Corriere della Sera, 22 aprile 2022
Tutte le verità e i dubbi sul digiuno intermittente
La dieta del «digiuno intermittente» ha molto successo. Anche grazie ad alcuni vip (tra cui Fiorello e Jennifer Aniston) che ne hanno decantato gli effetti portentosi sulla perdita di peso. Esistono diversi modelli alimentari basati sulla temporanea «deprivazione», ma il più diffuso è il «16:8» (si mangia in un arco di tempo di 8 ore, solitamente dalle 8 alle 16, per poi stare senza cibo 16 ore). L’obiettivo principale è dimagrire, ma ci possono essere altri benefici, come il contrasto all’invecchiamento cellulare.
Un nuovo studio, condotto all’Università di Guangzhou (Cina) su 139 persone obese seguite per un anno e pubblicato sul New England Journal of Medicine, mette però in dubbio che il digiuno intermittente (e in particolare il regime a restrizione oraria) offra particolari vantaggi rispetto a una dieta «normale». Nell’esperimento le donne hanno mangiato 1.200-1.500 calorie al giorno e gli uomini 1.500-1.800. I partecipanti erano tenuti a fotografare ogni piatto consumato e tenere un diario alimentare. Inoltre venivano monitorati da un food coach. Una metà dei volontari ha seguito la dieta «16:8», l’altra metà poteva mangiare liberamente, ma senza superare il totale di calorie ammesse. Dopo un anno entrambi i gruppi avevano perso peso: una media di 8 chili quello con restrizione oraria, una media di 6,3 l’altro. Una differenza non statisticamente significativa. Anche il miglioramento di altri parametri, come circonferenza addominale, grasso corporeo e massa magra, è risultato simile. Stesso discorso per livelli di glucosio nel sangue, insulino-resistenza, colesterolo e pressione sanguigna. Insomma, il regime 16:8 non sarebbe più efficace di una semplice riduzione dell’apporto calorico giornaliero nell’arco di 24 ore. È davvero così?
«Il lavoro è ampio e ben condotto – spiega Stefano Erzegovesi, primario del Centro disturbi del comportamento alimentare all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano —. Mostra che ampliare a 16 ore il digiuno non fa la differenza né sulla perdita di peso né sui parametri metabolici. Guardando però le tabelle dello studio si può osservare che nel gruppo con restrizione oraria sono stati raggiunti obiettivi leggermente migliori (dimagrimento di 8 kg medi anziché 6,3, grasso viscerale calato di 26 cm quadrati anziché 21): questo porta a ipotizzare che, in un lavoro con un numero più ampio di partecipanti, le differenze potrebbero risultare statisticamente significative, a favore della dieta 16:8».
Come è organizzato questo modello alimentare? «Alla base c’è l’idea che il metabolismo degli zuccheri e dell’insulina è allineato ai nostri ritmi circadiani, quindi mangiare nella fascia 8-16 (quando il sole è più alto all’orizzonte) è la cosa migliore – chiarisce Erzegovesi —. Se si consuma troppo cibo nelle ore pomeridiane e, soprattutto serali, ci si “scontra” con una maggiore insulino-resistenza (ciò riguarda tutti, non solo i diabetici) e inoltre il pasto serale a ridosso del sonno rende meno efficienti i meccanismi di pulizia cerebrale che si attivano di notte». La dieta con 16 ore di digiuno può essere seguita da tutti, ad eccezione di bambini, adolescenti, donne in gravidanza e allattamento e chi ha disturbi alimentari. Prima di iniziarla, però, bisogna sempre confrontarsi con il proprio medico.