il Giornale, 21 aprile 2022
Cesare Borgia, bello e feroce
I quadri che hanno come soggetto personaggi famosi e famigerati sono molto affascinanti, ma talvolta le storie oltre i loro volti sono persino più intriganti.
Nel 1500 Cesare Borgia veniva così descritto dall’emissario veneziano: «Il Papa ama e teme molto suo figlio il duca, che è bellissimo, alto e robusto». Anche quello mantovano lo rappresenta come un uomo «di profondo fascino, con le maniere degne del figlio di un gran principe». Quanto fosse effettivamente bello Cesare Borgia è tuttavia ancora oggetto di discussione.
Il ritratto che ha fatto di lui Altobello Melone mostra un giovane uomo attraente, ma Borgia ispirava talmente tanto terrore che forse era più che altro per piaggeria che veniva definito «l’uomo più bello di tutta Roma». Molto interessante che questa definizione sia in seguito stata affibbiata anche al suo fratellastro, Alfonso d’Aragona, che venne ucciso da Cesare, forse proprio per eliminarlo dalla competizione.
In ogni caso, tutti questi commenti si riferiscono a quando Cesare Borgia era giovane. A ventidue anni, si beccò la sifilide e il decorso della malattia venne annotato dal suo medico, il quale scrisse che era cominciata con un’infiammazione dei genitali, alla quale era seguita la comparsa di pustole sul volto e sul torace. Di certo, quando incontrò Cesare, Paolo Giovio (collezionista di ritratti di personaggi famosi) affermò che «sul viso aveva una macchia livida e dei brufoli purulenti. Gli occhi erano molto infossati, e il suo feroce sguardo da serpente sembrava infuocato, tanto che nemmeno i suoi amici e compari riuscivano a sostenerlo».
Il che ci conduce alle ultime rappresentazioni di Cesare Borgia, realizzate da Leonardo da Vinci. Non c’è traccia in queste immagini dei segni della sifilide, che all’epoca imperversava in Europa, tuttavia la differenza tra i ritratti del Cesare ventenne e quelli di quando di anni ne aveva ventisette è netta. Sembra molto invecchiato: ha la faccia gonfia, le borse sotto gli occhi.
Leonardo da Vinci era un disegnatore accurato ed è improbabile che potesse realizzare un ritratto poco lusinghiero per un committente così esigente. A quel tempo era stato assoldato come ingegnere capo della campagna militare dei Borgia, poiché aveva inventato una balestra in grado di scagliare una freccia tre volte più lontano delle altre e un gas velenoso. Quel che Leonardo pensava davvero di Cesare non è dato saperlo; ma pare che l’artista volesse approfittare delle ricchezze dei Borgia per finanziare le proprie invenzioni, e che potesse essere spietato tanto quanto il suo patrono. Per mettere alla prova l’efficacia del suo gas tossico, quando Faenza, la cittadina che stava assediando, non si arrese, Borgia avvelenò due attendenti di fronte al quindicenne duca e minacciò di uccidere il resto della popolazione. La città capitolò e poco dopo Leonardo lasciò il proprio impiego al soldo di Cesare.
Per quanto riguarda il Papa spagnolo, Alessandro VI, la sua corruzione, la sua avidità, la sua depravazione e la sua astuzia politica, traspaiono sul suo volto, e il quadro di Tiziano, Jacopo Pesaro presentato a san Pietro da Papa Alessandro VI, è un delizioso esempio di arte adulatoria. Fu molto apprezzato da Alessandro VI, il quale poi ebbe difficoltà a commissionare un nuovo incarico al pittore e si lamentò che l’artista, sempre più famoso, adducesse di avere altri impegni molto urgenti.
Anche Pinturicchio volle lasciare il segno a Roma, una città in cui su centomila abitanti diecimila erano artisti, tutti alla ricerca di un mecenate. Assoldato da Alessandro VI per decorare i suoi appartamenti personali, risultò l’uomo perfetto per l’incarico e infatti creò degli affreschi pastorali pomposi, pieni di donne sensuali e di uomini lussuriosi. I temi erano sì religiosi, ma realizzati in maniera tale da scandalizzare gli uomini di Chiesa più avvezzi a vedere rappresentate negli appartamenti del Vaticano immagini sacre. Ignorando qualsiasi protocollo, la figlia tredicenne del Papa, Lucrezia, era stata ritratta come Santa Caterina di Alessandria, dichiarando spudoratamente la sua disponibilità al matrimonio, che infatti ebbe luogo quello stesso anno.
Tuttavia, il dipinto più tristemente noto legato alla famiglia Borgia è quello dell’amante di Alessandro VI, Giulia Farnese. Di rinomata bellezza e descritta da Cesare come una donna «con i capelli scuri e gli occhi neri, il viso rotondo e un particolare fervore», il Papa pretese che venisse ritratta nei panni della Vergine Maria con in braccio Gesù Bambino. Lo racconta anche Vasari, il quale dice appunto che Bernardino Pinturicchio dipinse Nostra Signora con le fattezza di Giulia (e sua figlia Laura) e il Papa in adorazione della Madonna. Senza preoccuparsi di dare scandalo, Alessandro appese il quadro sopra il suo letto.
A un certo punto, però, i Borgia caddero in disgrazia e così il dipinto, che venne distrutto da uno dei segretari di Giulio II (la leggenda vuole che ne sia rimasto un brandello in Svizzera).
Savonarola non era un Borgia, ma procurò indicibili seccature ad Alessandro VI. Il suo atteggiamento di sfida è particolarmente evidente nel dipinto realizzato dal suo seguace, Fra’ Bartolomeo. Rifiutato in gioventù dalla donna che amava, Savonarola sviluppò un odio viscerale per i piaceri carnali e mondani, incoraggiando la destituzione dei Medici a Firenze e il rogo delle opere di Botticelli e altri artisti. Detestato dai Borgia e, in seguito, anche dai fiorentini che non gradivano le sue teorie troppo puritane, Savonarola venne condannato al rogo dal Papa. Del raccapricciante evento vennero realizzate varie rappresentazioni pittoriche, poi esposte in giro per l’Europa a mo’ di avvertimento. Persino dopo la sua morte, Savonarola fu all’origine di alcune controversie, tra cui quella secondo cui Leonardo lo aveva usato come modello per il Giuda dell’Ultima cena, proprio per via del suo atteggiamento dissacrante nei confronti dell’arte.
Un altro ruolo chiave nella saga dei Borgia spetta al cardinale Giuliano della Rovere, colui che sarebbe diventato il già menzionato Giulio II. Quando perse il papato per colpa di Alessandro VI, Della Rovere giurò vendetta. Lui stesso non era un gran moralista, dal momento che prima di salire al soglio pontificio aveva avuto tre figlie. Tra l’altro, si diceva in giro che fosse bisessuale.
Si narra che il Venerdì Santo del 1508, il Papa si rifiutò di farsi baciare i piedi dai sudditi poiché erano coperti di pustole dovute alla sifilide. Nel 1511 il Concilio di Pisa inoltre lo definì un «sodomita pieno di piaghe ulcerose». Il suo odio per i Borgia non venne mai meno e non appena infine riuscì a diventare Papa dichiarò che non avrebbe vissuto nelle loro stesse stanze e che tutti i dipinti che li ritraevano sarebbero stati coperti da un panno nero.
Sigillò gli appartamenti dei Borgia e vietò a chiunque di entrarvi.
Tuttavia, ci fu un unico incarico che non venne mai commissionato a nessun artista. Quando Papa Borgia morì, Johannes Burckardt riferì che «il livore del suo volto era aumentato, il naso era gonfio e la lingua raddoppiata di volume, tanto che usciva dalle labbra. Era così orribile che nessuno aveva mai visto nulla di simile».
Non esistono ritratti postumi di Alessandro VI.
(Traduzione dall’inglese di Clara Serretta)