la Repubblica, 27 aprile 2022
I carabinieri spacciatori
Latina – «Per i primi tempi voleva solo sequestrà e mi dava i pensierini, poi ha cominciato a chiedermi ma facciamo più sequestri, così esce qualche soldo». Prima la cocaina consegnata in caserma in cambio di soffiate e poi pure “la stecca” sui guadagni dello spaccio. Quello descritto alla Dda di Roma dal pentito Maurizio Zuppardo è un sistema inquietante che sarebbe andato avanti per undici anni all’interno della compagnia dei carabinieri di Latina, messo su da alcuni militari, ufficiali compresi, che sarebbero arrivati al punto di falsificare i verbali di sequestro della droga per consegnare parte della sostanza stupefacente all’attuale collaboratore, loro confidente, per fare più arresti. Ricevuti gli atti, il procuratore capo di Latina, Giuseppe De Falco, e il sostituto Valentina Giammaria hanno aperto un’inchiesta a carico di undici indagati, dei quali nove carabinieri, formulando 35 capi d’accusa e ipotizzando i reati di corruzione, spaccio, peculato, falso, abuso ufficio, concussione, furto e violazione della legge armi. E per sei investigatori hanno chiesto l’arresto. Una vicenda delicata, in cui lo stesso comando provinciale di Latina sta collaborando affinché venga fatta chiarezza, e che ha visto impegnati negli accertamenti i carabinieri del Nucleo investigativo di Roma che si sono occupati delle indagini sui colleghi coinvolti nel caso Cucchi. Per gli inquirenti un’attività che ha consentito, analizzando numerosi documenti, ascoltando i testimoni e intercettando gli stessi investigatori, di trovare riscontro alle accuse del pentito, in passato già ritenuto attendibile in tre inchieste sul clan rom Di Silvio.
«Io davo le dritte a lui, lui faceva il sequestro, a me me dava un quantitativo», ha specificato Zuppardo parlando di uno dei militari indagati. Ha assicurato che la droga sottratta ai sequestri gli veniva consegnata nella caserma “Vittoriano Cimmarrusti”, nel centro del capoluogo pontino: «C’era il solito mobiletto con il cassettino della droga, dove loro mi davano sempre quello che sequestravano». In un caso, avendo fatto bloccare un carico di marijuana proveniente dall’Olanda, avrebbe addirittura ricevuto un chilo di erba: «Mi diede il pacchettone». Poi ci sarebbe stato chi gli avrebbe chiesto anche parte del denaro. Il collaboratore ha parlato del vice brigadiere Camillo Marino e aggiunto che era a conoscenza di quelle vicende anche l’attuale maggiore Camillo Meo, andato poi a comandare la compagnia di Sassuolo, entrambi indagati e per i quali è stato chiesto l’arresto, negato dal gip non ritenendo attendibile Zuppardo, ma su cui, alla luce di un dettagliato ricorso, dovrà pronunciarsi il Tribunale del Riesame di Roma. Su Marino il pentito ha anche detto: «Un carabiniere può guadagnà 1.400-1.500 euro al mese, non puoi farti nel 2008 una Golf ultimo tipo che costa 30-40mila euro e una casa nuova. Ogni volta che andava a sequestrà lui qualcosa spariva la roba, sparivano i soldi e la cocaina». Un altro vice brigadiere indagato, parlando al suo attuale comandante ha poi ammesso: «Con Zuppardo si pesava». Facendo intendere che parte della droga andava al pentito. Ancora, parlando di Zuppardo: «E che potrà dire! Glielo dico io... che lui faceva fare gli arresti ai carabinieri e alla polizia e una parte della roba che sequestravano andava a lui». C’è tensione tra gli indagati. L’attuale capitano Antonio Calabresi, ora in servizio ad Ardea, è stato intercettato mentre diceva: «A volte mi viene il pensiero di farla veramente finita». Meo è stato invece ascoltato mentre, telefonando al procuratore De Falco, diceva: «Qualsiasi cosa io ho i mie fidati qua». Indicando però i nomi di due degli indagati. Un maresciallo a Calabresi: «Comandà voi parlate dell’arresto, l’arresto è legittimo...quello che c’è dietro l’arresto, è chill lu problem’». E proprio quello che c’è dietro è quanto stanno cercando di scoprire sia i pm che l’Arma, che intanto ha tolto agli indagati gli incarichi operativi.