La Stampa, 26 aprile 2022
In coda per il pasto a un euro
Oggi vanno forte le lasagne, cucinate a puntino, morbide e compatte, con il ragù cotto per ore. Ma c’è chi punta sulle cotolette con patate al forno, e chi sulla pasta alla norma, con il sugo profumato e i dadini di melanzane fritte. «A me dia le lasagne», dice un uomo alto, capelli lunghi e brizzolati, piccoli orecchini ai lobi, avvicinandosi al bancone con una donna e un ragazzo che si scansano davanti all’obiettivo. Lui no, parla e racconta la sua storia. Si chiama Gioacchino Avanzato, di mestiere fa il cuoco, ma è disoccupato così come la moglie, e allora è contento di venire qui, dove si mangia bene – e lui se ne intende – e dove ogni pietanza costa un solo euro grazie a un progetto di solidarietà appena inaugurato che vuole affrancare i poveri dall’umiliazione delle code davanti alla mensa e offrire a tutti cibo buono e sano. Open Food, si chiama, e ha aperto i battenti la settimana scorsa.
Come Gioacchino, sono in tanti a essere accolti in un piccolo locale tra i casermoni di cemento della periferia di Caltanissetta, ingentiliti da un cielo color carta da zucchero, da un sole già estivo e dal sorriso di chi ci lavora. La responsabile è Cinzia Milazzo, poi ci sono Angelo Cartone detto «box», Isabella Riggi e Cristian Abbate, tutti schierati a servire chi arriva. Si entra a gruppi, uno alla volta, solo asporto, ma niente farebbe pensare che questo sia un posto speciale se non ci fossero i volontari della Croce Rossa che hanno portato le pietanze dalla vicina cucina dell’Ipab Testasecca dove vengono preparate dai tre cuochi Dimitri Ruvolo, Alessandra Michela La Jacona e Yunusa Yaffa, che viene dal Gambia.
Su una lavagna, discrete, le parole di una canzone di Nicolò Fabi: «Io sono l’altro, sono quello che dorme sui cartoni alla stazione». Sul bancone, altrettanto discreta, la cassetta per chi vuole donare qualcosa in più dell’euro. Come Michela Rizza, anche lei qui a comprare il suo pranzo a 1 euro e a mettere nella scatola una banconota: «Io lavoro a scuola con i bambini disabili – racconta – frequentavo già questo locale la sera perché si mangia una pizza molto buona, poi ho saputo di questo progetto, che mi sembra bellissimo».
Insieme, assistiti e donatori, studenti, disoccupati, professionisti, secondo un’idea di parità a tavola che è venuta a Fabio Ruvolo, presidente della cooperativa sociale Etnos, di fronte all’avanzata dei nuovi poveri generati dal Covid, gente che si vergogna ad andare a prendere il pacco, a svelare la sua condizione. «Ho pensato che fosse profondamente ingiusto – spiega – trattare ogni povertà come uno scarto e continuare a immaginare luoghi separati per chi è in difficoltà». E ha messo insieme la Regione siciliana, la Croce Rossa, l’Ipab, la Coldiretti che fornisce i prodotti, l’impresa sociale Un posto tranquillo, che si occupa dei cuochi e dell’acquisto dei prodotti alimentari.
«Oggi tra la città e la provincia di Caltanissetta assistiamo con il pacco alimentare 720 famiglie, 150 delle quali sono nuovi ingressi del 2021, gente segnalata dagli assistenti sociali o che ha un reddito inferiore a 6.000 euro annui», racconta Salvatore Buccoleri, responsabile della distribuzione degli alimenti per la Croce Rossa, accanto al presidente del Comitato di Caltanissetta, Nicolò Piave. «Alcune – aggiunge Daniela Castro, anche lei volontaria – sono famiglie insospettabili, soprattutto di negozianti impoveriti dalla pandemia».
Qui, nel locale del pasto a 1 euro, ogni avventore ha la sua storia da raccontare. C’è Marco, 41 anni, «niente cognome, per favore», anni passati tra lavori in nero e sottopagati. «L’estate scorsa ho sgobbato ogni giorno dalle 7 di mattina alle 7 di sera per 35 euro, con un caldo torrido. Poi è arrivato il reddito di cittadinanza e ho deciso di non farmi più sfruttare. Cerco ancora un lavoro, ma che sia equo». Entrano due signore di una certa età, l’una vedova con tre figli all’estero e volontaria in parrocchia; l’altra volontaria dell’Ipab dove si preparano i pasti. «Vengo perché il cibo è buono, so come si prepara, ma i miei figli si vergognano di vedermi qui».
La sera si mangia a prezzi normali: in cucina ci sono Fouad Dahmani, che viene dal Marocco e prepara le pizze, e Adama Sawane, che arriva dal Mali e fa le arancine come nessuno. Collaborano nella piccola sala Matteo Argentati e Andrea Alessi, due ragazzi Down. E il segreto delle pizze, quelle che fanno arrivare qui di sera anche gente dal centro città, è la farina ricavata dalla canapa che producono donne vittime di violenza, coinvolte in un altro progetto che si chiama Restart, ripartenza. Mentre poco più in là c’è il locale Equocream, dove si fa il gelato con prodotti a chilometro zero.
La sfida del pasto a 1 euro, sia culturale che finanziaria, è tutta da vincere. Perché dopo i 60 mila euro di finanziamento ricevuti dalla Regione per la start up del progetto, tutto si sosterrà su donazioni ed eventuali sponsor. Ma i primi segnali sono incoraggianti: «La metà dei clienti che arrivano lascia una donazione oltre all’euro», racconta Angelo «box». «L’altro giorno – aggiunge Cinzia Milazzo - è venuta una signora a pranzo, mi ha chiesto più volte se non togliesse niente a nessuno pagando così poco, mi ha pure scritto su Facebook per averne conferma, come se si sentisse in colpa. L’indomani ho trovato sotto la porta una sua busta con venti euro».