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 2022  aprile 27 Mercoledì calendario

I maxi stimoli di Pechino per riprendersi dai lockdown


PECHINO – Tre quarti dei 22 milioni di abitanti di Pechino si sono messi in fila ieri per il giro di tamponi deciso dalle autorità per eliminare il nuovo focolaio che si sta sviluppando nella capitale cinese ed evitare così un lockdown totale stile Shanghai. Dopo i test di massa nel distretto di Chaoyang, il governo ha deciso di includerne altri 11, praticamente l’intera città. Soltanto 22 i positivi nelle ultime 24 ore, cifre che fanno ben sperare anche se nuovi complessi residenziali e attività commerciali sono stati chiusi in vari quartieri con i residenti che non possono lasciare la zona. Sette le aree che sono ora designate come “a rischio medio”. A preoccupare è anche il duro colpo che la gestione del virus sta portando e porterà all’economia del Dragone. Che impatto sta avendo la politica Covid zero tanto cara al presidente Xi e come intende affrontare il Partito gli scossoni dei prossimi mesi, in questo che è un anno cruciale per il Pcc e il suo leader che in autunno cercherà un’inedita – terza – investitura?
Non incoraggianti i dati regionali appena pubblicati: 4 delle zone tra le più colpite dall’epidemia sono cresciute a numeri inferiori alla media nazionale: Henan (4,7%), Jiangsu (4,6%), Guangdong (3,3%), Shanghai (3,1%) e Tianjin (0,1%). A Shanghai la produzione industriale è scesa del 7,5% a marzo su base annua, il primo calo in due anni.
L’ingolfamento del porto più trafficato del mondo con i cargo al largo in attesa di entrare rischia di avere conseguenze sulle importazioni cinesi e le catene di approvvigionamento globali, anche se gli effetti saranno misurabili tra un mese, un mese e mezzo. Di certo c’è che il numero delle navi in attesa è aumentato del 35% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, viste le restrizioni sui movimenti che devono affrontare i camionisti. Da Shanghai passa il 14,4% dell’intero import della Cina e oggi i container in arrivo devono aspettare in media 12 giorni prima di poter scaricare e indirizzare la merce verso le altre città cinesi. Dall’11 al 20 aprile, scrive la rivista Caixin, il fatturato dei principali porti del Dragone è diminuito del 5,2% su base annua.
Tra frenate per i lockdown e la guerra in Ucraina ci sarà da aspettarsi un intervento a gamba tesa del governo con enormi stimoli. Qualcosa si capirà forse già nel fine settimana quando dovrebbe riunirsi il Politburo: di solito il meeting di aprile è dedicato all’economia. La performance economica del primo trimestre (+4,8%) – e le prospettive sull’anno – saranno in cima all’agenda, e potrebbero portare ad alcuni aggiustamenti per assicurare che l’obiettivo di crescita del Pil “intorno al 5,5%” per il 2022 sia raggiunto, anche se già la settimana scorsa l’Fmi ha fatto previsioni più cupe, tagliando le stime di crescita al 4,4%. Secondo gli analisti ci sarà un intervento delle grandi banche, che presteranno ma anche investiranno in titoli di Stato, facilitando le transazioni in valuta estera: la Banca centrale ha già abbassato i limiti di riserva. La stessa Pboc ha annunciato ieri che darà più sostegno alle piccole e medie imprese colpite dai lockdown.
Nel frattempo, preoccupata per la crescita e la sicurezza energetica, la Cina si ributta sul vecchio carbone. Quest’anno aggiungerà 300 milioni di tonnellate di capacità di produzione. Pechino aggiunge ogni anno, in gran parte per sostituire la capacità obsoleta, ma quella di quest’anno è superiore: nel 2021 furono 220 milioni. Un modo per prevenire crisi a breve termine (come quella dell’autunno scorso), ma che rischia di rallentare la strada verso la neutralità carbonica entro il 2060.
A Ordos, nella Mongolia Interna, nascerà una nuova miniera in grado di produrre 15 milioni di tonnellate. Un altro passo nella spinta ad aumentare la produzione interna, per ridurre la dipendenza dalle importazioni e garantire la fornitura di energia, visto che le altre risorse (petrolio e gas) devono fare i conti con le sanzioni alla Russia per la questione ucraina. Contemporaneamente il governo ha approvato la costruzione di sei nuovi reattori nucleari, per ridurre le emissioni.