la Repubblica, 27 aprile 2022
Un decalogo per le chat di classe
ROMA – Separare le chat, tra studenti, prof e genitori. Limitare gli stickers, le emoticon, le emoji, i meme. Lasciare voti e giudizi sul registro elettronico invece che su Whatsapp. Evitare i vocali, tanto più se di dieci minuti. Inviare informazioni e comunicazioni urgenti. Ma la notte no. Ecco il galateo minimo di regole per gestire i gruppi social a cui stanno pensando gli addetti ai lavori. Perché è un classico: sono le 3, è domenica, è un festivo, “Din!”. il cellulare suona ancora. «Prof, non ho capito l’esercizio». «Scusate ma io non abbasso i toni manco per nienteee». «Grazie», «ok», «evviva», «sììì», pollicione, faccina che ride, unicorno, faccina che fa festa.
Nella giungla delle chat scolastiche in cui convivono studenti, genitori, presidi e prof si avvicendano h24 compiti, uscite anticipate, laboratori di teatro, collette, inviti alle feste, auguri, foto, video, tamponi, sbrocchi, insulti, treni che non passano, gite che saltano. “Oh no”, “oh noo”.
L’unica regola oggi è che, quasi ovunque, non ci sono regole. C’è chi vorrebbe bloccarle, altri riformarle, il ministro all’Istruzione Patrizio Bianchi ha detto che vietarle è sbagliato, e così gli studenti. In attesa di una disciplina nazionale, qualcuno ha già provato a darsi un contegno. Ma pure lì è un ginepraio di norme: scuola che vai, regolamento che trovi.
«Uno: non spammare con stickers. Due: evitare saluti, auguri e convenevoli. Tre: non scrivere di continuo “ok”, “yes”, “yep”, “wow”, pollici all’insù, faccine. Quattro: avitare le gare in chat per restare svegli di notte. Cinque: No ai vocali. Sei: non alimentate l’entropia». La netiquette della scuola media Borsi di Livorno ha una regola per tutto.
Ancora più rigido il decalogo dell’istituto comprensivo Ronchi di Cellamare, Bari: vietati gruppi genitori/ docenti, niente numeri di telefono condivisi, no ai voti e ai giudizi via chat. All’Iis Bramante di Roma «le chat di classe tra genitori e docenti non dovrebbero esistere assolutamente», «i genitori dei minorenni» sono invitati «a cancellare l’iscrizione ai gruppi, se cancellare Whatsapp o Facebook è eccessivo».
Ancora: alla primaria Fermi di Rimini la chat tra genitori «dovrebbe essere riservata esclusivamente a situazioni amicali e per informazioni non reperibili altrimenti». Mentre «i docenti devono astenersi dal partecipare». Il prontuario del comprensivo di Macerata Campania, Caserta, vieta foto e video. Al Carchidio Strocchi di Faenza le chat, invece, sono pure «un valido strumento per fare squadra e informare delle feste ma adesioni, regali, ringraziamenti e foto vanno fatti in privato». Chi comanda? Il rappresentante, «riportando nei binari chi supera i limiti». E gli insegnanti? Fuori.
La maggior parte delle scuole però è No vad: senza vademecum. I presidi dell’Anp del Lazio hanno deciso di mettere mano al codice deontologico, l’ultima versione è del 2012: Whatsapp era un bambino di appena tre anni. L’intenzione è stilare linee guida nazionali. «Nulla di perentorio – giurano – solo suggerimenti che possono aiutare docenti e dirigenti» a sopravvivere. L’ira dei sindacati e dei ragazzi è dietro l’angolo. Dice Pino Turi della Uil Scuola, «pensare che il codice si trasformi in divieti e sanzioni ci sembra sbagliato». La Rete degli studenti: «Serve educare alla tecnologia, non disincentivarla».
Valentina Petri, prof di italiano e blogger, spiega: «Manca il buon senso, soprattutto quello degli adulti: i genitori sono incontenibili». «Il numero di telefono» però «non è un segreto di Stato». «Io – racconta – ho una chat con i miei studenti. In pandemia è stata una salvezza pronta a trasformarsi in demonio, per questo ho stabilito regole a monte». Tornare indietro? «Rischioso: ora i ragazzi non ci vedono più come vecchi che incidono sulla pietra». L’importante, dice Daniele Novara, pedagogista, è spiegare «che i problemi scolastici non si affrontano sui social, che prima di urlare al lupo al lupo occorre informarsi, che non è legittimo utilizzare queste nuove forme di sharing tecnologico per scaricare frustrazioni e rancori».
Certo, con il cellulare facile che ognuno faccia come vuole e non si può nemmeno bannare il “ribelle” del gruppo. Ma la stretta è alle porte. Genitori, studenti, docenti e presidi ne parlano. Su Whatsapp, ovviamente