la Repubblica, 22 aprile 2022
Perché l’allargamento Ue a Est ha salvato tanti Paesi
«Fino a due mesi fa venivo rimproverato per l’allargamento ad est nell’Unione europea, ora invece avverto gratitudine». Nella sala dell’ambasciata slovacca in via dei Colli della Farnesina a Roma Romano Prodi è commosso. La presidente della Repubblica slovacca Zuzana Caputova, in visita in Italia, gli ha appena consegnato un’onorificenza – l’Ordine della doppia croce bianca – per ringraziarlo del sostegno che diede da presidente della Commissione europea all’ingresso di Bratislava nella Ue, 18 anni fa. La Slovacchia entra nell’età adulta, mentre infuria una guerra che mette a dura prova il cuore del vecchio Continente. «Quell’ampliamento – si toglie il sassolino dalle scarpe il Professore – ha messo al sicuro tanta parte d’Europa, ora bisogna fare altrettanto con tutta l’Europa. È un grande compito che ci attende. L’emergenza della guerra ci obbliga alla grande politica: la difesa comune. Abbiamo fatto tanti passi avanti, grazie al Next generation, ma bisogna farne altri».
Lo ascoltano il ministro Giancarlo Giorgetti, il sottosegretario agli affari europei Enzo Amendola, il presidente del Copasir Adolfo Urso, il presidente della Commissione esteri del Camera Piero Fassino che dice: «Non è un caso che, nel Dopoguerra, nei paesi Ue non sono scoppiate guerre. Questo impone la necessità di integrare l’Ucraina e i Balcani occidentali: è un‘esigenza di stabilità che va realizzata in tempi rapidi».
Romano Prodi ricorda che la Slovacchia lui l’apprezzava da molto tempo («mi piace passeggiare per Bratislava perché assomiglia alle nostre città»), «ma da economista mi chiedevo: “Come farete?”. «Un’agricoltura spezzettata, poco tessile, un’industria chimica che sporcava. E ora è il Paese con più successo tra i nuovi. Oggi il reddito pro capite medio è di 20mila dollari». E quindi serve un altro passo avanti, con l’Ucraina. «Per difendere la libertà» dice il Professore.