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 2022  aprile 23 Sabato calendario

I viaggi di Sacks


Vedere voci. Un viaggio nel mondo dei sordi di Oliver Sacks torna in libreria sempre per i tipi di Adelphi, sempre nella traduzione di Carla Sborgi. È stato scritto e pubblicato alla fine degli anni Ottanta e rappresenta ancora oggi una riflessione – come tutti gli scritti di Sacks – su quanto l’essere umano, nella sua molteplicità di intelligenze e sensi e lacune, sia un inscindibile miscuglio di natura e cultura: «Lo studio dei sordi ci mostra che in buona parte le nostre facoltà precipuamente umane – possedere un linguaggio, pensare, comunicare, creare una cultura – non si sviluppano in modo automatico, non sono solo funzioni biologiche, ma hanno anche un’origine sociale e storica, esse sono un dono – il più meraviglioso dei doni – che una generazione fa all’altra. Vediamo come la nostra Cultura sia altrettanto cruciale quanto la Natura».
Alla metà degli anni Cinquanta, Norbert Wiener, grande matematico ed ex bambino prodigio, pubblica il suo testo di divulgazione sulla disciplina che lui stesso ha battezzato cibernetica. Il libro, una raccolta di saggi, si intitola The Human Use Of Human Beings ( in italiano Introduzione alla cibernetica. L’uso umano degli esseri umani, Bollati Boringhieri, 1966, tradotto da Dario Persiani). Il titolo è evocativo e preciso perché ciò che assillava Wiener e che è una delle direttrici degli scritti di Sacks è la definizione dell’essere umano. Wiener sottolinea che «il problema della definizione degli esseri umani è uno dei più sconcertanti». La differenza tra uomo e altri viventi è il linguaggio. Parliamo tra noi. L’esigenza di comunicazione in forma linguistica è una nostra caratteristica. Scrive Wiener: «L’essere sordi è una mutilazione peggiore dell’essere ciechi» perché la nostra individualità è essenzialmente linguistica.
Il reportage di Sacks nel mondo dei sordi è, in effetti, un reportage sul linguaggio, e sul linguaggio come motore evolutivo. Su quanto la nostra possibilità di imparare e stare nel mondo passi non esattamente per le parole, ma per il possesso di una grammatica, di un linguaggio. «Essere menomato nel linguaggio, per un essere umano, è una delle calamità più disperate, perché è solo attraverso il linguaggio che entriamo in pieno possesso della nostra umanità, che comunichiamo liberamente con i nostri simili, che acquistiamo e scambiamo informazioni. Se non siamo in grado di fare tutte queste cose, saremo per sempre singolarmente menomati e isolati – quali che siano i nostri desideri, sforzi o capacità innate. Possiamo addirittura essere a tal punto impotenti a realizzare le nostre capacità intellettuali da apparire mentalmente deficienti».
Come altri reportage di Sacks – Risvegli, L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello – non è solo un viaggio nei luoghi e tra le persone, che comincia da un’occasione di studio o uno sconcerto, ma anche dentro i libri. Così, oltre che all’Università di Gallaudet, a Martha’s Vineyard, alla scuola e al circolo di Via Nomentana a Roma, Sacks ci conduce in un viaggio nei libri scritti da persone affette da sordità, pre- linguistici o no, scrittori e poeti che sono stati in grado, per tutta la vita, di udire «voci fantasma» che non potevano udire. E nelle teorie di grandi rivoluzionari, come L’Epée. Charles- Michel de l’Épée ha fondato il linguaggio dei segni e attuato una riforma per l’insegnamento ai sordi che Sacks definisce pari alla rivoluzione copernicana in ambito fisico- matematico. È riuscito a dimostrare, insegnando e formando insegnanti di lingua dei segni ( siamo alla fine del Settecento) che la complessità delle idee non dipende dalla possibilità di ascoltare le parole ma di sviluppare e possedere una grammatica, un linguaggio. «La relazione tra linguaggio e pensiero è la questione più profonda, cruciale, che incontriamo quando consideriamo la sorte che aspetta, o che può aspettare, coloro che sono nati sordi, o che lo sono diventati in età giovanissima».
Quando Marina Cvetaeva ( Taccuini 1919- 21, Voland, 2014, traduzione di Pina Napolitano) racconta la morte di sua figlia Irina, scrive «Irina! Se esiste un cielo, tu sei in cielo, comprendimi e perdonami se sono stata per te una cattiva madre, che non ha saputo superare la sua avversione per la tua natura oscura e incomprensibile». Irina non parlava. Sacks dice, in questo libro e in altri, quanta «oscurità e incomprensibilità siano questioni anche, se non soprattutto, relazionali, e come tali vadano affrontante, assumendoci la responsabilità del nostro essere animali culturali».