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 2022  aprile 27 Mercoledì calendario

Intervista a Zucchero

nostro inviato a Verona
Intanto lui ci impiega poco, giusto un paio di brani e tutta l’Arena di Verona si riaccende come se niente fosse stato, come se la musica non fosse stata spenta dalla pandemia per più due anni. Spirito nel buio. Soul mama. E pubblico subito in piedi. Zucchero ha iniziato l’altra sera una serie di 14 concerti che lo terranno all’Arena di Verona fino all’11 maggio. «Avevo paura non ci foste e invece, porco il demonio, siete tutti qua». Evvai. Posti esauritissimi, due ore e mezza di musica suonata per davvero da «una delle migliori band in circolazione al momento» come dice scherzosamente sul palco prima di raccontarsi in santa pace a fine concerto, mostrando la sua (irresistibile) parte conviviale: «Amo il blues perché sono tormentato, ma ho pure una parte gaudente». Dopo Verona, ritornerà all’estero (a parte qualche data a luglio in Italia) per altre decine di show in ogni parte del mondo, Kuala Lumpur compresa.
A proposito di mondo, suonerà anche in Russia?
«Avevamo previsto una serie di date a Mosca, Kiev, Minsk, San Pietroburgo eccetera. Il pubblico russo mi è molto fedele ma, onestamente, non mi sembrava il caso di suonare lì. È iniziata questa ca**o di guerra e mi chiedo se la gente avrà ancora voglia di sentir musica».
In ogni caso il conflitto cambia anche la musica.
«A me non piace fare il politico, ma ci sono alcuni brani come Sarebbe questo il mondo o Ci si arrende che si adattano bene a questa realtà. E nell’introduzione di Madre dolcissima ho modificato la frase «gli albanesi seppelliscono i nuovi morti per timori di nuove rappresaglie»: al posto di albanesi ho messo ucraini. Dentro di me sono più incazzato di tanti rocker che fanno gli impegnati».
I Maneskin hanno pubblicamente mandato al diavolo Putin. Lei cosa farebbe?
«Mi viene voglia di adattare un mio vecchio brano trasformandolo in Putin, che ca**o fai. Ma io sono soprattutto un clown che magari punta il dito, ma poi usa l’ironia. Ad esempio, ho iniziato i concerti all’Arena proprio il 25 aprile e mi è anche passato per la testa di fare Bella ciao. Ma poi ho evitato».
Il 29 maggio suonerà a Berlino con Eric Clapton, che è praticamente diventato un eroe dei no vax.
«Ricordo quando venne ad ascoltarmi ad Agrigento perché obbligato dalla sua (allora) compagna Lory Del Santo. A fine concerto mi propose di aprire il suo tour europeo e lì la mia carriera è cambiata. Però Eric è un uomo molto fragile e sensibile. Ha fatto il vaccino, ha avuto reazioni avverse e, come hanno fatto anche Van Morrison o Tom Jones, ha preso posizioni che rispetto ma non giudico. Per quanto mi riguarda, a me il vaccino non ha provocato alcuna conseguenza negativa».
Invece la rivoluzione discografica che effetti ha sulla musica?
«Per un artista di adult contemporary music come me o, tanto per fare un esempio, Elton John è difficilissima».
Quindi?
«Ho sempre meno fiducia nel disco come espressione principale di questo mestiere. Miei dischi come Oro incenso e birra oppure Miserere superavano i due milioni di copie solo in prevendita. Oggi, se va bene, si arriva a centomila in totale. Qualche social confident raggiunge i 180mila, ma è nulla rispetto al passato. Certamente farò ancora dischi, ma li farò a modo mio. Il futuro è il live».
A tutti i costi?
«Sì voglio suonare ovunque sia possibile, e non importa quanto pubblico c’è: tremila, diecimila, dodicimila. Va bene lo stesso, l’importante è presentare la mia musica».
Un «effetto Rolling Stones»: grande repertorio, presenza scenica, pubblico fedele.
«Tra l’altro siamo già sulla buona strada per una collaborazione con loro» (difficile un duetto nella data di San Siro del 21 giugno, più probabile da qualche altra parte del tour europeo – ndr).
A proposito, sul palco lei ha presentato una corista con un carisma e una voce che ricorda quella della meravigliosa Lisa Fischer del duetto con Jagger in Gimme shelter.
«Si chiama Oma Yali, ha fatto The Voice in Francia e, quando l’ho sentita su You Tube, ho capito quanto vale».
La nuova generazione. Come i Maneskin.
«Sono una ventata di freschezza. Musicalmente continuano una strada aperta già da band come i Led Zeppelin, ma ci voleva una cosa del genere, erano diventati tutti perbenisti».
Zucchero, a 66 anni dovrà stare attento a mantenersi in forma.
«Eh se avessi un fisico come Damiano dei Maneskin».
Beh magari palestra, strechting...
«Ma per l’amor di dio».
Il tapis roulant?
«Figurarsi. Per me il massimo è dormire tanto, anche per preservare la voce. E poi al risveglio fare un po’ di sesso».