La Stampa, 29 aprile 2022
Andrea Agnelli a ruota libera
La Juventus a 360 gradi. Tra verità, ritratti e programmi. Testo del presidente Andrea Agnelli, ospite a Milano dell’evento “Il Foglio a San Siro”. Subito un punto fermo: avanti con Allegri. «Il suo progetto è valido e di lungo periodo. Ha portato la solidità che avevamo chiesto, immaginavamo un anno difficile. La gara con l’Inter ci rammarica per lo scudetto, ma avere rimpianti è di buon auspicio per il futuro». Ad alimentare i gossip d’un ribaltone, un tweet critico del cugino Lapo Elkann: «Con lui scherziamo, ha la capacità di intervenire al momento giusto con battute interessanti. I bilanci si fanno alla fine, non dopo ogni incontro». Oltretutto è ancora in ballo la Coppa Italia e «ogni titulo conta», anche se il campionato resta il torneo più importante («Perché misura la forza nell’arco della stagione») e l’appeal della Champions è ineguagliabile.
Focus sui campioni esclusi o che meditano l’addio: «Dybala è un grande giocatore che ha dato tutto per la Juve. Certe decisioni sono figlie dei momenti, a dicembre pensavo che Vlahovic fosse impossibile. Le risorse sono limitate e bisogna scegliere dove investirle, abbiamo Vlahovic, De Ligt, Locatelli, Chiesa: fare un’offerta non consona non sarebbe stato corretto né per la società né per Dybala che cerca l’ultimo grande contratto. Del futuro di Chiellini parleremo a fine stagione: da tempo ha un posto assicurato in società, deve decidere quando». Dirigenti di ieri e oggi: «A Marotta voglio bene e in quel senso manca, ma in quel momento sono state fatte delle scelte. Sta andando molto bene all’Inter e noi abbiamo Arrivabene, un ad di alto livello. Con Steven Zhang ho un ottimo rapporto, posso dire di voler abbastanza bene all’Inter il che è particolare. Del Piero è sempre benvenuto: vive a Los Angeles e i ragazzi vanno a scuola lì, entrare in società vuol dire cambiare modo di vivere e lui è felice di quel che fa». Parla anche dei rumors che lo coinvolgono ipotizzando un cambio al vertice: «Non ci faccio caso: sono sereno, mi diverto e so cosa facciamo. La mia presidenza? Non amo fare bilanci: dopo ogni competizione si ricomincia da zero e si riparte con la voglia di arrivare davanti a tutti». Temi delicati, dalle plusvalenze («Abbiamo pieno rispetto degli organi inquirenti e ne esigiamo altrettanto. Siamo contenti che l’operato della società sia stato ritenuto corretto») alla Superlega: «Il progetto ha portato 12 club a firmare un accordo vincolante di 160 pagine, poi alcuni si sono spaventati di fronte alle conseguenze. Per andare avanti sevono spalle larghe e noi le abbiamo. La Uefa è un operatore monopolista perché accentra tutte le funzioni: regolatore, giudice, operatore commerciale. Non credo sia possibile e per questo ci siamo rivolti alla Corte di Giustizia Europea, ci appelliamo al principio di libera concorrenza. Il tempo sarà galantuomo. Ceferin? Il dialogo è interrotto: ha preso tutto come un attacco personale, ma non è così. Una Superlega di fatto c’è già: rischiamo di avere una Premier tutto l’anno e una da marzo a maggio. Il campionato inglese ha un fatturato da 4,2 miliardi all’anno e attirerà i giocatori più importanti».
Auspica uno stadio nuovo per le milanesi («San Siro ha fatto il suo tempo) e sorride sulla volata scudetto: «Spero in un suicidio collettivo di Inter, Milan e Napoli, tipo 2 punti in quattro partite e noi che le vinciamo tutte». Infine una riflessione sul calcio italiano ancora fuori dal Mondiale: «La generazione dei campioni 2006 è l’ultima cresciuta ancora per strada, oggi c’è bisogno di una scuola federale sul modello belga e francese. Una legge sullo ius soli sarebbe fondamentale, tanto talento adesso non è convocabile».