La Stampa, 27 aprile 2022
La Francia e la telenovela sovranista
Da domenica sera, quella della sua sconfitta, Marine Le Pen resta in silenzio. Scossa dalla delusione, rimugina ed è arrabbiata, arrabbiatissima contro l’altro leader dell’estrema destra, Éric Zemmour, polemista e giornalista televisivo di successo. Per mesi aveva lanciato frecciatine contro la «collega», se non affermazioni altezzose durante interviste e comizi. Non solo: Zemmour aveva attirato nel suo nuovo partito, Reconquête!, esponenti in fuga dal Rassemblement National, la formazione di Le Pen, quando i sondaggi davano più forte lui di lei. Tra chi ha raggiunto Zemmour, perfino Marion Maréchal (che un tempo vi associava il cognome Le Pen), la nipote di Marine. Lì il tradimento è diventato pure familiare.
Da una decina di giorni, però, da quando si comincia a guardare alle elezioni legislative di giugno (il 12 e il 19 giugno), Zemmour e i suoi stanno bussando alle porte dell’Rn: solo con un’alleanza tra i due partiti, quelli di Reconquête! possono sperare in una rappresentanza in Parlamento, compreso Zemmour in persona. Marine rimane silente, ma per lei parlano i luogotenenti, con un «niet» generalizzato e sprezzante. Gliela vogliono far pagare a Éric (e a Marion), nonostante il fatto che, da un certo punto di vista, dovrebbero addirittura ringraziarli: Reconquête! ha attirato i politici e i militanti più estremisti di Rn, anche quei giovani con le facce da teppisti e le braccia tatuate che ancora si vedevano ai comizi di Le Pen poco tempo fa. Anche così lei è diventata più «rassicurante» e al primo turno ha conquistato il 23,5% contro un magro 7% per Zemmour, per poi assicurarsi il 41,5% al ballottaggio.
Proprio la sera del secondo turno, il brillante ex giornalista aveva pronunciato un discorso in tv, sottolineando: «È l’ottava volta che la disfatta colpisce il cognome Le Pen», una frase che Marine non ha apprezzato per nulla. «Siamo condannati a perdere? – aveva continuato -. C’è una fatalità per cui i difensori delle idee nazionali debbano perdere tutte le elezioni?». Insomma, finché ci sarà di mezzo il cognome Le Pen, non vi sarà niente da fare (osservazione, d’altra parte, che fanno anche tanti politologi). Subito dopo Zemmour aveva comunque invitato il «blocco nazionale a unirsi» in vista delle legislative. Lunedì ha postato un tweet, rivolgendosi direttamente alla donna: «Marine Le Pen, accettando la mano che le porgo, lei ha l’occasione di mettere fine al cordone sanitario che sterilizza il campo nazionale da quarant’anni. Facciamolo. Insieme». I toni sono decisamente cambiati, ma è troppo tardi.
Marine non ha risposto direttamente, ma attraverso il proprio stratega e cognato Philippe Olivier: «Chi è Zemmour? Colui che domenica sera insultava gravemente il cognome di Marine dinanzi a 15 milioni di telespettatori e che oggi ci prodiga un tweet mieloso». Quanto a Louis Aliot, sindaco di Perpignano ed ex compagno di Le Pen (la consigliò già una decina di anni fa di sdoganarsi dall’eredità del padre Jean-Marie), ha fatto notare che «Zemmour si deve sgonfiare la testa, che è enorme, e deve smetterla di insultare la gente». Per poi aggiungere: «Se davvero quel cognome lo disturba, cominci col separarsi da una Le Pen che ha voluto con lui, Marion». Ancora la nipote, ormai presenza imbarazzante per tutti. Ieri Sébastien Chenu, altro consigliere di Marine, ha confermato che Rn presenterà un candidato perfino contro lo stesso Zemmour, nel collegio dove si presenterà alle legislative. Secondo le proiezioni di Harris Interactive, calcolate sui risultati delle presidenziali, se Reconquête! non si allea al partito di Le Pen, a causa del sistema elettorale (maggioritario a due turni) alle parlamentari non otterrà neppure un deputato. Mentre il Rassemblement National da solo può ambire a un numero compreso tra i 75 e i 105. La forbice salirebbe a 117-147 se Rn accettasse di fare liste comuni con gli zemmouriani. Ma Marine non perdona, proprio non ce la fa. —