Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  aprile 23 Sabato calendario

Intervista a Marta Cavalli


Le mani sul casco e il sorriso di chi ce l’ha fatta. L’immagine di Marta Cavalli, 24 anni di Formigara (Cremona), regina della Amstel Gold Race e poi della Freccia Vallone, è il simbolo della forza del ciclismo rosa. Quello che a suon di imprese si prende la scena, tentando il sorpasso su quello maschile.
Marta, il vostro movimento cresce. Vincete più degli uomini, come nello sci alpino e anni fa nel tennis. Il segreto?
«Non mi piace fare paragoni tra uomini e donne. Tra i maschi ci sono tanti gregari italiani che vanno fortissimo e non vincono solo perché sono al servizio dei capitani, penalizzati dalle decisioni delle squadre. È ingiusto dare la colpa ai colleghi. Anzi, dico ai ragazzi di non prendersela. Aspettiamo la Nazionale».
Qual è il fattore che ha determinato la vostra crescita?
«Il movimento esisteva già, era florido ma immaturo. Con il passare del tempo abbiamo acquisito esperienza. La nostra è una generazione talentuosa e adesso è esplosa».
Quando ha iniziato con la bicicletta?
«Non prestissimo, a 10 anni, ma poi ho recuperato. Mio nonno aveva una squadra e mio padre era un corridore a livello amatoriale, sono cresciuta tra le biciclette».
Chi l’ha ispirata?
«Mark Cavendish con le sue accelerazioni in volata. E anche con il suo modo di essere, molto posato, anche dopo la corsa. Alla tv non mi perdevo una gara. Mi riconosco nel suo modo pacato di affrontare la vita. Io sono così, calma e timida».
Ma in gara si scatena.
«Sì. Alla Freccia Vallone ho vinto grazie ad una prova di forza. È stato il successo che mi ha sorpreso di più. Alla Amstel, invece, ho fatto la differenza con una mossa tattica. Il vero salto di qualità è arrivato nel 2021. In allenamento vedevo che le cose miglioravano, sentivo di crescere. Sono molto seguita, dalla preparazione fisica allo psicologo alla nutrizionista».
Come si alimenta in corsa?
«Con le barrette naturali che ci prepara la nostra specialista e con la frutta secca. Mangiare in corsa e in allenamento è uno dei momenti più importanti. E nella dieta ci sono carboidrati, proteine, verdure e frutta. Lo stress si combatte in cucina».
Domani ci sarà la Liegi. Sogni?
«Tantissimi. È la mia corsa preferita, la più impegnativa. Non vedo l’ora di correre, è una gara con tante possibilità. Sono tranquilla e molto motivata. Mi sto godendo questo momento d’oro, vorrei non finisse mai. Adesso sono in Belgio, in ritiro con la squadra. Festeggerò al mio ritorno a casa».
Ci racconti della sua famiglia...
«È il mio porto sicuro. I miei genitori mi hanno sempre appoggiata. Poi c’è mia sorella, lei non ha scelto la bicicletta ma è rimasta nell’ambito dello sport scegliendo fisioterapia. Quando possono mi seguono. È anche merito loro se ho raggiunto questi successi, mi hanno aiutata lasciandomi libera di scegliere. Nel mio cerchio magico di affetti sono inclusi ovviamente gli amici».
Lei è una delle più attese al Giro d’Italia. Pressione?
«No, sono serena e orgogliosa di quello a cui ho partecipato l’anno scorso, un salto di qualità. Adoro correre in casa, il tifo è incredibile. I fans ti vengono a cercare per un selfie e per un saluto».
Ha già pensato alla preparazione?
«Andrò a visionare le tappe più impegnative, a Trento e a Bergamo. È un Giro che mi piace. La novità è l’inserimento del giorno di riposo. Un passo avanti. E sarà curioso capire come reagisce il fisico, potrebbero esserci delle sorprese. E la partenza dalla Sardegna sarà affascinante».
Marta, che cos’è per lei il ciclismo?
«Uno stile di vita. È dedizione al cento per cento, fatica e passione. Lo ami o lo odi. Io, dopo il diploma al liceo scientifico, non ho esitato un attimo a buttarmi in questa avventura. È la mia vita». —