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 2022  aprile 26 Martedì calendario

Lilian Thuram: «Le Pen al 41% fa paura»

«Bisogna uscire da quest’idea per cui lo sbarramento all’estrema destra si fa solo al momento delle elezioni. Bisogna farlo tutti i giorni». Ex nazionale francese di calcio, campione del mondo nel 1998, Lilian Thuram ormai da anni si occupa con la sua Fondazione di educazione contro il razzismo. Partecipa a dibattiti, incontri nelle scuole, scrive libri (l’ultimo è «Il pensiero bianco», Add editore). Alle sue spalle, nella piccola luminosa sede a due passi dai giardini del Lussemburgo, una foto insieme con Nelson Mandela e un’altra mentre riceve una laurea honoris causa dall’università scozzese di Stirling.
Come giudica il risultato delle presidenziali?
«Più che del risultato, penso occorra fare un’analisi di come si è arrivati al secondo turno».
Cosa intende?
«Ancora una volta, Marine Le Pen è arrivata al ballottaggio, e c’è stato giustamente un appello generale per contrastare il Front national…».
Ora si chiama Rassemblement national…
«Sì, è vero, è il marketing politico: si cambia nome senza cambiare la sostanza. È sempre estrema destra».
Diceva: Le Pen al secondo turno e appello a fare «barrage» contro di lei.
«Gli stessi che tutto l’anno normalizzano il discorso della Le Pen o di Eric Zemmour (altro candidato di estrema destra alle presidenziali, ndr), che banalizzano le loro posizioni, poi invitano a fare sbarramento al secondo turno delle elezioni».
A chi pensa?
«Ai media, alla politica. Mi mette molto a disagio vedere che Marine Le Pen ha aumentato ancora i voti rispetto a cinque anni fa: è arrivata in testa in una trentina di dipartimenti contro i due del 2017».
Oltre il 41 per cento…
«Perché durante tutto l’anno nel discorso pubblico il razzismo non sciocca più, tanta gente trova normale che sia più o meno facile e frequente subire un controllo di polizia a seconda del colore della pelle. E trovarsi al secondo turno con Marine Le Pen è il sogno di molti partiti, perché è il modo migliore per vincere».
Il presidente Macron cinque anni fa aveva promesso che avrebbe fatto in modo che i francesi non votassero più per gli estremi. Invece…
«Quando decidi di combattere il razzismo, non hai scelta: devi dirlo e denunciare. Se non lo fai, sei complice. Non ci può essere neutralità. Io penso che noi tutti, il governo ma noi tutti, mi ci metto anche io, non abbiamo fatto abbastanza per combattere la normalizzazione del Front national».
Cosa fare ora?
«Prima di tutto mostrare la violenza delle proposte dell’estrema destra. Quando fai una gerarchia nella società francese, stigmatizzi i musulmani, quando fai discorsi che invitano all’odio, tutto questo non deve essere accettabile».
La Francia è razzista?
«Sì. Bisogna prendere atto che il razzismo esiste: combattiamolo. Ma ho l’impressione che non ci sia una reale volontà di farlo».
Lei è stato un grande calciatore, spesso la riconosceranno per strada. Le capitano lo stesso episodi di razzismo?
«Qualche tempo fa ero in aeroporto in Germania, avevo il biglietto sky priority, ho fatto per prendere la corsia preferenziale: un addetto mi ha fermato, fin quando ho visto passare altri, sono andato a chiedere spiegazioni e allora mi ha detto "va bene vada". O un’altra volta, in taxi: arrivo alla fermata con mia moglie e mio figlio, il primo tassista dice no, il secondo pure dice no, mi sto innervosendo quando un terzo taxista interviene: ‘Mi scusi signor Thuram, non l’avevano riconosciuta’".
Che impressione le fa sapere che in Guadalupe, dove lei è nato, Marine Le Pen ha raccolto il 69 per cento? E percentuali simili le ha avute anche in altri dipartimenti d’Oltremare, dalla Martinica alla Guyane…
«È una cosa che mi ferisce profondamente, però questo voto e l’astensione sono un’espressione di odio nei confronti della politica del governo Macron e di un sistema economico che esclude sempre più persone. Bisogna stare attenti, perché se non si risolvono le disuguaglianze, se non ci si prende cura dei più svantaggiati, se non si ha una coscienza ecologica, la rabbia delle Antille tra cinque anni potrebbe crescere anche qui».
Lei è andato a votare domenica?
«Certo».
Mi dice chi ha votato al primo turno?
«No. Ma quando al secondo va Le Pen, per me non c’è dibattito su cosa votare».
Ha mai pensato di candidarsi in politica?
«No. Penso di fare politica con la Fondazione. Si dovrebbero educare le persone alla partecipazione politica: spesso ho l’impressione che le persone quando vanno a votare non lo facciano in nome di un progetto collettivo ma difendano una visione individuale. Per me la politica è un progetto collettivo».
Lei si definisce un uomo di sinistra?
«Credo nella solidarietà, in un’istruzione di qualità per tutte e tutti, in uno Stato che redistribuisca. Credo nel diritto per tutti ad essere curati il meglio possibile e gratuitamente, nei beni comuni. Credo che si riconosca la qualità di una società quando si prende cura delle persone più in difficoltà».
Cosa si aspetta dai prossimi cinque anni di presidenza Macron?
(Riflette a lungo) «Che metta in campo progetti politici per prendersi cura delle persone in difficoltà. Che mettano al centro l’essere umano, senza ambiguità».