Si tratta di un piano in parte già noto, dopo le visite di stato compiute nelle ultime settimane sia dal premier, sia dai ministri degli esteri Luigi Di Maio e della Transizione ecologica Roberto Cingolani in Africa. Oltre agli accordi per nuove spedizioni via nave, dagli Usa al Qatar. Ma che si allarga - ed è qui la novità - fino a comprendere anche il Medioriente.
La novità da Israele. Una parte del gas necessario a coprire le forniture russe potrebbe venire dai giacimenti al largo di Israele, dove è stato scoperto il “giant” Leviathan. La materia prima verrebbe spedita lungo il tubo che collega Israele con l’Egitto (denominato anche il “gasdotto della pace”) e da qui spedito via nave dopo essere stato liquefatto sulla costa nordafricana. Di fatto, l’Italia ha fatto valere la sua posizione al centro del Mediterraneo per giocare un ruolo centrale nei rapporti con Africa e mondo arabo. Anche grazie al ruolo di Eni: la controllata dal Tesoro è il principale produttore di idrocarburi nel continente africano.
Algeria, primo fornitore. Lo dimostra l’accordo raggiunto dal Draghi in Algeria: la società statale Sonatrach, aumenterà la sua disponibilità entro l’anno prossimo di ulteriori 9 miliardi di metri cubi di gas, diventando il principale fornitore dell’Italia. Ma potrebbero essere di più: l’Algeria rifornisce anche la Spagna, ma nelle penisola iberica i sei rigassificatori lavorano all’80-90% della capacità, aumentando la disponibilità di gas algerino.
Gli accordi con il Golfo. Ma non c’è solo l’Africa, come confermano le promesse di maggiori forniture incassate dal governo in Congo e Angola e il possibile coinvolgimento di società italiane per la realizzazione di un gasdotto che potrebbe portare il gas del delta del Niger in Algeria e da qui in Europa. Una parte delle forniture “alternative” arriverà via nave: dal Qatar ma - in futuro - da tutta l’area del Golfo, dove Eni ha costruito una rete di collaborazioni con i gli Emirati, ottenendo concessioni esplorative e partecipazioni in infrastrutture. Per reggere il ritmo dei nuovi arrivi di gas via nave, l’Italia dovrà dotarsi di almeno due nuovi rigassificatori: due navi attrezzate allo scopo dovrebbero essere ancorate al largo di Piombino e di Ravenna.
L’allarme del Copasir. La sostituzione del gas russo è, ovviamente, diventata una questione prioritaria, come si evince dalla relazione sul tema del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza nazionale. Oltre a sottolineare l’importanza dell’Italia nel Mediterraneo, il Copasir ha messo in evidenza «il ruolo che può essere svolto dalle aziende partecipate». E su questo c’è un passaggio significativo nella relazione perché le chiama in causa: «Vista la posizione del nostro Paese di ferma condanna dell’aggressione russa – scrivono – sembrano incoerenti, contraddittori e ambigui alcuni atteggiamenti da parte di aziende leader che non hanno operato una cesura immediata nei rapporti con le società russo, non recependo le indicazioni formulate dal governo». «Queste scelte – scrive il Copasir - appaiono discutibili e non possono trovare giustificazione facendo leva su argomenti che richiamano l’autonomia delle imprese o le logiche di mercato. Si è di fronte ad aziende di natura strategica che - proprio per la diretta partecipazione da parte dello Stato - sono vincolate a doveri più stringenti ». C’è poi un passaggio ancora più interessante. E riguarda le prossime nomine in alcune partecipate. «Si ravvisa l’esigenza che l’indicazione di soggetti per ricoprire ruoli di vertice non avvenga sulla base di selezioni operate da società private di consulenza aziendale, specializzate nel reclutamento di figure dirigenziali, ma siano sottoposti a modalità di selezione della massima trasparenza al fine di evitare qualsiasi condizionamento da parte di attori esterni». Niente società di cacciatori di teste, quindi. Potrebbero essere infiltrate.