Corriere della Sera, 25 aprile 2022
Colloquio con don Antonio Mazzi
Risponde al cellulare e si sentono voci di giovani in sottofondo: «Alza la voce che qui siamo in tanti». «Qui dove? Dove sei, don Antonio? Ti sto disturbando?». «Sono in provincia di Arezzo, a Poppi: stiamo facendo formazione a una sessantina di educatori perché qui bisogna ripartire con le nostre missioni anche all’estero, ho un sacco di lavoro da fare. Qui sta diluviando: com’è a Milano?». «Ma scusa, non dovevi riposarti un po’?». «Riposarmi? Sono ancora un ragazzino, sai...». Eccolo, don Antonio Mazzi, un ragazzino di 92 anni compiuti che da più di 70 si prodiga per i giovani e per loro ha fatto, detto e scritto tantissimo. Eppure ha ancora questo cruccio, questo tormento: «Con i disperati e i casi difficili lavoro da sempre e in qualche modo qualche risposta la so dare. Ma a questi giovani che mettono il suicidio tra le cose possibili, che dalla vita hanno tutto e la odiano, a questi giovani “normali” cosa rispondi?». E così, continuando a cercare la risposta giusta, don Antonio ha avuto l’idea: ripartire da Gesù uomo vero, come titola il suo ultimo saggio, una sorta di biografia, tra Sacre Scritture e ricostruzione personale, del figlio di Dio negli anni della adolescenza e giovinezza. «Invece di parlare di Dio – spiega don Mazzi – parliamo di un uomo strano, il più folle di tutta la storia. Ho raccontato un bambino, con i suoi giochi e i suoi capricci. Ho cercato di immaginare la sua adolescenza, quali domande può avere fatto ai sacerdoti del tempio, che dubbi aveva, come pensava alla sua vita e al suo futuro».
In poche settimane il saggio, che ha una prefazione di Gian Giacomo Schiavi, ha scalato le classifiche, arrivando al quinto posto fra i più venduti. Don Mazzi ride: «Il mio obiettivo non era vendere, anche se sono contento di pensare che qualcuno sia interessato a quello che penso. Il mio obiettivo è cercare le risposte. E vorrei che tutti gli educatori ripartissero dal giovane Gesù per capire e avvicinare meglio i giovani di oggi». Che hanno molti ostacoli da superare: «Hanno troppe informazioni, dai social, dalla tivù, da tutte queste immagini che rimandano sempre alla morte e che noi proponiamo loro come fosse un cartone animato. Dal mattino a quando andiamo a dormire, le immagini sono sempre di violenza, di cattiveria, di morte appunto. La morte non va negata, ovviamente, ma va rimessa nel suo giusto senso di un momento della vita, non della vita tutta: va spiegata insieme alla vita e all’amore, mentre noi educatori non sappiamo più farlo». Giovani più fragili «perché hanno bisogno di educatori veri, di genitori veri, di preti veri». Veri, come il Gesù di questo libro, nel senso di autentici. Don Mazzi, che una volta ordinato sacerdote aveva approfondito gli studi di Pedagogia e Psicologia dell’età evolutiva, ci propone un esperimento: «Che mondo sarebbe se al suo centro, a dare un sapore diverso a tutto, ci fosse una persona viva, la più viva mai vissuta, la più “vivente” che si possa immaginare (e dunque la più desiderabile?)».
Ed ecco la scoperta di Gesù che, ricorda il Vangelo di Luca, viene dimenticato dai genitori e a 12 anni si ferma nel Tempio a fare domande agli adulti «ma non riceveva risposte soddisfacenti». Gesù «sottomesso» ai suoi genitori, «ma certamente era anche allievo dell’università della strada, perché era lì che passavano il tempo i suoi coetanei». Gesù che riceve la sua educazione sentimentale non da film e fiction «ma dal Cantico dei Cantici». Gesù che sapeva che l’amore dava senso a tutto ma non trovava la propria dimensione: pieno di dubbi, consapevole di un destino più grande di lui e folgorato dall’incontro con Giovanni Battista.
Ripercorrendo questo diventare adulto, don Mazzi interroga noi che adulti lo siamo già, ad esempio sulle domande che non facciamo ai nostri giovani: «Sei felice?». E chiama in causa le istituzioni educative: «Alle università chiederei di proporre corsi speciali per mandare gli insegnanti nelle zone difficili. Quanto alle scuole, beh lì bisognerebbe davvero ripensare tutto e ripartire da don Lorenzo Milani. E poi serve un’accademia dell’adolescenza, perché oggi l’adolescenza comincia a dieci anni». Ma soprattutto servono tutta questa energia e questa passione. A 92 anni.