La Stampa, 28 aprile 2022
I numeri dei morti sul lavoro
In Italia si continua a morire sul lavoro. Anche quest’anno, la giornata mondiale per la salute e la sicurezza ci ricorda i numeri drammatici di questo Paese: tre morti sul lavoro e 1.500 infortuni ogni giorno, praticamente uno al minuto. Una piaga che sembra non trovare soluzione, nonostante tutte le risorse messe in campo negli ultimi mesi. Gli eventi tragici hanno coinvolto anche ragazzi giovanissimi, impiegati in fabbrica nel programma di alternanza tra scuola e lavoro.
Nel primo bimestre del 2022 le denunce di infortunio presentate all’Inail sono state 121.994 (+ 47,6% rispetto allo stesso periodo del 2021), 114 delle quali con esito mortale (+ 9,6%). Crescono le patologie di origine professionale che sono state 8.080 (+3,6%). E i numeri dei primi tre mesi, che verranno resi noti questa mattina, testimoniano che la Spoon River prosegue. C’è stato infatti un picco degli infortuni dovuto all’incremento dei casi da Covid: 48.790 contagi tra gennaio e marzo, con Milano, Torino e Roma che risultano le tre province più colpite.
Complessivamente, nel 2021, le denunce di infortunio erano state 555.236 (+0,2% sul 2020), 1.221 delle quali con esito mortale.
Il "costo" della sicurezza
La maggior parte degli infortuni avviene nelle piccole e medie imprese, dove la formazione è assente e si cerca di risparmiare pure sulla sicurezza.
Il presidente dell’Inail Franco Bettoni sottolinea come «la sicurezza, purtroppo, continua a essere percepita come un costo e non come un investimento e un fattore di successo in termini di competitività e produttività». La prevenzione è uno degli aspetti determinanti per la tutela della salute dei lavoratori, i sindacati lo sanno bene. «Siamo convinti che le relazioni sindacali siano decisive per arrivare a zero infortuni sul lavoro», dice il segretario dei metalmeccanici della Fim Cisl, Roberto Benaglia, che aggiunge: «Certamente per raggiungere questo obiettivo sono importanti gli investimenti in sicurezza, le assunzioni di nuovi ispettori, maggiori controlli e normative pubbliche sempre più stringenti, ma tutto ciò è decisivo dentro sane relazioni sindacali, come già si è dimostrato all’epoca della pandemia».
La stretta del governo Draghi
A ottobre dello scorso anno il Consiglio dei ministri ha approvato una stretta per le imprese che non rispettano le norme sulla sicurezza. L’imprenditore che viene pizzicato con il 10% di impiegati in nero incappa nella sospensione dell’attività.
C’è stato poi un ampliamento delle competenze degli ispettori, un maggior presidio su tutto il territorio nazionale e un coordinamento delle Asl. L’ispettorato nazionale del lavoro è diventato centrale nella lotta alle morti bianche e dovrà presentare, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione al Parlamento. L’organico degli ispettori dai quattromila attuali aumenterà di altre 2.500 unità da qui all’estate prossima.
I primi risultati hanno garantito un incremento delle verifiche in materia di caporalato del 411% e grazie ai controlli dell’Inl guidato da Bruno Giordano negli ultimi mesi sono state sospese 600 aziende per gravi violazioni, contro le 34 del 2021. Eppure la scia di sangue non si è fermata.
La strategia dell’esecutivo si è concentrata pure sull’implementazione delle banche dati. E’ stato messo a punto il Sinp, il sistema informativo nazionale per la prevenzione e la sicurezza negli uffici e nelle fabbriche. Anche le parti sociali vi possono accedere, alimentando i flussi con dati che riguardano il quadro produttivo, occupazionale e i rischi in un’ottica di genere.
Sul tavolo resta la proposta di istituire una Procura nazionale del lavoro, che potrebbe assicurare una maggior specializzazione degli inquirenti e un coordinamento migliore.
Cantieri far west
Con il boom del Superbonus al 110%, nelle città italiane i cantieri si sono moltiplicati in maniera esponenziale. Il presidente dell’Ance, Gabriele Buia, punta il dito contro «le 12 mila società che si sono iscritte alle Camere di commercio con il codice Ateco delle costruzioni, ma che in realtà con le costruzioni non hanno nulla a che fare». E così l’accelerazione anomala impressa al settore ha creato una situazione in cui diventa difficile reperire ponteggi, materiali e personale qualificato. E qualcuno se ne approfitta tagliando i costi della sicurezza.