la Repubblica, 25 aprile 2022
La complessa visita di Draghi a Kiev
È il viaggio più complesso da quando Mario Draghi è a Palazzo Chigi. Ventiquattr’ore in movimento, spostamenti in aereo, auto e treno, preavviso della partenza praticamente nullo a garanzia della missione. Altissimi protocolli di sicurezza, stretto raccordo tra servizi di intelligence, Farnesina e ambasciata, appena riaperta a Kiev. Il Presidente del Consiglio andrà nella capitale, nonostante le difficoltà. Se possibile entro il primo maggio, anche se esiste una variabile incontrollabile: la sua negativizzazione dal Covid, attesa con un pizzico di impazienza (a ieri, era ancora positivo). Porterà a Zelensky la solidarietà dell’Italia e l’impegno ad aumentare la pressione sulla Russia con nuove sanzioni e armi sempre più pesanti.
È un viaggio che fin dall’inizio ha attirato nervosismi e pure qualche resistenza. È evidente che trovarsi faccia a faccia con il Presidente ucraino garantisce al premier un posizionamento geopolitico non banale. Biden ha garantito la visita di Blinken e Austin, come Boris Johnson e Pedro Sanchez hanno già toccato il suolo della capitale ad aprile. È probabile che Emmanuel Macron, appena rieletto all’Eliseo, faccia lo stesso a brevissimo giro. A quel punto, farebbe ancora più rumore il “caso tedesco”: non è ancora in agenda la visita del Cancelliere Olaf Scholz, dopo l’incidente diplomatico occorso al presidente della Repubblica tedesca Steinmeier, la cui missione è stata rifiutata da Zelensky. In questo quadro si inserisce la mossa di Draghi. Rappresenterebbe un ulteriore segnale di una scelta di campo, a meno di venti giorni dalla visita del premier italiano alla Casa Bianca.
E però, come detto, non mancano alcuni dubbi logistici e organizzativi. Il viaggio è evidentemente complesso, faticoso e richiede alti standard di sicurezza. Tutte riflessioni che sembrano però essere state spazzate via dalle parole pubbliche di Zelensky, sabato pomeriggio nella metropolitana di Kiev: «L’Italia ha dimostrato un grande sostegno nei nostri confronti e la ringrazio – ha detto – Si è schierato dalla nostra parte anche il governo e il premier Draghi. Lo aspettiamo».
Lo attendono, dunque. E Draghi non potrà troppo tardare. Al viaggio lavorano in queste ore i servizi e il ministero degli Esteri. A Kiev la diplomazia italiana è presente, per volontà di Luigi Di Maio, che ha riaperto l’ambasciata dopo i bombardamenti di marzo. C’è dunque un diplomatico sul campo e i protocolli della missione, sia pure ultra-rafforzati a causa dello stato di guerra nel Paese, non sono affidati esclusivamente agli apparati di sicurezza, ma gestiti appunto assieme alla Farnesina. Proprio Di Maio, tra l’altro, avrebbe compiuto una missione nella capitale ucraina nel caso in cui Draghi non avesse potuto organizzarla.
Si tratta di uno spostamento a tappe. I leader che hanno già fatto visita a Zelensky – compresi i vertici delle istituzioni europee Metsola, von der Leyen e Michel – hanno raggiunto la Polonia in aereo e la capitale in treno (alcuni con sosta intermedia a Leopoli, in auto). È infatti impossibile solcare i cieli ucrain i, interdetti ed esposti. È girata voce della scelta di una possibile data simbolica, dal 25 aprile al primo maggio, ma non ci sono conferme. La prima, in ogni caso, sembra già da escludere a causa della positività al Covid. Resta un fattore non pronosticabile: la situazione sul campo di battaglia. L’attesa intensificazione dell’offensiva russa potrebbe costringere a rinviare la missione a data da destinarsi. Ma è scenario residuale, almeno per il momento.