la Repubblica, 29 aprile 2022
La settimana corta piace più dello smart working
Cambiare lavoro non solo per guadagnare di più, o per stare vicino a casa, ma anche per imparare cose nuove o per trovare un nuovo equilibrio con i propri interessi e la propria famiglia. In un mondo in cui le competenze tecnologiche pesano quanto le soft skills – e c’è più spazio dunque per la creatività, la capacità di apprendimento e persino per chi ritiene che le lingue straniere siano ancora un valore aggiunto, anche se esistono i traduttori automatici – il 36% dei lavoratori conta di cercare una nuova occupazione nel prossimo anno. Oltre la metà ritiene che il proprio contributo andrebbe misurato sul valore, inteso come somma di impegno e risultati, e non più sul tempo. Mentre una larga maggioranza preferisce la settimana breve (di quattro giorni) allo smart working. Forse perché lo smart working a volte può diventare un modo per rintanarsi in casa o lavorare senza interruzioni, mentre la settimana di quattro giorni libera tempo, non importa se magari il lavoro concentrato pesa. Dall’indagine Swg-Reply per Italian Tech, testata multimediale del Gruppo Gedi (editore di Repubblica ) dedicata ai temi di tecnologia, futuro e innovazione, emerge un lavoratore che guarda con fiducia e interesse alle prospettive che nel futuro verranno offerte dalla tecnologia e da una diversa organizzazione dei tempi, dei luoghi e degli spazi. Se ne parlerà oggi, nel corso dell’evento “Digital progress. Le nuove competenze per il futuro del lavoro”, presso Talent Garden Roma Ostiense, dove si terrà a battesino la Italian Tech Academy, la scuola per acquisire competenze digitali nata per iniziativa di Italian Tech e in collaborazione con Talent Garden.
Anche se ormai più nessuno crede alla favola secondo la quale robot e algoritmi «ci libereranno dal lavoro e potremo dedicarci a quello che ci piace davvero», solo il 3% degli intervistati sottoscrive quest’affermazione. Quasi la metà ha in compenso un atteggiamento aperto verso le innovazioni, ritiene che le macchine faranno certi lavori e le persone ne faranno di nuovi. Questa percentuale, del 46%, viene però superata dalla somma (51%) di chi ritiene che molti lavori in futuro verranno svolti dalle macchine e le persone perderanno il lavoro, oppure che per competere con le macchine bisognerà accettare stipendi sempre più bassi.
Quando si chiede agli intervistati quali saranno le competenze più richieste sul mercato, viene dato un forte peso a quelle digitali ma anche al problem solving e alle capacità decisionali, oltre che all’apertura mentale, alla capacità di gestire lo stress, capacità di lavoro di squadra, di analisi e di interpretazione dei dati. Un 19% parla di predisposizione all’apprendimento, che per il 27% è pure la leva principale per cambiare lavoro (anche se prevale un prosaico 44% che intende cercare un’altra occupazione per ottenere uno stipendio migliore).
Come si spera che sia il lavoro futuro? Più autonomo: solo un terzo vorrebbe continuare a lavorare sempre per la stessa azienda, mentre il 67% sogna di cambiare con più frequenza, e il 62% di non avere più orari fissi. Il lavoro viene immaginato in spazi aperti, con leader empatici, e valutazione sui risultati. Un dato che sicuramente si lega alla maggiore diffusione dello smart working.
E in tema di smart working, è arrivato il via libera alla norma del Dl Riaperture (in fase di conversione alla Camera) che proroga al 30 giugno le tutele per i lavoratori fragili, escluse in un primo momento per problemi di copertura. Decisa inoltre la proroga al 31 agosto della procedura di comunicazione semplificata.