il Fatto Quotidiano, 27 aprile 2022
Consip, la versione di Marroni
Alla fine, la domanda politicamente più sensibile, dopo sette ore di interrogatorio del testimone chiave del caso Consip, non la fa il pubblico ministero, ma il presidente del collegio giudicante. Luigi Marroni, l’amministratore delegato di Consip dal giugno del 2015 al giugno del 2017, ha raccontato ieri come era stato nominato da Matteo Renzi e soprattutto come è stato rimosso dal governo Gentiloni (mediante le dimissioni del resto del Cda) all’improvviso, dieci giorni dopo aver confermato le accuse contro Luca Lotti e anche quelle contro Carlo Russo che coinvolgevano Tiziano Renzi. Effettivamente Lotti lo ascoltava ieri dal banco degli imputati proprio perché Marroni nel 2017 confermò ai pm di Roma quel che aveva già detto ai pm di Napoli sei mesi prima, e cioè di avere ricevuto anche dal ministro una soffiata sulle indagini in corso a Napoli su Consip. Marroni ieri in aula ha ribadito la sua versione su Lotti e Tiziano, ma ha raccontato anche altro. Per esempio quel che gli disse Lotti su Denis Verdini: “Nel gennaio del 2016 incontrai l’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e mi disse di essere gentile con Verdini, che ci tiene su il governo”.
Però la cosa politicamente più delicata (anche se sotto forma di sua deduzione) Marroni l’ha detta alla fine dell’udienza in risposta a una domanda del presidente del collegio giudicante. Il testo che segue non è la riproposizione della domanda. Per quella si dovrà far riferimento a Radio Radicale, quando sarà tutto online. Qui rendiamo volutamente più schietta la forma per rendere più chiaro il senso della domanda del giudice: “Caro dottor Luigi Marroni, lei ha appena raccontato alla Corte davanti agli imputati Alfredo Romeo, Luca Lotti, Emanuele Saltalamacchia e ai giornalisti (pochi) e avvocati (tanti) presenti che, quando era Ad di Consip, fu pressato pesantemente da Carlo Russo. Questo giovane amico di Tiziano Renzi le chiese sostanzialmente di aiutare una società privata, della quale lei non ricorda il nome, a vincere la gara più grande d’Europa per la manutenzione degli uffici pubblici dell’Italia intera, divisa in lotti. Caro dottor Marroni, ci ha appena raccontato qui in aula Occorsio del Tribunale che fu Tiziano Renzi a chiederle in due occasioni di incontrare il suo amico Russo e di ascoltarlo perché era una persona a cui teneva. Un paio di avvocati oggi le hanno chiesto giustamente perché, dopo aver ricevuto quelle pressioni, lei non ha reagito. Eppure, ci ha riferito oggi in aula ‘Russo mi disse che il mio destino professionale sarebbe dipeso da ciò che avrei fatto. Rimasi sorpreso, frustrato e umiliato da quelle minacce. Ero preoccupato e in effetti poi è andata come diceva Russo, perché alla fine sono stato cacciato e non ho più trovato un lavoro’. Ebbene, dottor Marroni, dopo quelle pressioni lei ha continuato a incontrare Russo e ha risposto persino con un abbraccio via sms ai suoi auguri di Pasqua. Eppure aveva subito pressioni gravi. Perché è stato zitto? Agli avvocati ha risposto che il suo azionista di riferimento era il governo e che, per capire come comportarsi, aveva chiesto a Filippo Vannoni (allora presidente di una municipalizzata fiorentina, figura chiave del cosiddetto ‘Giglio magico’ legato all’ex sindaco di Firenze Renzi, allora collaboratore retribuito dal governo a Roma e di fatto interlocutore di Marroni sulle questioni Consip di interesse del governo, Ndr) cosa fare. Lei ci ha riferito che Vannoni le chiese di attendere perché doveva sentire qualcuno. Poi tornò da lei con la risposta seguente: ‘Gestiscilo’. Cioè, lei oggi ci ha detto che non ha denunciato le pressioni di Russo perché questo autorevole soggetto con il quale Vannoni aveva parlato gli avrebbe sostanzialmente detto che la cosa giusta da fare di fronte alle pressioni di Russo (sponsorizzato da Tiziano Renzi) era ‘gestirlo’. Non denunciarlo o metterlo alla porta. Giusto? Ecco, caro Marroni, ma chi era questo autorevole personaggio che disse a Vannoni di consigliarle di gestire Russo?”.
Questa breve domanda (senza la lunga premessa che è solo una nostra sintesi di quanto avvenuto prima in aula a beneficio dei lettori) è stata posta non dal pm, non dagli avvocati, ma dal giudice. Perché per fortuna c’è un giudice a Roma. Si chiama Paola Roja ed è il presidente del I Collegio della VIII Sezione Penale del Tribunale di Roma che sta giudicando Tiziano Renzi per traffico di influenze illecite con altri coimputati per il caso Consip. La risposta di Marroni è stata all’incirca questa: “Io ho sempre pensato che avesse parlato con il figlio di Tiziano Renzi, cioè con Matteo Renzi”. Ovviamente quello che ha detto Luigi Marroni è solo un suo pensiero, una deduzione. Non esiste alcuna prova che Vannoni sia stato a parlare con Matteo Renzi delle pressioni ricevute dall’amico di Tiziano Renzi prima di dare quella risposta a Marroni stesso. Però se fosse andata davvero così, il senso politico del caso Consip cambierebbe un po’. Dopo l’affermazione di Marroni in aula, ieri nessuno gli ha chiesto perché lui avesse pensato a Matteo Renzi. Il presidente Paola Roja ha aggiornato l’udienza a domani quando Marroni sarà contro-esaminato dai legali che difendono Alfredo Romeo. Sarà l’occasione per chiedere qualche cosa in più sul punto.