Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  aprile 23 Sabato calendario

Putin punta alla Transnistria


Una visione del piano di battaglia russo così chiara e determinata da apparire quasi incredibile. Perché le forze armate di Mosca non hanno rinunciato alla vittoria totale sull’Ucraina, ma stanno solo modificando la strategia: procederanno lentamente, per fasi, con l’obiettivo di soffocare l’economia di Kiev. E poi andare addirittura oltre, per garantire un «corridoio fino alla Transnistria», l’enclave all’interno della Moldavia. Uno scenario che obbliga l’Europa a riflettere sulla risposte politiche e militari alla prospettiva di un’invasione destinata a non fermarsi ai confini ucraini.
Le parole pronunciate dal generale Rustam Minnekaev durante una conferenza sono state rilanciate dalle agenzie del Cremlino. Un intervento assolutamente irrituale: è un ufficiale poco noto, con l’incarico limitato di numero due del Distretto Militare Centrale, che copre l’area del Volga, degli Urali e della Siberia. Ma il suo superiore diretto è Alexander Lapin: uno degli artefici della campagna in Siria, che da due anni promuove la riforma dell’esercito sottolineando proprio i problemi emersi in Ucraina. Lapin a fine marzo è andato al fronte, per incontrare i soldati che combattevano alle porte di Kiev. Adesso il suo vice presenta il disegno della «seconda fase dell’operazione»: «Uno dei compiti dell’esercito russo è stabilire il pieno controllo del Donbass e dell’Ucraina meridionale. Ciò consentirà di fornire un corridoio terrestre alla Crimea, oltre a permettere di influenzare le strutture vitali ucraine e i porti del Mar Nero, attraverso i quali prodotti agricoli e metallurgici vengono esportati». La conquista dei territori rivendicati dalle due repubbliche secessioniste e l’occupazione stabile della regione meridionale tra il fiume Dnepr e il mare di Azov appaiono come la premessa a un blocco definitivo dei porti ucraini. Questa è l’arma finale di Putin: secondo il presidente Zelensky l’invasione ha già provocato danni per 550 miliardi di dollari e il Paese ha bisogno di sette miliardi al mese per sopravvivere. Un costo che graverà tutto sulle spalle dell’Occidente e continuerà a crescere per effetto dei bombardamenti, concentrati da settimane sulle infrastrutture industriali, obbligando milioni di persone senza più lavoro a emigrare.
Il discorso del generale Minnekaev rende esplicito un tema apparentemente sottovalutato: mentre gli occhi del mondo sono puntati su Mariupol e sul Donbass, le sorti del conflitto rischiano di decidersi nelle acque di Odessa, il terminale dei cereali e dei manufatti da cui dipende il Pil ucraino. Gli invasori non sono riusciti a marciare sulla città ma hanno sbarrato le rotte marittime: nulla entra e nulla esce. Ed ecco che l’insistenza statunitense e britannica sulla necessità di consegnare missili antinave alle forze di Kiev assume un significato strategico, così come l’attacco che ha provocato l’affondamento dell’incrociatore Moskva. Ci vuole altro però per rendere sicuro il traffico mercantile: la flotta russa dispone di sottomarini, di dozzine di navi militari e di batterie missilistiche puntate verso Odessa.
Secondo l’ufficiale, Mosca non teme l’escalation. Ha tracciato un parallelo con la lotta contro il Terzo Reich: «Apparentemente, ora siamo in guerra con il mondo intero, come nella Grande Guerra Patriottica: l’intera Europa, il mondo intero era contro di noi. E adesso è lo stesso: non gli è mai piaciuta la Russia». In questa sfida globale si inserisce la proiezione verso la Moldavia, trasferendo la minaccia ancora più vicino all’Unione europea: «Il controllo sul sud dell’Ucraina è un altro corridoio per la Transnistria, dove viene oppressa la popolazione di lingua russa». Per questo «l’operazione speciale deve essere portata con successo alla sua logica conclusione – ha detto Minnekaev –. Tutti gli obiettivi saranno raggiunti. Non abbiamo iniziato questa guerra, ma la finiremo».