il Fatto Quotidiano, 21 aprile 2022
Biografia di Victoria Nuland
Nell’aprile del 2021, il presidente Biden sceglie Victoria Nuland come vicesegretario di Stato – ovvero, come vice ministro degli Esteri della potenza americana –: immediato il messaggio arriva forte e chiaro oltreoceano al presidente russo, Vladimir Putin. Questa designazione segna un completo cambio di rotta, in senso peggiorativo, nell’approccio di Washington e Mosca dopo la presidenza apertamente filo-putiniana di Donald Trump, ma anche rispetto agli anni di appeasement – in altre parole, accomodanti – dell’Amministrazione Obama.
A decidere le future mosse della squadra Biden nell’emisfero europeo ed ex sovietico è la segretaria “Fuck Europe”: che “l’Europa poteva andare a farsi fottere” lo aveva rivelato – nei giorni delle barricate di Maidan, febbraio 2014 – la Nuland all’ambasciatore Usa a Kiev, Geoffrey Pyatt, in una telefonata privata, poi diffusa dai media. In ballo c’erano gli equilibri ucraini e il futuro dell’opposizione al presidente filorusso Yanukovich, che si era rifiutato di firmare gli accordi con l’Unione europea: nella telefonata la Nuland si augura che non arrivi al potere Klitcho (l’ex pugile oggi sindaco di Kiev), mentre sostiene “Yats”, ovvero Jacenjuk, poi diventato premier dal 2014 al 2016. Se la posizione ufficiale Usa sulla crisi politica in Ucraina è sempre stata quella del diritto all’autodeterminazione del popolo ucraino, la telefonata rivela interferenze di Washington a Kiev che non apprezzano nemmeno le capitali europee: Angela Merkel commenterà le parole della diplomatica come “inaccettabili”’, ma nemmeno le critiche della cancelliera sono riuscite a frenare la carriera della Nuland, che ha poi accusato i servizi della Federazione del leak audio per gettare discredito sulla squadra Obama. Prima di quel 2014 la Nuland conosceva già bene la Russia. Veterana dello spazio post-sovietico inizia l’esplorazione dell’Urss quando collassa: nel 1991 è all’ambasciata di Mosca. Diventa fluente nelle lingue dei vecchi e nuovi nemici: parla russo e cinese. Per la sua conoscenza dell’Europa dell’Est l’ha scelta George Bush junior: fino al 2008 è la sua ambasciatrice alla Nato, poi diventa capo negoziatore per le forze armate convenzionali in Europa. Nel 2013 quando si alzano le prime barricate a Maidan è la segretaria di Stato per gli affari europei ed euroasiatici. Dal 1997 al 1999 è vicedirettore per gli affari dell’ex Unione Sovietica presso il Dipartimento di Stato e per il suo lavoro con i russi durante la campagna aerea in Kosovo verrà medagliata. Altre onorificenze le ha ricevute per il dispiegamento delle truppe Nato oltre i confini dell’Alleanza Atlantica: a Kabul. Senior counselor alla Albright Stonebridge group – azienda di Washington fondata dall’ex segretaria di Stato – Nuland è finita come una preoccupante quantità di alunni dell’Asg (hanno scritto prima Politico e poi Intercept) a ricoprire ruoli chiave nell’Amministrazione Biden.
La discendente di ebrei ucraini migrati negli Stati Uniti è sposata con lo storico neocon Robert Kagan, a capo dell’istituto “Progetto per un nuovo secolo americano”, fondato da Donald Rumsfeld e Dick Chaney. E per il vice presidente di Bush la Nuland lavorerà come principale consigliere per la sicurezza dal 2003 al 2005, recita la sua biografia sul portale Nato, “per promuovere la democrazia”: dall’Iraq al Libano, fino all’Ucraina. “La Russia perderà, è solo questione di tempo”. Per due ore la sottosegretaria l’8 marzo scorso ha testimoniato al comitato del Congresso Usa, dove ha ammesso la presenza di laboratori di ricerca chimica e biologica: non ha ammesso che sono americani, né che servano a scopi bellici. Mastino degli Stati Uniti e dei suoi interessi, da stratega interventista liberale con cariche sempre più influenti ha servito cinque presidenti, repubblicani e democratici, dalla fine della Guerra fredda. Tutti tranne uno perché troppo soft con Putin: Trump.