La Stampa, 25 aprile 2022
I rincari nascosti
Il prezzo sullo scaffale è lo stesso, così come lo scontrino finale. D’altra parte quasi nessuno si accorge che a cambiare è solo la quantità di prodotto contenuta in una confezione identifica (o quasi) alla precedente. Anche questa è inflazione, ma è più pericolosa perché è strisciante e si cela dietro alla frequenza d’acquisto di un determinato bene. Ma prima di rendersene conto passano giorni, spesso settimane. Succede quando all’improvviso si realizza che bisogna comprare più spesso la carta igienica, lo shampoo e perfino la pasta: le nuove confezioni Barilla “Al Bronzo” sono passate da 500 a 400 grammi. Prima con due pacchi c’erano spaghetti a sufficienza (e in abbondanza) per 12 persone, ora bastano solo per dieci, senza che nessuno possa chiedere il bis.
Nel mondo anglosassone si chiama “shrinkinflation”, in Italia si chiama più semplicemente “sgrammatura”. E in fondo spiega molto bene il meccanismo con cui le marche – di ogni tipo e genere – scaricano sui consumatori l’aumento dei costi senza che questi percepiscano un reale incremento del listino. D’altra parte, come osserva Daniele Tirelli, professore di Economia esperto di marketing e fondatore di Amagi, società di ricerche di mercato, «a parte i pensionati e i cosiddetti “cherry-pickers” (i cacciatori di offerte, ndr), la gente raramente controlla i prezzi dei prodotti che ha appena comprato». Anche per questo, probabilmente, i brand si fanno pochi scrupoli.
Di certo è più trasparente le decisione di Nestlè che presentando i conti del primo trimestre 2022 ha comunicato un incremento dei prezzi ai clienti del 5,2% per far fronte all’aumento dei costi. Una strategia mutuata da Unilever che a febbraio scriveva: «L’aggiustamento dei prezzi continuerà a essere forte, con un possibile impatto sui volumi».
Eppure sono diversi i marchi che preferiscono intervenire sulla grammatura delle confezioni. Il primo a lanciare l’allarme è stato, a fine gennaio, l’ad del gruppo VeGè, Giovanni Santambrogio, che in un intervento online disse: «Ci sono aziende che dopo aver chiesto gli aumenti di listino alla grande distribuzione continuano a sgrammare del 5, 10 o 20% il contenuto dei prodotti chiedendo di non cambiare i prezzi». E poi ha aggiunto: «Lo fa Ferrero con Nutella, Barilla con la nuova pasta al bronzo e lo yogurt Fage».
Il Financial Times è andato ancora più nel dettaglio. Per esempio, ha scoperto che nei pacchetti di patatine Doritos ce ne sono cinque in meno, mentre i rotoli di carta igienica Cottonelle sono più «corti» di 28 fogli, così come si è ridotto il contenuto dei bagnoschiuma Dove. Un meccanismo con cui i produttori provano a proteggersi dall’inflazione scaricando tutti i costi sui consumatori ignari. Anche a rischio di far disaffezionare i clienti.
In Italia, però, Ferrero nega di aver fatto ricorso alla sgrammatura e anzi spiega di aver aumentato il numero di formati disponibili, mentre Barilla lo avrebbe fatto solo «nell’interesse dei consumatori»: la scatola da 400 grammi sostituisce quella da 500 perché – fanno sapere dell’azienda – i formati Al Bronzo sarebbero più «corposi e avvolgenti, con una texture più spessa e robusta» e per questo se ne suggeriscono 80 grammi a porzione. Una spiegazione comprensibile, ma non cambia il fatto che con la confezione tradizionale si potevano preparare sei pasti abbondanti e con la nuova solo cinque. Addirittura, per giustificare gli aumenti mascherati, alcuni produttori si aggrappano al fattore nutrizionale e anziché modificare le ricette delle merendine – tagliando grassi e zuccheri – riducono la grammatura per mantenere intatti i margini.
Il Codacons ha presentato esposti all’Antitrust e a 104 Procure di tutta Italia e Consumerismo No profit a sua volta si è rivolta all’Autorità denunciando l’inflazione occulta che colpisce le famiglie: «Si tratta di un trucchetto “svuotacarrelli” che consente enormi guadagni alle aziende produttrici ma di fatto svuota le tasche dei cittadini» dice il presidente Luigi Gabriele secondo cui l’operazione non riguarda solo il comparto alimentare, «ma una moltitudine di beni per la cura della casa e l’igiene personale». Il dubbio dell’associazione è che la shrinkflation possa violare le norme del Codice del Consumo trasformandosi così in una pratica commerciale scorretta. Di sicuro a mancare è la trasparenza nei confronti dei clienti.