Corriere della Sera, 25 aprile 2022
Putin in cattedrale con il patriarca
L’ingresso alla cattedrale del Cristo Salvatore avviene anche su invito diretto del Cremlino. L’intera zona tra il fiume Moscova e la piazza Rossa sembra il teatro di una esercitazione militare. Si entra da un unico varco, presidiato dai soldati e dotato di doppio metal detector che non esclude nessuno da un’ulteriore perquisizione, alla quale tutti i partecipanti si offrono di buon grado. E si entra dopo aver esibito una lettera marrone chiaro che in filigrana riproduce il palazzo del potere russo. All’interno, un pieghevole in carta granulata rossa, che, raccontano gli eletti che ne sono in possesso, riporta in calce la firma di Vladimir Putin.
Con molta cautela, persino i media di Stato si chiedevano se ci sarebbe stato il bacio tra il patriarca Kirill e il presidente russo, come avvenne alla celebrazione della Pasqua ortodossa del 2015, dopo il primo conflitto in Ucraina e l’annessione della Crimea. Alle 23 arriva una prima risposta. I semafori sulla Strada del Maneggio che porta al ponte sul fiume smettono di funzionare per quasi trenta minuti, passando al rosso. Le vie circostanti si riempiono all’improvviso di camionette blindate. Fino al passaggio di un lungo corteo scortato da moto della polizia e chiuso da un blindato. In mezzo, una berlina con i vetri oscurati.
Lo Zar e il sindaco
Putin appare nella cattedrale accompagnato dal sindaco di Mosca, Sergey Sobyanin. Come fu nel 2021. Sui social, qualcuno alimenta la tesi che si tratti di un video falso, montato con materiale di repertorio, speculando sull’abbigliamento del presidente uguale a quello dell’anno scorso, e sul suo migliore aspetto fisico rispetto all’incontro di pochi giorni fa con il ministro della Difesa Sergey Shoigu. A ogni sua comparsa pubblica, vera o presunta che sia, sarà sempre la stessa storia.
Poco prima, sul sito del Cremlino, erano apparsi anche i suoi auguri per la festa religiosa più sentita dalla popolazione, «che risveglia nelle persone i sentimenti più luminosi, la fede nel trionfo della vita, della bontà, e della giustizia». Nessun accenno alla cosiddetta operazione militare speciale, in corso da ormai sessanta giorni. C’è invece un caloroso ringraziamento alla Chiesa ortodossa russa. «Per il suo lavoro costruttivo e fruttuoso volto a preservare le nostre più ricche tradizioni storiche, culturali e spirituali, rafforzare l’istituzione della famiglia ed educare le giovani generazioni».
La continuità tra fede ortodossa e potere politico è uno dei pilastri sui quali si regge l’attuale società russa. Putin iniziò a costruire la sua immagine di devoto nel gennaio del 2012, assistendo alla messa di Natale in una piccola chiesa di San Pietroburgo. Fu lui stesso a rivelare poi che in quel luogo era stato segretamente battezzato da bambino, in era sovietica. Sua madre e un vicino lo portarono all’altare senza dirlo al padre, funzionario del Partito comunista e ateo militante. Kirill ha stretto da tempo una alleanza inscalfibile con il presidente. Nel segno del nazionalismo, ha imposto alla Chiesa ortodossa una sterzata certo non sgradita al leader del Cremlino, che peraltro con Kirill condivide un comune trascorso nei servizi segreti, secondo quanto riferiscono le biografie non autorizzate dell’attuale patriarca. Su temi come omosessualità, droghe, vaccini e adesso anche Ucraina, le due più importanti personalità di Russia hanno sempre parlato con una voce sola.
Il sostegno
Ma il sostegno dichiarato ed entusiasta di Kirill a quel che sta avvenendo in Ucraina ha lacerato non poco la Chiesa ortodossa russa. Ancora lo scorso quattro aprile, giorno della sua ultima esternazione pubblica e della scoperta dei corpi dei civili inermi a Bucha, il patriarca aveva parlato con un’enfasi da Capo di Stato maggiore. «La maggior parte dei Paesi del mondo è ora sotto l’influenza colossale di una forza, che oggi, purtroppo, si oppone alla forza del nostro popolo» aveva detto celebrando una messa per le forze armate. «Allora dobbiamo essere anche molto forti. Quando dico “noi”, intendo, in primis, l’esercito, ma non solo. Tutto il nostro popolo oggi deve svegliarsi e unirsi sotto la nostra bandiera».
Il pressing
Questa volta, prima della messa di mezzanotte, Kirill ha scritto un testo dal quale sembra affiorare se non altro qualche preoccupazione per la tenuta della Chiesa ortodossa russa, dove l’insofferenza per il suo sostegno quasi entusiasta alle tesi del Cremlino e la mancanza di qualunque dichiarazione contro il conflitto, stanno facendo aumentare il rischio di uno scisma. Il sedicesimo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie aveva ricevuto pochi giorni fa una lettera inviata dal segretario del Consiglio mondiale delle Chiese che gli chiedeva di spendere un suo intervento in favore di un cessate il fuoco, almeno per la Santa Pasqua. Kirill non ha accolto l’invito, come era prevedibile. Ma se non altro, nel suo messaggio sembra rendersi conto delle possibili conseguenze del suo atteggiamento. «Non dobbiamo cedere alla tentazione del nemico del genere umano, che cerca di distruggere la benedetta unità tra i cristiani ortodossi». Sabato pomeriggio, durante una funzione a Mosca dove aveva benedetto le uova pasquali, Kirill ha detto che spera in una fine rapida della operazione militare speciale. Non l’ha condannata, non si è espresso contro alcuna guerra. Ma è già qualcosa.
Non c’è stato il bacio, anche perché come noto il presidente russo tende a rifuggire ormai dal contatto diretto con altri esseri umani. Putin, vestito con un completo blu scuro, ha assistito alla cerimonia in piedi, da una navata laterale, reggendo una candela rossa. Il presidente russo si è fatto più volte il segno della croce. Quando infine il patriarca Kirill ha annunciato la risurrezione di Cristo, anche lui si è unito agli altri fedeli per dire «È risorto davvero». Poi la messa di Pasqua è finita. Andate in pace.