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 2022  aprile 20 Mercoledì calendario

Alessandro Piperno e la Lazio

Alessandro Piperno, scrittore, docente universitario, critico letterario, direttore della collana I Meridiani. Nonché tifoso della Lazio da sempre, e abbonato per 35 anni. Cosa pensa del grande freddo intorno alla squadra?
«Non sono un tecnico, posso dare solo spiegazioni di carattere morale. La Lazio è diventata fatica, e melanconia. Come già l’ultima di Inzaghi, è stata una stagione triste, nonostante l’entusiasmo iniziale suscitato da Sarri, e qualche buona partita. Ma il tifo è una passione, si nutre di speranze e aspettative. Per tifare bisogna poter sperare: ebbene, la Lazio mi sembra una squadra disperata, che non propone sogni. Nel tifoso c’è la convinzione che il futuro sarà per forza peggiore. Che le altre rivali, quelle al nostro livello e quello un po’ meno, abbiano margini di miglioramento a noi negati. E’ una Lazio buona, per carità, cento volte meglio di quella della mia infanzia: eppure non promette niente».
I giocatori, nemmeno, le danno grande affidamento?
«Guardi in difesa: abbiamo un portiere bravo, ma non particolarmente simpatico, che stenta a firmare il rinnovo. Luiz Felipe praticamente è già via. Acerbi è tartassato dalla curva, chissà se rimarrà. Patric, partito come un rincalzo, ora passa per Beckenbauer Di altri, sai che adesso sono qua, ma a giugno chissà. C’è un paradosso: sono tutti bravi ragazzi, eppure è una squadra a cui non riesci a voler bene».
Le politiche del club sui biglietti hanno allontanato i tifosi. Lotito dice: il danno lo fate alla Lazio, non a me. Che ne pensa?
«Ho 35 anni di abbonamento alle spalle. Stavolta non abbiamo potuto abbonarci, mentre quelli della Roma sì, e non ho capito perché. Così sono andato allo stadio meno volte. Devi fare il biglietto, poi sai che non troverai lo stesso posto a sedere: magari sono piccole cose, ma incidono. Col Milan non andrò perché ho un impegno di lavoro, ma avessi potuto sarei andato, nonostante i prezzi troppo alti: ma solo perché appartengo a quella parte di umanità privilegiata che può permetterselo».
Sarri l’ha delusa?
«Era la nostra unica garanzia, è l’allenatore più importante portato da Lotito. Ma non si è rivelato una certezza. A me piace molto umanamente, con quel modo di parlare scabro, privo di retorica. Ci ha anche fatto vedere sprazzi di bel gioco. Ma abbiamo collezionato una serie di figure orribili: Verona, Bologna, Napoli, e non voglio parlare del derby. La squadra già con Inzaghi era prevedibile nella sua mollezza. Spesso dopo 2’ capisci che butterà male, da come arriviamo secondi sul pallone, da certe leziosità, da certe sciocchezze in difesa. L’altra sera è andata bene: se il Torino avesse saputo attaccare, poteva vincere 4-0. Abbiamo pochi giocatori che rappresentano certezze, come Immobile, e loro certamente hanno un altro peso. Ma di molti altri hai la sensazione che oggi ci saranno e domani no. E altri invecchiano e basta, con motivazioni calanti».
Tipo?
«Sul mio profilo whatsapp, da cinque anni, ho la foto di Leiva, per il quale ho un’ammirazione assoluta. E’ il prototipo del giocatore che mi piaceva da ragazzo, quando il mio idolo era Enrico Vella, ad esempio. Leiva è stato bravissimo, ma ormai è stanco, hai l’impressione che quando c’è da fare calcio vero arranchi».
E’ possibile che dopo 18 anni la presidenza Lotito mostri qualche stanchezza?
«Preferirei non essere coinvolto nelle polemiche su Lotito, ce ne sono già tante. Ha tanti demeriti, certo, ma anche tanti meriti e non bisogna dimenticarlo. Ci sono state grande intuizioni, come Milinkovic-Savic che nessuno conosceva, come Luis Alberto che sembrava perso, Leiva, Immobile. Lo stesso Zaccagni mi pare ottimo, anche se ora è in calo. Ma senz’altro la gestione sta diventando melanconica, al ribasso. Come se nessuno sperasse di poter ottenere più di quanto fatto finora».
Quindi nessuna reale speranza per il futuro, nemmeno che Sarri riesca a farsi costruire una squadra adatta a lui?
«L’idea stessa del calciomercato, a suo modo, è una forma di poesia: investi su dei sogni. Ma il mercato della Lazio è diventata un’esperienza esasperante. E’ tutto enormemente faticoso, fino all’ultimo giorno. Spesso spuntano retroscena grotteschi, e le trattative saltano. Oppure arriva gente come Cabral, o certi parametri zero del passato. Tutto, sempre, in salita. Questa Lazio è fatica e malinconia».