Giancarlo Dotto per “Diva & Donna”, 26 aprile 2022
“AL ‘CORRIERE’ E A ‘REPUBBLICA’ MI DICEVANO: METTITI IN FILA, RAGAZZINA. FAI LA TUA GAVETTA. ORA MI CERCANO” - VITA, AMORI E BOSONI DI GABRIELLA GREISON, LA “ROCKSTAR DELLA FISICA”, SCRITTRICE, PERFORMER, DIVULGATRICE SOTTO OGNI SPECIE: “HO UNA MEMORIA EIDETICA. LEGGO E ASSORBO TUTTO, SOLO A GUARDARE LE IMMAGINI. DEVO STARE ATTENTA A QUELLO CHE LEGGO. DEVO SELEZIONARE. A UN CERTO PUNTO STAVO SPROFONDANDO. SOLO PORTE IN FACCIA. NON C’ERA MAI STATA UNA DIVULGATRICE DONNA. PER DI PIÙ CARINA E BEN VESTITA” - IL VINO, IL ROCK E LA PARENTESI DA GIORNALISTA SPORTIVA: L’INTERVISTA DI GIANCARLO DOTTO
Non passa inosservata. Si affaccia puntuale nella hall dell’albergo in tacchi alti e completo rosa bubble-gum, la rossa con gli occhi verdi.
Ha trovato il tempo di cambiarsi dopo essere stata sul set del nuovo film di Giovanni Veronesi, dove fa da supporto come consulente scientifica.
Vive a Milano ma, essenzialmente, è una donna in continuo movimento. Origini genovesi, di sangue scozzese, dall’isola di Skye, una perla sull’Atlantico nella costa nord-ovest del Regno Unito.
Antenati erratici almeno quanto lei, navigatori per lo più. (“Sono andata a cercarli in Scozia, ma non li ho trovati, si sono tutti sparpagliati nel mondo”).
La rockstar della fisica italiana (copyright di Ozy, il noto magazine californiano, dopo un suo monologo in lingua inglese a San Francisco) è alle prese, tra l’altro, con il suo nuovo libro per la Mondadori, uscita prevista a gennaio 2023.
Su Wolfgang Pauli, uno dei padri fondatori della meccanica quantistica. “Un genio che amava la vita, andava a bordelli e beveva whisky” racconta lei che, in quanto a carburante, al whisky preferisce un calice, meglio due, di vino rosso.
Complicato circoscrivere una come Gabriella Greison. Laureata a pieni voti in fisica nucleare, un master alla prestigiosa Ecolé Polytechnique, un bizzarro intermezzo come giornalista sportiva, attratta dall’idea di raccontare i miti sportivi aspettando di farlo con quelli della fisica, scrittrice, performer teatrale, divulgatrice scientifica sotto ogni specie, teatro, podcast, libri, articoli, radio e televisione.
Creatura proteiforme e un’ossessione piantata come un chiodo nella testa dove alloggia un quoziente d’intelligenza di 157, appena sotto a quello di Einstein, (per capirci la media degli umani è tra gli 80 e i 90): la fisica. I suoi intrattenimenti fanno da anni il tutto esaurito nei teatri italiani e non solo, parlando di meccanica e sovrapposizione quantistica. Un’opera permanente. Pura passione in continuo svolgimento. Un vortice. Greison potrebbe essere il nome di un tornado, una tempesta perfetta. Fosse nata ai tempi di Torquemada, sarebbe stata certamente legata a un palo e bruciata viva. Non per eresia, ma per eccesso di fiamma. Sarebbe stata la vittima, la fiamma e il rogo allo stesso tempo. Il fuoco di Eraclito, che tutto brucia e tutto trasforma, a partire da se stesso.
Donna rara, inafferrabile, come le fluttuazioni delle particelle, quando è diventato riconoscibile il tuo destino? “Da bambina smontavo tutto. La curiosità irrefrenabile di scoprire come erano fatte le cose. Inizia tutto così”.
Smontavi anche oggetti utili? “Certamente. Televisori, radio, elettrodomestici vari. Ma poi non sapevo rimontarli. I miei mi sgridavano di brutto. In seguito ho capito che lì c’era il mio destino. Quando sei sgridato da bambino, quello è il tuo destino”.
Che altro? Chiedevo cos’era la relatività e mi rispondevano: “Buona piccola, lo capirai da grande”. Ma perché dovevo aspettare di diventare grande?”.
Diventi grande. La laurea in fisica nucleare. Il master alla prestigiosa Ecolé Polytechnique in Francia. “Una scuola militare dove si forma l’eccellenza francese. Volevo fare fisica 24 ore su 24. Facevo esperimenti con il laser, nelle camere a nebbia. Francois Amiranoff, il mio docente, mi raccontava storie che non avevo mai sentito dei grandi della fisica”.
Da lì in poi? “La fisica è un ponte di pace. Un mondo fuori dal mondo. Tutto questo lo voglio portare in Italia, mi dicevo. Ragazza spocchiosa, andavo a proporre le mie cose ovunque”.
Spocchiosa non è il termine giusto. “Diciamo sfacciata, allora. Ventenne, andavo a proporre il mio progetto di divulgare la fisica al Corriere della Sera e a Repubblica”.
E loro? “Mettiti in fila in ragazzina, aspetta il tuo turno. Fai la tua gavetta. Fu Radio Popolare la prima a darmi fiducia. “Impara a usare il mixer e fatti il tuo programma di fisica. Mi facevo un culo così. Pagata zero”.
Qualcuno t’incoraggiava all’epoca a seguire i tuoi sogni? “Margherita Hack. Veniva al mio programma e m’invogliava in tutti i modi. Con lei mi divertivo come una matta”.
Nel frattempo, ragazza eclettica, ti sei ritrovata a scrivere anche di calcio. “Mi assegnarono anche uno spazio sportivo. La mattina insegnavo fisica nelle scuole e facevo la guida turistica nel museo della scienza e della tecnica di Milano, il pomeriggio parlavo e scrivevo di sport”.
Appassionata di pallone? “Una parentesi. Scrivere dei grandi dello sport, studiare gli agiografi di Messi e Ronaldo, mi ha preparato a raccontare i grandi della fisica del ventesimo secolo. Volevo scrivere come Hemingway. Lo emulavo. Ma, fare la guida nei musei è stata la mia grande palestra”.
In che modo? “Raccontare storie a gente che aveva pochissime nozioni di fisica e vederli incantati, appesi alle mie labbra. Lì è partita la scintilla”.
La sfida. Parlare di “funzione d’onda” nella microfisica e farla diventare un concetto comprensibile. “Una volta che entri nel ragionamento della fisica quantistica non ne esci più. Diventa un modo di vivere e di vedere il mondo. Bob Dylan aveva trovato la sua religione nella musica, io nella fisica”.
Lo trovi a suonare, Bob Dylan, alla sua età, nelle cantine più assurde del pianeta. “Einstein, nei suoi ultimi anni, non faceva più conferenze strapagate per migliaia di persone, ma andava nel Bronx e insegnava ai neri, davanti a una ventina di ragazzi, e parlava con ognuno di loro”.
Tu, “rockstar della fisica”, hai una passione per il rock. “Uno dei momenti più eccitanti è stato nel 2015, all’Auditorium di Roma, quando alla destra del mio camerino c’era quello di Patti Smith. Ti rendi conto?”.
Una parentesi utile, scrivere di sport. “Mai lasciata del tutto la fisica, ma dovevo staccare. Quando arrivi a studiare certe cose ti coinvolge troppo la testa. Non vedi più quello che gli altri vedono. È successo ai più grandi. Pauli, Schrodinger, Bohr, lo stesso Einstein”.
Hai chiuso con le storie dello sport? “Ho dovuto. Ho una memoria eidetica. Leggo e assorbo tutto, solo a guardare le immagini. Leggo di come cresce l’orchidea e me lo ricordo. Devo stare attenta a quello che leggo. Devo selezionare”.
Non è stato tutto facile. “A un certo punto stavo sprofondando. Solo porte in facce. Nella scienza c’è tanto maschilismo. Non c’era mai stata una divulgatrice donna. Per di più carina e ben vestita”.
Donna, giovane e bella. Uguale inattendibile. “La fisica nell’immaginario era una donna brutta, sciatta e ingobbita sui libri. Lo racconto nel mio Sei donne che hanno cambiato il mondo. Marie Curie e Rosalind Franklin dovevano autofinanziarsi ed entrare dalle porte di servizio”.
La Montalcini? “Il padre voleva che stesse a casa a curare la famiglia”.
La tua fisica preferita? “Lisa Randall, Bionda, bellissima. La prima donna ad avere una cattedra di fisica. Una combattente. Pensavo a lei quando mi criticavano perché mi presentavano con i tacchi alti e abiti colorati. “Cos’è, Non solo moda?”, dicevano”.
Tornando a quando sprofondavi? “Avevo lavorato per anni sul congresso di Bruxelles del 1927, il più grande ritrovo di cervelli che cambiò la storia della fisica. Ero ossessionata da quella storia. Le case editrici mi rimbalzavano”.
E tu? “La tristezza infinita. Piangevo sempre. Da Roma tornavo il fine settimana nella mia tana fuori Genova. Sembrava la casa di una serial killer. Tutti i post-it alle pareti, un leggio, io che parlavo da sola”.
Sembrava l’antefatto della follia. “Era, invece, l’antefatto della mia rinascita da scrittrice e performer teatrale. L’editore Salani mi pubblica L’incredibile cena dei fisici quantistici. A seguire il teatro. Più di 700 repliche del mio Monologo quantistico”.
Hai avuto un sostegno formidabile in quei giorni difficili. “Giancarlo Giannini. Avevamo scritto insieme la sua biografia. Un anno di lavoro. Mi dava tanti consigli. Senza sapere cosa mi frullava nella testa, mi spiegava come si sta su un palcoscenico. Una volta, non potendo venire a vedermi, mi fece arrivare in camerino un mazzo con 101 rose”.
Ti avvii a diventare l’Alberto Angela in gonnella. “Sono laureata in fisica, ho studiato tanto per realizzare il mio progetto. La consapevolezza che mancava una persona capace di trasferire una passione come la fisica e farla capire alla gente”.
Teatro, televisione, radio, ti sei data anche ai podcast. Questioni di fisica si chiama. “Parto dalla vita di tutti i giorni Spiego cos’è il tramonto dal punto di vista della fisica. Racconto quello che succede in cucina, i funzionamenti della moka o del tostapane, partendo dal primo principio della termodinamica”.
Riscontri? “Una marea. Mi scrivono in tantissimi. Al “Teatro Carcano” di Milano, serata unica, c’erano 850 persone. Solo Saviano ha fatto più di me nella stagione”.
Hai fondato una tua comunità. “Rispondo a tutti e mi fermo a parlare con tutti nei foyer dei teatri. Sono positiva, non parlo male di nessuno. Dico loro con il sorriso: non stare dove e con chi non ti fa fiorire”.
Ce ne sono di improvvisati che pontificano di quantistica in rete. “Youtube è pieno di cialtroni e millantatori. C’è un modo facile per stanarli. Sei un fisico? No? Allora sei solo “rubbish”, come diceva Pauli. Mondezza”.
Il treno ora va. Tardi, ma è partito… “Ero pronta da sempre e poi succede il miracolo. Gli stessi giornali che mi rimbalzavano hanno cominciato a cercarmi. Mi avevano riconosciuto. C’erano voluti quindici anni”.
L’inferno della pandemia? “Se studi l’infinitamente piccolo della fisica, non può esistere alcun inferno”.
In tutto questo, hai spazio e tempo per una cosiddetta vita privata? “Sono fidanzata da più di un anno con una persona normalissima. Lui vende bellissimi oggetti vintage. È il mio gancio con la realtà. Con lui non parliamo di fisica. Se devo farlo, chiamo Roger Penrose”.
E ora? “Mi manca solo una cosa. Un programma serale su Raiuno, ma vanno bene anche Raidue o Raitre. La mia è non è ambizione, ma una necessità impellente. È il momento di raccontare la fisica quantistica a tutti. Hai la mail di Franco Di Mare?”.
Per finire? “Tutto quello che abbiamo intorno è questione di fisica”.
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