Corriere della Sera, 26 aprile 2022
Strage EgyptAir del 2016 non fu terrorismo
Il volo EgyptAir MS804 Parigi-Il Cairo è precipitato nel Mediterraneo il 19 maggio 2016 con 66 persone a bordo a causa di un incendio scoppiato nell’abitacolo dopo la fuoriuscita d’ossigeno dalla maschera del copilota (cambiata da poco e impostata nella modalità sbagliata) nel momento in cui qualcuno con ogni probabilità stava fumando a 11.278 metri di quota.
Sei anni dopo quel disastro alcuni dei massimi esperti mondiali fanno luce su cosa sia accaduto all’Airbus A320 di cui le autorità egiziane, responsabili dell’indagine, non hanno mai reso noto né un rapporto preliminare né uno definitivo. Un documento di 134 pagine – che il Corriere ha visionato in esclusiva – ricostruisce gli ultimi istanti. Il dossier è stato inviato un mese fa alla Corte di Appello di Parigi che indaga per «omicidio colposo»: tra le vittime ci sono 12 francesi.
Il volo MS804 decolla dal «Charles de Gaulle» di Parigi alle 23.21 del 18 maggio 2016. Dalle 00.11 alle 00.26 il jet sorvola l’Italia. Alle 2.27 il controllore greco dice ai piloti di mettersi in contatto con il collega egiziano, «ma non ottiene risposta». Alle 2.34 il velivolo sparisce dai radar senza lanciare alcun allarme. Poco prima l’aereo invia sette «dispacci» automatici che segnalano fumo, problemi ai sensori antighiaccio e ai finestrini.
Le due «scatole nere» vengono inviate in Francia per essere esaminate dall’ente investigativo Bea. I rapporti tra i Paesi sono tesi. Per gli egiziani si tratta di terrorismo. Parigi non è d’accordo. Per questo, nell’autunno 2018, la polizia francese sequestra dal Bea i dati delle scatole usati per redigere l’attuale rapporto. Gli esperti si riuniscono 23 volte tra agosto 2021 e febbraio 2022. Mettono nero su bianco che a bordo i piloti tendevano a fumare spesso (cosa non vietata ai tempi da EgyptAir) e che nei viaggi precedenti l’aereo aveva registrato problemi tecnici, ma «nessuno così grave da richiedere lo stop».
Il 16 maggio 2016 l’addetto alla manutenzione di EgyptAir sostituisce la maschera dell’ossigeno del copilota. Il motivo non è chiaro: «L’Egitto non collabora». Nel riporre la nuova maschera l’addetto lascia il cursore che gestisce il flusso dell’aria nella posizione «emergenza». I piloti non controllano e non si accorgono. È questo, secondo il rapporto, l’inizio della catena di eventi che causa l’inabissamento. Il manuale di Airbus scrive che nella modalità emergenza «potrebbe verificarsi una fuoriuscita di ossigeno». Gli audio dei piloti lo confermano: separando le tracce sonore di una delle scatole nere, il Cockpit voice recorder, gli esperti sentono quattro fruscii (tra le 2.25 e le 2.26) che arrivano dal microfono della maschera d’ossigeno del copilota che è nel suo vano. L’ossigeno in sé non è infiammabile, ma favorisce la combustione. Subito dopo c’è un principio d’incendio scatenato «da una scintilla o una fiamma»: il dito è puntato contro una sigaretta accesa.
«Quando entriamo in cabina tra i vari controlli preliminari prima di decollare c’è anche quello del flusso di ossigeno nelle mascherine laterali», spiega al Corriere Daniele Veronelli, comandante di A320 e membro del dipartimento tecnico di Anpac (Associazione nazionale piloti aviazione commerciale). «Si alza uno sportello e si testa il flusso dell’aria premendo un bottone. Azionando l’interfono si riesce a sentire l’ossigeno che scorre perché ogni mascherina è dotata di un microfono». A proposito della levetta, «se è in posizione normale il flusso di ossigeno è a richiesta. Se è in “emergency” allora questa rilascia l’aria a una pressione maggiore per buttare fuori i fumi che potrebbero entrare nel caso di incendio o fumo a bordo».
L’autorità dell’aviazione civile egiziana ed EgyptAir non hanno risposto al Corriere. Icao, l’agenzia Onu per l’aviazione civile, spiega di non aver ricevuto alcun rapporto finale dal Cairo. Bea, l’agenzia investigativa, conferma che l’ipotesi più probabile resta «un incendio nella cabina di pilotaggio che ha portato alla perdita di controllo del jet».
«È da maggio 2016 che vogliamo capire perché abbiamo perso i nostri cari e ufficialmente nessuno ci ha detto qualcosa», commenta al telefono Julie Heslouin che nel volo MS804 ha perso il fratello Quentin, 41 anni, e il papà Pierre, 75. Julie anima il comitato dei parenti delle vittime che da tempo vuole la verità. Questo rapporto potrebbe forse fornire alcune risposte.