la Repubblica, 24 aprile 2022
La Moldavia ha paura di Putin
CHISINAU — Dopo il crollo dell’Unione sovietica, la Moldavia non è riuscita mai a strapparsi di dosso l’artiglio russo. E ora che Mosca minaccia una nuova zampata, nella capitale Chisinau il nervosismo è di nuovo alle stelle. L’Orso è tornato ad alitare sul “piccolo Paese del cuore grande”, per citare una recente campagna pubblicitaria del governo moldavo. Un generale del Cremlino, Rustam Minnekayev, ha annunciato che le truppe russe potrebbero allungarsi lungo la costa ucraina, mangiarsi Odessa, accaparrarsi la Transnistria e diventare la seconda potenza del Mar Nero dopo la Turchia. Tutti hanno capito che era la voce di Putin, espressa attraverso un generale perché forse non ha ancora capito se riuscirà a sfondare anche a Sudovest. Ma intanto la Moldavia trema.
Nel centro di Chisinau, la Cattedrale della Natività si è vestita a festa per la Pasqua ortodossa, le luminarie sono un’esplosione di colore nella grande piazza dove i fedeli arrivano alla spicciolata per la messa di mezzanotte. Ma è una Pasqua amara, adombrata dalla minaccia dell’Orso che dal 1812 ha regnato qui quasi per due secoli. L’indipendenza è una conquista recente, la Moldavia un Paese giovane, appena trentenne. E Oksana, 56 anni, protegge una sontuosa chioma di capelli rossi dalla pioggia ed è venuta soprattutto per pregare. «Non voglio un’altra guerra come nel 1992», quando la Transnistria si autoproclamò autonoma. «Io ho il cognome russo ma la mia famiglia vive in Moldavia da 200 anni. Ho paura di queste minacce russe. A Kolbasna, in Transnistria, c’è un deposito enorme di armi. Se lo colpiscono esplode mezza Moldavia. Noi siamo un crogiolo di popoli, dobbiamo restare neutrali». L’unico momento in cui un sorriso le sfiora le labbra è quando racconta che dopo la messa, alle due di notte, mangerà le uova colorate con i suoi nipoti.
Il generale del Cremlino che ha minacciato la Moldavia ha spaventato il governo soprattutto per la scelta delle parole. Per quel pretesto da manuale delle invasioni di Putin: difendere “il popolo oppresso” russofono che vive in Transnistria. Un déjà vu del Donbass, una spia che l’imperialismo etnico di Mosca, forse, non si fermerà alla frontiera ucraina. «Siamo un Paese fragile in una regione fragile»: la presidente Maia Sandu, un dottorato ad Harvard e una carriera internazionale spettacolare per poi tornare nel suo Paese e farsi eleggere prima donna alla guida del governo e ora a capo dello Stato, è stata limpida, ieri. La sua stella polare è l’Europa; la sua missione principale, convincere il suo popolo a seguirla nella traiettoria verso l’Occidente. Il suo lungo duello per le poltrone più importanti con l’eterno rivale Igor Dodon, il leader filorusso che fa appello all’altra metà del cuore moldavo, quello rivolto verso Mosca, è sintomatico di un Paese diviso. Ma che guarda sempre più verso Bruxelles per liberarsi dall’ombra di Putin. Senza tradire, però, la promessa della neutralità militare: la Moldavia dipende al 100% dal gas russo. Non ha neanche adottato le stesse sanzioni dell’Ue per non indispettire il suo fornitore unico e imprescindibile.
Ma proprio per questa scelta pragmatica di restare fuori dalla Nato, la Moldavia è vulnerabile come l’Ucraina, se l’Orso torna ad allungare i suoi artigli verso la Transnistria. È l’unico Paese dell’area che non è finito sotto l’ombrello dell’Alleanza. Ed è schiacciato, in queste settimane, dal peso di 400mila profughi ucraini che hanno cercato riparo qui dalla guerra. Inseguiti da fake news orribili trasmesse sui canali in russo che parlano di profughi ubriachi, molesti, pericolosi. Il Cremlino vuole avvelenare il clima tra moldavi e ucraini. Soprattutto, secondo Rusi, il Think tank della Difesa britannica, Mosca starebbe già preparando una campagna dell’Fsb per destabilizzare il Paese in vista delle celebrazioni del 9 maggio, quelle che nella testa di Putin dovrebbero festeggiare non si sa quale vittoria sull’Ucraina. Un mese fa Maia Sandu ha bandito tutti i simboli legati all’invasione russa, a cominciare dalla famosa “Z”. E secondo il report, i russi starebbero organizzando finte manifestazioni di protesta che avrebbero lo scopo di sobillare i moldavi contro una presunta fobia antirussa nelle sue classi dirigenti. Un tentativo di strozzare il sentimento crescente pro-europeo nel Paese. E incitare alla rivolta. Magari giustificando un intervento militare russo in Transnistria.
La Transnistria, appunto. Un pezzo di terra oblungo che coincide quasi del tutto con il confine ucraino a Nord, che si è auto-dichiarato indipendente nel 1990 ma non è riconosciuto da nessuno. Un’isola che non c’è, un fantasma sulle cartine che però pullula di soldati russi e separatisti. E che ricorda ogni giorno ai moldavi il pericolo di un ritorno dei tank di Mosca. Nei chilometri e chilometri di tunnel e bunker che si mormora siano nascosti sotto ai grigi palazzoni sovietici, si teme che i separatisti abbiano accumulato una santabarbara. E, dall’inizio dell’invasione della Russia, gli analisti più seri non hanno mai smesso di tenere d’occhio quella cellula dormiente delle forze militari di Putin. E ieri, secondo la Difesa ucraina, truppe sarebbero state spostate «per condurre provocazioni e svolgere azioni dimostrative al confine con l’Ucraina ». Un brutto segnale.