Il Messaggero, 21 aprile 2022
Lotito non si pente dei prezzi alti dei biglietti
Tutti contro Lotito, Lotito contro tutti, sino all’ultimo. Un amore mai sbocciato, dal 2004 un feeling mai nato. Qualche anno di tregua, ora il presidente e gli ultrà tornano allo scontro. I prezzi rincarati di Lazio-Milan (40 euro in Curva, 60 in Tevere) rappresentano solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Già a Pasqua i gruppi organizzati avevano annunciato la propria assenza in Nord, dando appuntamento domenica alle 15 a Ponte Milvio. Ieri, alla protesta, si è unito anche il Sodalizio Tribuna Tevere, che ha invitato tutti i sostenitori del settore «a mettere in atto una contestazione pacifica disertando la gara con il Milan per dare un segno tangibile a questa scelta incomprensibile della società e per riflettere su quanto sta accadendo». L’Olimpico non sarà comunque deserto perché sono già stati staccati 17mila tagliandi al momento, ma il rischio è quello di ritrovarsi un impianto, il proprio, quasi completamente rossonero in una sfida casalinga da ultima spiaggia biancoceleste in questo campionato. Se la Lazio dovesse perdere, pregiudicherebbe la sua rincorsa all’Europa League. Le premesse sono da brividi, ma Lotito fa muro: «Ognuno faccia ciò che si sente, se ha la coscienza a posto. A me tutto questo baccano sembra solo un pretesto da parte di chi non sarebbe comunque venuto allo stadio o di chi sinora è venuto soltanto per fare cori contro il sottoscritto».
Presidente, il caro biglietti però è evidente, non un alibi del tifo.
«Era previsto da inizio anno. Succede da sempre per 4 gare di cartello in tutta la stagione. Per il resto siamo la terzultima società d’Italia per i costi da botteghino».
Ma il frangente è delicato, c’è una qualificazione ancora in ballo. Non era il caso di fare un’eccezione alla regola per avere il sostegno del proprio pubblico?
«Ho fatto tante volte dei passi indietro, iniziative come i Cuccioloni, i tagliandi a 10 euro. Quando ho fatto le promozioni con Venezia, Sassuolo e Torino, con 20-25mila paganti non sono nemmeno riuscito a ripagare le spese dell’incontro...».
Ma sull’altra sponda del Tevere, la Roma da un anno sta utilizzando politiche popolari per fidelizzare i tifosi. Inevitabile il confronto.
«Loro si ripagano tutto con la pubblicità. Noi non abbiamo fatto gli abbonamenti perché dall’inizio, con le restrizioni Covid, non si capiva quale sarebbe stata la capienza dello stadio. Anche a gennaio sono cambiate di continuo le direttive».
Appunto, adesso si poteva fare un sacrificio al fotofinish, anche per premiare chi comunque non era mai mancato.
«Pago 300mila euro a partita. C’è il canone dell’Olimpico, gli steward, i vigili del fuoco, il servizio d’ordine, lo speaker, l’allestimento, la Siae, la ristorazione e sicuramente qualcosa me la scordo. Non entra nulla nel bilancio».
In che senso?
«Gli introiti da botteghino finiscono direttamente in un conto dedicato all’Agenzia delle Entrate, non sono della Lazio. Se metto i biglietti più bassi, mi chiama lo Stato per chiedermi spiegazioni al riguardo».
È già successo?
«Sì, e ho rimesso i soldi di tasca mia, ma mica mi metto a sbandierarlo».
Allora lo stadio vuoto è un danno anche per lei, non solo per la Lazio?
«Io non voglio provocare nessuno, ma quei soldi vanno a pagare il debito. È risaputo».
Così però rischia di andare di nuovo al muro contro muro. Ed è lei a far pagare la Lazio, se l’Olimpico torna ad essere deserto.
«Non m’interessa. Tanto chi viene allo stadio ormai viene solo per insultare il sottoscritto. Anche se per fortuna c’è il tifoso sano, quello che è riconoscente per i trofei alzati e me lo dimostra ogni giorno, ma evidentemente fa meno notizia».
Fa sempre la voce grossa, ha un carattere da bastian contrario, eppure in realtà sembra ferito.
«Certo, dopo tutto quello che ho fatto...».
È il suo ruolo da patron, ma lei ci mette del suo: ha preso Sarri per far dimenticare Inzaghi, poi ha annunciato il rinnovo a Natale e ancora non è stato firmato.
«Tempo al tempo, Maurizio resterà alla Lazio, come ho già detto».