La Stampa, 20 aprile 2022
Intervista a Carlo Verdone, giudice di un talent per gruppi musicali
Tutti vogliono essere i Måneskin. O forse è meglio dire che il successo planetario dei ragazzi romani è da un lato l’emersione dell’iceberg di tutti i ragazzi che ha tra i suoi più immediati effetti collaterali una nuova voglia di fare musica insieme. E, dall’altro, la voglia di scoprire quali altri talenti si nascondono nel sottobosco musicale italiano. Il talent The band, da venerdì in prima serata su Rai1, farà proprio questo, eleggere il miglior gruppo musicale d’Italia. Ideato e condotto da Carlo Conti, vedrà in giuria Carlo Verdone, Gianna Nannini e Asia Argento.
Di Verdone è nota la passione per la musica. La ascolta, la ama, e suona pure la batteria. Per l’attore questo programma è «un regalo. Un mese sabbatico dal cinema per occuparmi d’altro; sono un collezionista di vinili, cd, amo il rock e il blues e quando Conti mi ha fatto la proposta mi sono detto: lui è una garanzia e allora, perché no? In più ci sono due amiche, Gianna e Asia. Ho deciso di andarmi a divertire».
Il programma è registrato, quindi ce lo può dire: si è divertito?
«Sì, molto. Potrebbe diventare un bel trampolino di lancio per qualche musicista. Se qualche talent scout presente tra il pubblico ha notato una band con del potenziale potrebbe venir fuori qualcosa: chissà».
Si sta per aprire una stagione di concerti importantissima. Rolling Stones, Elton John, Eric Clapton ma anche Vasco, Cremonini, Ligabue, Måneskin al Circo Massimo. E due colossi e suoi amici personali come Venditti e De Gregori, all’Olimpico il 18 giugno.
«È una reazione a tutto quello che abbiamo dovuto subire per la pandemia. Chi ha sofferto più di tutti sono stati gli spettatori dei cinema e dei concerti dal vivo; un periodo lunghissimo e di distanziamento con i problemi che sappiamo. Una stagione con così tanti concerti è un’esplosione di necessità e meno male perché si ritorna all’aggregazione fra le persone. Siamo stati due anni in completa solitudine con il computer a fare conferenze via skype e zoom e non è stato facile. Le star sono tante per cui sicuramente andrò a vedere qualche concerto. Se non sarò su un set andrò da Francesco e Antonello: sono grandi amici e sono curioso di capire che cosa faranno insieme. Ma sono incuriosito anche da altri tour».
Federico Zampaglione dei Tiromancino dice che lei si è messo a studiare seriamente la chitarra.
«(Ride) È perché l’ho suonata in suo video, ma non è esattamente così. Con mio figlio che è diventato un bravo bluesman sentivo la necessità di accompagnarlo e ho fatto un corso accelerato. È stato grazie a lui che ho imparato dei giri un po’ più complessi di blues, ma sono solo un buon accompagnatore. Mi sono comprato sia una sei che una dodici corde elettrica, cerco di fare del mio meglio. La chitarra è lo strumento del rock e del blues ed è quella che ci ha dato i personaggi più importanti della musica: Beatles, Led Zeppelin, Who: è lo strumento principe a partire da Elvis».
Cosa pensa del fenomeno Måneskin?
«Che quando sembra che la musica abbia detto tutto la storia ci insegna che la gente sente il bisogno di cambiare qualcosa e inizia la trasformazione. Amo il loro ritorno alle note suonate “a mano” con chitarra, basso, batterie e tastiere. Il rap e la trap hanno già dato tutto, è un genere che proprio non è il mio, e con i Måneskin si è proprio visto il ritorno del pubblico verso un diverso tipo di aggregazione musicale legata al linguaggio del corpo, all’uso degli strumenti e dei suoni».
I Måneskin danno anche una grande importanza al look, lei che ne pensa?
«Il rock è anche estetica: si comincia con il look e si arriva alla musica. Penso anche al tipo di ricerca che fa Achille Lauro, ha esteriorizzato un concetto di musica ispirandosi ai grandi del passato, da David Bowie a Iggy Pop: ma intanto ha studiato la loro musica».
Avrebbe mai detto che i Rolling Stones, con un Mick Jagger quasi ottantenne, sarebbero arrivati a far musica dal vivo nel 2022?
«E chi se lo aspettava? Però c’è poco da fare, nonostante qualche acciacco la salute li aiuta e pezzi scritti in decenni mantengono alta la bandiera del grande rock. Ma non posso dimenticare altri giganti come David Gilmour o David Crosby, gente che ha scritto musica così importante da reggere nei confronti di qualsiasi cosa, anche il tempo».
Si sente che per lei la musica è qualcosa di superiore.
«È la colonna sonora della vita, della nostra giornata, condiziona il nostro umore, è un valido aiuto per ogni essere umano. La musica sublima i momenti felici e può alleggerire la depressione o aiutare l’anima a rilassarsi. A me suggerisce creatività. Alcuni finali dei miei film sono stati scritti ascoltando brani che amo. Non potrei vivere in un mondo senza musica e non capisco chi non la ritiene importante: chi non la ama è profondamente triste».