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 2022  aprile 24 Domenica calendario

In Moldavia ritorna la paura

«Il pieno controllo dell’Ucraina meridionale darebbe accesso alla Transnistria». Le parole di Rustam Minnekayev, vice comandante della regione militare centrale della Russia, sono al tempo stesso una minaccia e una dichiarazione d’intenti. L’enclave russofila in Moldavia, occupata dalla Russia con oltre 1.500 uomini di una “forza di pace”, è lo spauracchio degli strateghi militari della Nato. Questa mossa, se messa in campo e finalizzata, taglierebbe l’intera linea costiera dell’Ucraina e significherebbe che le forze russe si spingerebbero centinaia di chilometri più a ovest, oltre le principali città costiere ucraine di Mykolaiv e Odessa, da cui la Transnistria dista 40 chilometri. I missili sparati ieri contro Odessa tornano ad alimentare le paure che da settimane tengono in allarme la città.
Il ministero della Difesa ucraino ha reagito alle parole del generale Minnekayev sostenendo che «la Russia non sta più nascondendo le sue intenzioni». Nei giorni scorsi i fedelissimi del Cremlino hanno parlato di «seconda fase» delle operazioni belliche. Secondo il ministero della Difesa ucraino è ora chiaro che «l’obiettivo della seconda fase della guerra non è la “vittoria sui nazisti”, ma semplicemente l’occupazione dell’Ucraina orientale e meridionale. Cioè un’operazione di stampo imperialista».
In Transnistria i militari russi hanno alzato il livello di allerta. Due settimane fa Avvenire aveva osservato sul campo, in particolare a Grigoriopol e sulle strade verso la capitale Tiraspol, movimenti di truppe russe dirette verso il confine non ufficiale con l’Ucraina, che si affaccia proprio sulla regione di Odessa. In Moldavia le ultime notizie hanno fatto crescere la preoccupazione. Una tensione che il governo di Chisinau cerca di mitigare da settimane rassicurando i tre milioni di abitanti che potrebbero fuggire in poche ore verso la Romania. Ma ieri, per la prima volta da molti anni, le autorità moldave hanno convocato l’ambasciatore russo a Chisinau, per esprimere disapprovazione dopo le intenzioni espresse da Mosca. «Il ministero degli Esteri della Moldavia – si legge in una nota – vede queste dichiarazioni come infondate, inoltre contraddicono la posizione della Russia a sostegno della sovranità e dell’integrità territoriale del nostro Paese, all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti».
La Transnistria è una repubblica fantasma che neanche Mosca ha ufficialmente riconosciuto. Un’ambiguità che consente al Cremlino di giustificare la presenza dei suoi militari inquadrati come “peacekeeper” e non come “forza di occupazione”. Tiraspol dopo l’annessione della Crimea nel 2014, aveva chiesto alla Russia di essere riconosciuta come parte dei territori russi. Fino ad ora Putin ha lasciato nel cassetto la richiesta, agitandola non di rado come una minaccia nei negoziati internazionali. Ma dopo il riconoscimento delle repubbliche del Donbass, molti temono che l’istanza della Transnistria possa essere accolta, segnando così un’ulteriore fase del conflitto.
Di fatto l’enclave è una tortuga nell’entroterra del Mar Nero. Non c’è traffico illegale che non passi da lì: armi, droga, esseri umani, petrolio, perfino scorie radioattive. Il 40% del mezzo milione di abitanti è di origine ucraina e i malumori per la guerra contro Kiev crescono. Il coinvolgimento diretto di Tiraspol nel conflitto potrebbe risvegliare le tensioni interne. Tuttavia se davvero Mosca riuscisse a chiudere ogni accesso al mare per l’Ucraina, facendo tracimare la guerra all’interno della piccola e indifesa Moldavia, si aprirebbe un nuovo fronte con la Nato. «Chisinau dista un’ora d’auto dal confine con la Romania, paese Ue e della Nato. Ma se anche Mosca rinunciasse a farne un facile boccone – osserva un diplomatico europeo in Moldavia – non bisogna dimenticare che la regione ucraina di Odessa a sud confina proprio con la Romania, e non ci sarebbe bisogno di conquistare la Moldavia per minacciare un’espansione del conflitto alle porte dell’Ue».
Non è un caso che la Nato continui a far affluire uomini e mezzi proprio al confine tra Romania e Ucraina, lungo la sottile fascia costiera che affaccia sul Mar Nero. Per il ministro degli Esteri rumeno Bogdan Aurescu questa presenza «non può essere vista da Mosca come una provocazione», ma una «risposta legittima».