Corriere della Sera, 24 aprile 2022
Il Cremlino: «Uccisi 11 mercenari italiani»
Mosca ha avvisato Roma che undici «combattenti di professione» italiani sarebbero caduti in territorio ucraino mentre «partecipavano a operazioni militari» contro le Forze armate della Federazione russa. I foreign fighters avrebbero fatto parte di un’unità di sessanta «mercenari» connazionali che si sarebbero schierati a fianco della resistenza di Kiev nel corso del confitto: dieci di loro sarebbero rientrati in Patria, mentre gli altri sarebbero ancora in Ucraina insieme a «diverse migliaia di cittadini stranieri» in armi. Non si conoscono né le identità dei deceduti né la località dove avrebbero perso la vita in combattimento.Non si può essere nemmeno certi dell’attendibilità della notizia, visto che alle autorità di Roma formalmente non risultano queste presenze nelle zone di guerra.
L’informazione però è giunta dal ministero della Difesa russo, che attraverso i canali diplomatici si è rivolto a palazzo Chigi. Colpisce la precisione con la quale Mosca quantifica il numero dei mercenari italiani che starebbero collaborando con la resistenza. Colpisce il dettaglio sui decessi. E la sorte che attenderebbe quanti ancora starebbero partecipando al conflitto. «Si può supporre – è scritto nella nota ufficiale – che le perdite irrecuperabili aumenteranno». Ma soprattutto si lancia un avvertimento sul destino di chi verrebbe preso prigioniero: «Ai mercenari non si applicano le norme del diritto umanitario internazionale». E in una guerra dove i militari di Putin si sono ripetutamente macchiati di crimini contro i civili, è facile immaginare quale sarebbe il trattamento per i «combattenti di professione».
È impossibile verificare se l’informativa abbia fondamento. Un mese fa – come aveva raccontato Giovanni Bianconi sul Corriere — ai funzionari dell’Antiterrorismo risultava la presenza di 17 italiani in Ucraina: nove schierati con Kiev, otto con le truppe di Mosca. Tutti peraltro penalmente perseguibili, visto che la legge vieta «atti ostili verso uno Stato estero». Ma il messaggio trasmesso dal ministero della Difesa russo ha una chiara valenza politica. È il segno – spiegano fonti della Farnesina – di una «escalation diplomatica di Mosca», che usa toni «sempre meno amichevoli» verso Roma. E non solo. Perché «note simili a quella inviata all’Italia» sono giunte ad altri Paesi europei che offrono assistenza all’Ucraina: l’obiettivo di Putin è «dividere il fronte occidentale in questa fase decisiva» del conflitto.
Si attende l’attacco nel Donbass. Finora, secondo report dell’intelligence, i russi hanno continuato con «azioni propedeutiche alla manovra risolutiva», che viene ritenuta «probabile» entro la metà della prossima settimana: sul campo il «rapporto di forze è di due a uno» a favore della Federazione. Il Cremlino – sostiene un autorevole rappresentante della Farnesina – «già prevede una risposta dell’Europa sotto forma di nuove sanzioni. Allora prova a condizionare i Paesi dell’Unione con tentativi di intimidazione». Così viene interpretato il messaggio sui foreign fighters presenti in Ucraina. Sebbene resti da capire se davvero undici «combattenti di professione» italiani siano rimasti uccisi.
Sulla lettura della nota russa però, c’è uniformità di giudizio nell’esecutivo. Un esponente del governo spiega che Mosca è «stizzita per il nostro atteggiamento, giudicato provocatorio»: ripetutamente sono arrivati segnali pubblici e riservati sul fatto che «staremmo aiutando Zelensky inviando armi agli ucraini e sostenendo le sanzioni, invece di agevolare la soluzione del conflitto. Si tratta di una visione distorta della realtà, è evidente. Ma è come se stessero ammucchiando pretesti che alla fine giustificherebbero azioni ritorsive russe contro l’Italia».
Il rapporto di Mosca con Roma, per quanto teso, non si è completamente consumato. La prova tangibile è data dal fatto che i russi non hanno ancora risposto all’espulsione dei loro trenta diplomatici dall’Italia. La decisione del governo, presa in accordo e in contemporanea con gli altri partner europei, risale al 5 aprile. Da allora Putin ha fatto espellere rappresentanti di ambasciata di molti Paesi dell’Ue. Ma non ha proceduto contro gli italiani. Se il dittatore immagina così di trovare ancora sponde a Roma, ha già ricevuto risposta: le parole pronunciate l’altro ieri da Mattarella e la notizia che Draghi andrà a Kiev sono segnali inequivocabili.