Francesco Specchia per “Libero quotidiano”, 26 aprile 2022
“SE ARRIVA LO STOP ALL'ACQUISTO DEL GAS DALLA RUSSIA, LO CHOC SAREBBE SIMILE A QUELLO DEL '73” - CARLO COTTARELLI: “C'È UNO STUDIO CON DUE SCENARI. IL PRIMO, CHE NON PREVEDE ALCUN TAGLIO DELLE FORNITURE (E QUINDI NESSUN RAZIONAMENTO) DA MOSCA, DÀ UNA CRESCITA ANCORA FORTEAL +3,1% DI CUI IL 2,3% ACQUISITO SUL RIMBALZO DELL'ANNO SCORSO E IL RESTO CRESCITA NELL'ANNO CORRENTE. IL SECONDO SCENARIO PREVEDE L'IPOTESI PEGGIORE CON L'INTERRUZIONE DELLE FORNITURE E RAZIONAMENTI; E QUI LA CRESCITA CALA DAL +0,6% NEL CORSO DELL'ANNO FINO ALLA RECESSIONE…” -
La guerra, diceva Sallustio, copre di lacrime le cose, specie l'economia. Sicché, quando ora si sente parlare di inflazione al galoppo (o peggio di "stagflazione", inflazione più stagnazione, e quindi caroprezzi, perdita del potere d'acquisto, crescita asfittica) l'economista Carlo Cottarelli magari non mette mano al revolver. Epperò, lo sguardo gli s' increspa di previsioni non ottimistiche, diciamo.
Professor Cottarelli, la guerra d'Ucraina ha rimesso in circolo le tossine dell'inflazione: l'Italia è proiettata verso il 7%, che non sarà il 7,5% medio dell'eurozona, ma, insomma, non è un'altra spallata alla nostra economia? «L'inflazione da noi è senz' altro meno preoccupante rispetto, per esempio agli Stati Uniti dove galoppa all'8,5%; lì i livelli di aumento dei prezzi e le conseguenze sull'economia sono molto più elevate. E il vero aumento relativo alla guerra riguarda solo la filiera alimentare. Quando lei mi cita il rapporto causa-effetto tra la guerra d'Ucraina e caroenergia; be', è una solenne bufala chele materie prime e l'energia siano aumentati a causa della vicenda ucraina, e che l'inflazione sia schizzata in alto a causa delle bombe».
Ma come? Sono mesi che ci diciamo che l'invasione di Putin ha prodotto prezzi assurdi e calo del Pil...? «Ma non è proprio così. Le faccio degli esempi di alcuni prezzi, li confronti nel sito dell'Osservatorio conti pubblici. Per quello che riguarda le forniture del gas l'aumento in riferimento all'anno 2019 è stato di +636%, mentre l'aumento del gas stesso, scoppiata la guerra, è stato soltanto dell'11%. Il petrolio nel 2019 è aumentato del 46% e solo del 13% dopo la guerra. Altro dato esagerato è quello del carbone: + 263% nel 2019, e sale soltanto a +74% dopo l'Ucraina».
Non capisco. Quindi la dipendenza dal gas russo non sarebbe 'sta gran cosa. E allora gli stoccaggi alternativi, e la diversificazione nell'approvvigionamento energetico, partirebbero da un presupposto sbagliato? La guerra non ha modificato i prezzi al consumo e di produzione? «Eventualmente l'impulso che la guerra ha dato sui prezzi è stato indiretto. Riguarda l'aumento della domanda di rifornimento dovuta all'accresciuta preoccupazione dei cittadini per lo stoccaggio. Se hai paura per il futuro, banalmente, fai scorta e i prezzi salgono. Certo ci sono anche, poi, gli speculatori che giocano al rialzo o al ribasso a seconda della loro convenienza, ma meno...».
Cioè il mercato cambierebbe per un atteggiamento psicologico? Ferruccio De Bortoli sul Corriere della sera parla di ritorno allo choc energetico anni 70: è un'esagerazione? Se la Russia chiude i rubinetti non dovremmo disperarci per eventuali domeniche a piedi? «Guardi, ora non ci sono le condizioni per ripetere in toto la grande crisi del '73. Primo perché negli anni 70 si era molto più dipendenti dagli idrocarburi di adesso. Secondo, perché prima della guerra in Ucraina c'è stata una crescita economica mondiale dovuta a un grande rimbalzo soprattutto in Italia. Anche se...».
Anche se, professore...? «... La cosa cambia se arriva lo stop all'acquisto del gas dalla Russia, lì sì che lo choc sarebbe simile a quello del '73. C'è uno studio con due scenari. Il primo, che non prevede alcun taglio delle forniture (e quindi nessun razionamento) da Mosca, dà una crescita ancora forteal +3,1% di cui il 2,3% acquisito sul rimbalzo dell'anno scorso e il resto crescita nell'anno corrente.
Il secondo scenario prevede l'ipotesi peggiore con l'interruzione delle forniture del gas a cui s' aggiungono i razionamenti; e qui la crescita cala dal +0,6% nel corso dell'anno fino alla recessione che arriva ad una velocità molto simile all'inizio delle crisi economica del 2011-2012. Ossia: caduta del Pil a un tasso annuo dello 0,8%. Badi. Non sono previsioni nostre, dell'Osservatorio, ma dati ufficiali del governo contenuti nel Def».
E questo, onestamente, mi preoccupa. Pure se le previsioni del governo tendono ad essere per difetto. «A me invece preoccupa proprio il fatto che, perché non strettamente legata alla guerra, quest' inflazione galoppi. Ma non è una cosa solo nostra. Gli Stati Uniti di Biden si sono troppo esposti finanziariamente, hanno stampato troppi soldi dalla Fed, e per contenere l'inflazione rischiano la recessione. La Bce europea è messa meglio, ma non troppo. Tant' è che ha annunciato l'uscita graduale dall'acquisto dei titoli di Stato anche nostri: per l'Italia il suo acquisto di titoli era per 63 miliardi, ora è calato a 40 miliardi».
Poi ci sarebbe anche l'inflazione sulla filiera alimentare, appunto. Si dice che Putin stia bombardando i granai e i depositi di frumento usando come arma impropria l'inflazione conseguente, che porterebbe alla recessione nei paesi occidentali e alle grandi migrazioni per fame dei paesi in via di sviluppo. Questa è una tattica plausibile? «Questo non lo so, ma non credo. Se Putin avesse voluto affamarci avrebbe bloccato il gas da tempo. La verità, ripeto, sta anche nei riscontri dei prezzi sulla filiera alimentare. Il frumento era a +57% nel 2019 ed è a +23% ora, il mais più 77% e + 17%. Se vuole continuo. Ma la sostanza è che la guerra in sé, finora, come dicevo, ha influito sui prezzi relativamente».
E allora di chi è la colpa di quest' allarmismo? Della speculazione? «Credo sia essenzialmente colpa di voi giornalisti...».
Sul serio. Se, come mi diceva, i prezzi dell'energia erano già aumentati spropositatamente prima della guerra, quell'aumento, alla fine, a cosa era dovuto? «Era dovuto alla forte ripresa della domanda spinta da politiche economiche troppo espansive, soprattutto negli Usa, come le dicevo».
Lei era molto scettico non tanto sul Pnrr, quando sul raggiungimento dei suoi obiettivi, causa palude della burocrazia; è rimasto della stessa opinione? «Sì. Finora il governo ha raggiunto tutti gli obiettivi. Ma erano anche formulati in modo vago e generalista, l'asticella era bassa. Ora si tratta di alzarla quando si entra nel dettaglio di provvedimenti che si scontrano con la burocrazia. Per esempio non si riescono a semplificare le procedure per lo sblocco degli impianti -già approvati- dell'energia pulita. Le faccio l'esempio del parco marino di Taranto: il Comune ne ha tenuto in stand by l'apertura per "soli" 14 anni. Le pare normale?».
C'è un rapporto tra inflazione e bonus 110% ? «Nel settore coinvolto dal bonus 110% sì. Quando lo Stato paga tutto non stai attento al prezzo».
Tornando alla geopolitica. Le risulta che la Germania (dipendente fino a ieri per il 60% dal gas russo) non si stia affannando troppo nella ricerca di altri fornitori energetici, perché, in fondo non si vuol sganciare dal Cremlino? E crede che questo possa evitare ai mercati di entrare in fibrillazione? «Veramente io non ho sentore che la Germania non voglia liberarsi dal gas russo. Tutti i Paesi sono impegnati nel cercare di differenziare gli approvvigionamenti. L'assetto dei mercati e dell'Europa, semmai, poteva cambiare se in Francia avesse vinto Marine Le Pen. Credo lo sappia anche la Le Pen. Ma è andata in altro modo...».