resistenti ucraini. Così come è giusto portare Putin al tavolo delle trattative, a costo di chiamarlo venti volte al giorno, come ha spiegato Macron nell’intervista al Corriere; altrimenti, se non lo chiamano i leader democratici, lo chiameranno gli asiatici. Bisogna contrastare la dinamica dell’escalation. La colpa dell’Europa è non aver disinnescato Putin prima che agisse incontrastato; ora sarebbe giusto che qualcuno dei tanti suoi amici che ho visto sfilare in questi anni gli telefonasse... Ma quel che a me interessa, come giornalista, è riflettere su un modo di pensare».
Cioè?
«La logica del conviene o non conviene sta prendendo sempre più il posto di giusto o sbagliato. Se ci fosse un equilibrio tra le due logiche sarebbe una buona cosa; se passa solo la prima, si salva il singolo, ma si trasforma il suo mondo. Diventa accettabile un mondo in cui muore il vecchietto, in cui si può cedere la libertà, in cui la convenienza decide chi e che cosa resta in piedi. La responsabilità collettiva, la libertà stessa diventano un limite; e abbatterlo apre le porte a un mondo che non è detto ci piacerà».
Che mondo sarebbe?
«Appunto: non avere più alcuna empatia per il partigiano morto per la libertà, a cosa porta? Fare il Covid in forma leggera, infischiandosene se intanto muoiono un po’ di vecchietti, a cosa porta? Forse alla salvezza di diversi singoli; ma probabilmente alla perdizione di molti. Di sicuro, alla dissoluzione dei soggetti collettivi: i sindacati, i partiti, in prospettiva i popoli. Tutto può diventare conveniente, anche far decidere della propria vita ad altri. Magari al dittatore, all’invasore. Dipende cosa offre in cambio. Ad esempio, la vita in cambio della libertà».
Non è sempre stato così?
«No. Noi da piccoli facevamo le file a scuola, o al militare, per farci vaccinare. I nostri figli, cui stiamo oggi dando l’esempio, si metterebbero nella stessa fila? Qualcuno di noi si è fatto ammonire per il bene della squadra, ed evitare un gol dell’attaccante avversario. I nostri figli lo farebbero? Lascerebbero l’ultima fetta di dolce alla madre? E di cosa sa il dolce, se te lo mangi tutto tu, e alla tua famiglia non lasci nulla?».
I politici che lei invita da anni al suo talk non hanno sempre avuto come bussola la propria convenienza personale?
«Certo; ma in un quadro generale. Ora si sta proprio perdendo il quadro».
Lei però ha i suoi ospiti preferiti. Ad esempio Bersani.
«Bersani possiede la chiave di Calvino: ti spiega con leggerezza le cose difficili».
Lei ha pure una passione per la Fornero.
«Una donna che si è messa in gioco, e a differenza di altri ministri di Monti non è sparita».
E poi Ilaria Capua.
«Lei, come Barbara Gallavotti, ha saputo spiegare la scienza con umanità».
Ma non trova che nei talk funzionino soprattutto le maschere, meglio se introdotte da una musica circense? Il garantista, il giustizialista, e domani perché no il domatore o la donna barbuta?
«È vero il contrario. Una puntata fatta di sole maschere andrà di sicuro male: come quei film dove capisci subito chi è l’assassino. L’ospite ideale è quello di cui non sai mai cosa potrà dire; e magari alla fine scopri che l’assassino è il detective. Non mi interessa la maschera; mi interessa il sincero. Puoi essere goffo, imbranato; ma se sei sincero il pubblico ti ascolterà».
Il suo pubblico è di sinistra?
«Fin dai tempi di Ballarò, ci hanno sempre seguito di qua e di là. Ora è meglio, perché non c’è più la divisione in due campi; lo studio è diventato ovale o poligonale, e possiamo leggere la realtà nelle sue varie sfaccettature. Perché i talk, al di là delle malevolenze, sono un luogo di approfondimento culturale».
La destra guarda Mediaset?
«Non solo la destra. Nicola Porro credo abbia un pubblico di moderati, di liberali. Ma sia Mario Giordano sia Paolo Del Debbio hanno molti spettatori di sinistra, o che una volta votavano a sinistra. Classi popolari. Tenga a mente che alcuni sondaggisti danno la Lega come il primo partito operaio d’Italia, molto sostenuto anche da chi fa volontariato».
La destra vincerà le prossime elezioni?
«È probabile; ma non so se riuscirà a governare. Dipenderà da Berlusconi. E tutte le volte che Berlusconi ha dovuto scegliere – da Monti a Draghi, dai vaccini alla guerra – ha scelto di stare con il sistema, contro i populisti».
Come va il suo duello personale con Bianca Berlinguer?
«I sardi non duellano. Ricorda il grido di guerra della brigata Sassari? Forza paris!».
E cosa vuol dire?
«Forza insieme».