Corriere della Sera, 25 aprile 2022
Il problema del film d’apertura di Cannes, "Z (Comme Z)"
«Cambiate il titolo di quel film». Prima grana al Festival di Cannes. L’Ukraine Institute, che rappresenta la cultura nel mondo del Paese aggredito dalla Russia, chiede al festival di mutare il titolo del film che apre la rassegna, Z (Comme Z)del regista Michel Hazanavicius. Motivo della contesa: la «Z» rimanda al simbolo apposto sui carri armati di Putin. Il film parla di zombie e il titolo naturalmente è stato deciso prima della guerra.
Ma il direttore generale dell’Istituto ucraino, Volodymir Sheiko, che è un direttore d’orchestra, dice: «Riteniamo che cambiare il titolo sarebbe un gesto contro la barbarie, la violenza e il terrore dell’esercito russo». E la responsabile del cinema di quell’ente, Natalie Movshovych, afferma che «i media locali hanno già utilizzato il titolo del film, pubblicando articoli che potrebbero essere riassunti come: vedi? Ci stanno sostenendo». Così si chiedono provvedimenti al direttore artistico del Festival di Cannes Thierry Frémaux e al regista, «a nome di tutte le vittime della regione di Kiev, Mariupol e Kharkiv». Il titolo internazionale del film è Final Cut, ma a Cannes è stato registrato quello francese.
Si può anche sorridere di una polemica nata per gli zombie, ma è anche vero che il manifesto del film è una Z rossa di sangue su fondo nero: richiama l’orrore dei mostri ma sembra fatto per irritare il Paese di Zelensky. Senza contare che gli zombie rappresentano la paura di un nemico invulnerabile.
Costernato, Hazanavicius ha replicato: «Ho chiamato il mio film Z (Comme Z)perché è una commedia di zombie ed è ispirata a quella che in Francia chiamiamo serie Z o film di serie B in America. Sapere che questo titolo ha causato angoscia al popolo ucraino mi fa sentire impotente e molto triste, perché è l’ultima cosa che volevo fare».
Una spiegazione definitiva all’uso della lettera Z dei soldati di Putin non c’è: secondo alcuni, la Z (che non esiste nell’alfabeto cirillico) starebbe per «Za pobedy», cioè «per la vittoria», per altri potrebbe indicare «Zapad», Ovest. È comunque un richiamo all’odiosa aggressione.
La lettera dell’Istituto ucraino contesta inoltre la decisione di mettere in gara il film del regista russo Kirill Serebrennikov, La moglie di Ciaicovskij. Il regista è dissidente, è stato agli arresti domiciliari a Mosca con l’accusa di appropriazione di fondi per il teatro che dirigeva, molti l’hanno considerato un pretesto per fermare le sue opere contro il potere. Putin si era nascosto dietro l’impossibilità di influenzare «una giustizia indipendente». Successivamente, Serebrennikov è stato condannato a tre anni di reclusione con sospensione della pena e a una multa, ma il tribunale di Mosca ha annullato la condanna, consentendogli di lasciare la Russia. Nel 2018, il suo film Leto non poté andare proprio a Cannes: la sua sedia vuota divenne l’immagine simbolo di quell’edizione.
Il nuovo film, come riporta la rivista Variety, è stato sostenuto dal fondo cinematografico privato Kinoprime con 100 milioni di dollari di Roman Abramovich, l’oligarca russo rientrato nelle sanzioni occidentali contro i milionari russi; Abramovich, che si sta adoperando per i negoziati tra russi e ucraini, ha dovuto mettere in vendita il Chelsea, la sua squadra di calcio londinese. Per il produttore ucraino Denis Ivanov, «non è il momento giusto per i tappeti rossi a favore dei nostri colleghi russi». Una beffa per Cannes che ha sempre sventolato la bandiera dell’inclusività, contro le discriminazioni.