il Fatto Quotidiano, 26 aprile 2022
A Mestre una mostra sul cibo italiano
Se è vero che gli italiani più che un popolo sono una collezione – diceva Flaiano –, allora il cibo è l’oggetto culturale che meglio li rappresenta. È infatti con la mostra Gusto! Gli italiani a tavola, allestita al Museo del 900 di Mestre fino al 25 settembre, che Laura Lazzaroni e Massimo Montanari vogliono sbozzare il ritratto “gastrologico” del Bel Paese: eterogeneo, campanilistico, ma soprattutto creativo.
“Una cosa da non chiedere mai a tavola? Sicuramente come si prepara un piatto”. Montanari, storico dell’alimentazione, è tassativo: “I grandi libri di ricette non danno regole, ma alternative”. Se infatti c’è un ingrediente che distingue la cucina italiana da quella del resto del mondo è la libertà.
Gusto! è un’esposizione per tutti i palati, e le età. Alle installazioni dei cartelloni pubblicitari della Campari si alternano gli schermi interattivi su cui ammirare Al Bano ai fornelli, o Sora Lella che spiega come preparare il Pollo alla romana, direttamente dal mercato rionale: “Quando che il pollo è dorato, mettete giù il pomodoro e, quando è fitto, fitto, viè ’sto pollo ch’è n’amore!”.
Spassosa anche la sezione dedicata alle fake news “alimentari”. Con la scusa dell’italian sounding, in giro per il mondo, alcuni Paesi si sono specializzati in prodotti pseudoitaliani, che di simile agli originali hanno solo l’assonanza con il nome. Ma a volte neanche quella. In Argentina si serve in tavola il “Reggianito”, o il “Grana Pampeana”, da abbinare magari al “Bordolino Vino Tinto”. A Rio de Janeiro si tagliano a fette la “Mortadela” e il “Caccio Cavalo”. Nei supermercati australiani vanno a ruba le “San Remo Penne”; che comunque sono sempre meglio dei “Chapagetti” coreani. La Fondazione Campagna Amica ha calcolato che più di due prodotti agroalimentari italiani su tre, nel mondo, sono falsi.
Ciò che rimane autentica è la voglia di stuzzicare il palato. In cucina vige la democrazia diretta e il gusto è il più politico di tutti i sensi. Tuttavia, nonostante il campanilismo, prima o poi le papille trasformano i sapori. Montanari sorride: “Ora ci arrabbiamo se sentiamo che gli americani mettono l’ananas sulla pizza, ma finirà che tra dieci anni la aggiungeremo pure noi”.
L’italiano è così: tanto attaccato alla sua terra quanto velocissimo ad adattarsi all’estero. È solo molto nostalgico: quando è fuori casa, ritrova Sorrento nel profumo di un limone comprato in Svezia. E poi finisce per portarsi la pizza nello spazio.