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 2022  aprile 27 Mercoledì calendario

Le armi che possono fermare i russi

nuovi tank e i razzi possono bastare
per fermare i russi
I vertici del Pentagono da Ramstein avvertono che il «tempo gioca in favore della Russia» e dunque l’aiuto in favore di Kiev deve essere rapido. A coordinarlo Eucom, il comando Usa in Europa, e l’International Donors Coordination Center, entrambi a Stoccarda, Germania.
L’Armata russa attacca a sud ed a oriente usando tutta la sua potenza di fuoco. Martella trincee e postazioni, un tiro pesante. Ammorbidisce e distrugge in vista di un assalto. Al tempo stesso prova a mantenere le «distanze» per subire meno perdite. La resistenza ha bisogno di rispondere. Da qui la fornitura, solo nelle ultime settimane, di «pezzi» analoghi. I cannoni trainati o semoventi, lanciarazzi multipli con proiettili guidati capaci di ingaggiare l’invasore sul lungo raggio. Usa, Canada, Olanda sono stati tra i primi a impegnarsi. Poi francesi e Paesi dell’Est. Per essere efficace l’artiglieria richiede una buona ricognizione: i radar da scoperta (garantiti ancora da americani e olandesi). I droni-kamikaze (Switchblade, Phoenix Ghost) e d’attacco (TB 2 turchi) hanno accresciuto le capacità.
L’attacco
Si è a lungo discusso sulla possibilità di consegnare carri armati, c’erano dei dubbi (solo iniziali). Gli alleati si sono rivolti di nuovo agli Stati confinanti, come Polonia e Slovacchia, che hanno messo a disposizione tank identici a quelli già impiegati dall’esercito di Zelensky. Scelta logistica e «conveniente», per non sprecare altri giorni nel training. Ora però si parla di mezzi di concezione occidentale. La compagnia tedesca Rheinmetall ha offerto a Berlino decine di Leopard attualmente nei depositi (Italia e Svizzera). Modelli 1 e 2. Si ripropone in questo caso il tema training, per quanto veloce richiede settimane. Vedremo. Londra ha invece proposto la soluzione «scambio circolare»: passa i suoi Challenger 2 ai polacchi e loro aumentano il lotto di T-72 a Kiev. Quindi sono stati schierati o promessi blindati di vario tipo. I Bushmaster australiani, vecchi M113, Mastiff britannici. I corazzati sono «scudo» e «lancia»: contrastano l’avanzata, servono per il contrattacco. La Nato ritiene che l’aggredito non solo è in grado di «non perdere» ma potrebbe anche vincere. Valutazione che tuttavia non trova tutti d’accordo.
La copertura
La copertura anti-aerea è indispensabile. L’alleanza ha consegnato missili Stinger, Mistral, Starstreak e Strela (quest’ultimi acquistati nell’Est Europa) per le basse quote e S300 slovacchi. Decine i velivoli abbattuti. Servirebbe molto di più. La Germania – è la novità di queste ore – ha dato luce verde per un certo numero di blindati Gepard (due mitragliatrici con radar). Nelle scorse settimane è stato invece massiccio l’invio alleato degli anti-tank portatili (Javelin, NLAW, AT 4) e di alcuni anti-nave. Quanto alla componente aerea il supporto è stato meno intenso: pezzi di ricambio, forse qualche vecchio Mig polacco, una pattuglia di elicotteri Mi-17.
La logistica
L’aumento del flusso comporta problemi di trasporto e sicurezza. Infatti la Russia ha iniziato a colpire in modo sistematico gli snodi ferroviari nel centro e nell’ovest, azione affidata a cruise lanciati da grande distanza. Sono i treni, insieme ai camion, a trasportare i carichi. I russi proveranno a distruggere binari, stazioni e i magazzini (magari mimetizzati) che ospitano il materiale. Enorme la domanda per le munizioni, con alcune imprese a gestire l’appalto rivolgendosi sempre all’Est. Riappare la questione delle scorte (per gli Stinger) e della produzione, le industrie sono mobilitate, si stabiliscono tabelle di marcia, ma nessuno ha idea di quanto il conflitto possa durare. C’è sempre il fattore tempo che può diventare determinante.