Avvenire, 23 aprile 2022
La situazione a Mariupol raccontata da Vyacheslav Abroskin, il vicecapo della polizia
Vyacheslav Abroskin, è un generale ed è vice-capo della polizia nazionale dell’Ucraina. L’uomo, attualmente molto vicino al battaglione Azov, noto anche ai media internazionali per aver «offerto la sua vita» alle truppe russe in cambio della salvezza dei bambini di Mariupol, sta seguendo in prima linea il dramma della città portuale.
«Sono incaricato di verificare, con molte difficoltà logistiche, quello che sta succedendo nell’area intorno a Mariupol, non è possibile entrare in città. In base alle dei droni, emerge uno scenario urbano con il 98 per cento degli edifici distrutti. Pur non essendo completamente caduta, posso dire che è spacciata. Le persone intrappolate nell’acciaieria non hanno alcuna possibilità a meno di un’evacuazione autentica garantita a livello internazionale, non una farsa. Sulla fossa comune, denunciata dal sindaco Vadym Boichenko, aggiunge: «Là dentro ci sono anche i corpi dei combattenti russi. Putin ha ben poco in mano, per cui ha necessità di mostrare Mariupol come una gigantesca vittoria, mentre la città, in realtà, è solo un cumulo di macerie e cadaveri, anche dei nostri invasori, fatti sparire per non confermare l’ecatombe, che si è verificata soprattutto nelle ultime tre settimane.
L’inatteso bombardamento di giovedì sera su una parte dell’Azovstal, dopo la dichiarazione della vittoria russa, mostra tutta l’insicurezza di Mosca che, da una parte, vuole l’entrata trionfale, dall’altra ha terrore di un ribaltamento improvviso.
Il generale Abroskin ha precisato che i militari russi a Mariupol sono soprattutto mercenari, uomini ceceni – inviati dall’alleato del Cremlino Ramzan Kadyrov – o etiopi reclutati più di recente, inviati da Mosca per evitare che entrino in contatto con gli abitanti russofoni della cittadina e conclude: «Questa è una tattica banale ma perversa per evitare che si creino fenomeni di empatia, di solidarietà, di dialogo».